Restano una specie protetta, ma anche per questo autunno in Italia alcuni cormorani saranno cacciati perché considerati troppo numerosi. L’ultima regione ad aver dato il via, il 21 ottobre scorso, ad abbattimenti programmati è la Toscana, dove gli uccelli sono soprattutto intorno alla laguna di Orbetello, ma gli abbattimenti in deroga sono stati chiesti o approvati anche in Lombardia, nell’Oristanese in Sardegna, nelle vallate del cuneese e nella zona del Delta del Po.
I pescatori attribuiscono ai cormorani danni alle risorse ittiche per centinaia di migliaia di euro; le associazioni di tutela sostengono invece che gli abbattimenti sono crudeli e non risolvono il problema.
E aggiungono che la fauna di laghi e fiumi non dipende solo dai cormorani, ma dall’inquinamento e dalle attività umane intensive.
I cormorani, insomma, sono l’esempio perfetto del conflitto tra animali e attività produttive: cacciati quasi fino all’estinzione proprio dai pescatori, sono stati inseriti tra le specie protette. Ma adesso sono tanti, troppi, almeno per i loro nemici giurati.
Tra le associazioni che si oppongono agli abbattimenti in deroga c’è la Lipu e Marco Gustin, ornitologo e responsabile specie e ricerca, spiega: «Fino a 25 anni fa i cormorani arrivavano dal Nord Europa a svernare in Italia, nelle lagune costiere e vicino ai corsi d’acqua del Settentrione, e non nidificavano se non in alcune zone della Sardegna occidentale.
Negli ultimi anni però nelle zone di nidificazione del Nord Europa sono passati da alcune migliaia a diverse decine di migliaia».
Già nel 2008 infatti la Commissione pesca del Parlamento Ue ha lavorato a un “Piano europeo di gestione della popolazione di cormorani” per “ridurre il loro impatto crescente sulle risorse ittiche, la pesca e l’acquacoltura”. È però un circolo vizioso, poiché i cormorani sono aumentati anche grazie alla crescita dell’acquacoltura. «C’è stata una forte sopravvivenza dei pulli in inverno perché c’è più cibo, grazie agli allevamenti ittici – dice Gustin – e in parte per l’aumento delle temperature».
Le grandi vasche con orate e spigole sono assai appetitose per i cormorani, che secondo il rapporto dell’Ue hanno una dieta quotidiana di 400-600 grammi di pesce e “sottraggono alle acque europee oltre 300.000 tonnellate di pesce”. La Lipu, nell’opporsi agli abbattimenti, non nega l’impatto dei cormorani, ma chiede aiuto anche ai pescatori: «Basterebbe mettere delle reti di protezione sulle vasche dove si alleva il pesce più pregiato – propone Gustin – e lasciare aperte quelle dove si trova quello dozzinale». È una strategia però inadatta a fiumi e laghi, dove i pescatori lamentano stragi di trote, temoli, carpe dai 10 ai 15 centimetri al massimo.
In ogni caso, dove ci sono gli abbattimenti a sparare sono le guardie venatorie o comunque personale autorizzato. «Si tratta di interventi mirati – precisa Piero Genovesi, primo tecnologo dell’Ispra, l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale, al quale le Regioni devono chiedere i pareri sugli abbattimenti – per esempio, in Toscana non si autorizzava un intervento da dieci anni e il numero di esemplari da abbattere è meno del 10% della popolazione che l’Ispra ha censito nella zona».
Non solo, l’Ispra verifica anche che vengano usati sistemi di dissuasione come palloni o fonti di rumore e che gli animali vengano abbattuti lì dove provocano i danni, vicino alle vasche, e mai sui posatoi dove sarebbe un tiro al bersaglio.
«Il primo obiettivo è trovare un equilibrio tra la tutela delle specie e gli interessi socioeconomici», sottolinea Genovesi, che conclude con una nota positiva: «I cormorani sono aumentati intorno ai nostri fiumi perché sta migliorando la salute dei corsi d’acqua».
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