Con il riconoscimento dello status di pubblici ufficiali, “a fronte dei benefici conseguenti all’attribuzione di tale qualifica, il personale medico e sanitario si sarebbe visto addossare anche un insieme di oneri ed incombenze esorbitanti rispetto al proprio ruolo”. Per questo si è prevista l’introduzione di una specifica circostanza aggravante, “che ci consentirà, da un lato, di evitare ingiustificate asimmetrie con altre professioni liberali e, dall’altro, di tutelare tutti i professionisti sanitari”. Così la ministra della Salute rispondendo oggi all’interrogazione di Rostan (Leu).
No al riconoscimento dello status di pubblici ufficiali per gli operatori sanitari. Per la ministra della Salute, Giulia Grillo, non è questa la via da seguire per contrastare il crescente fenomeno delle aggressioni ai loro danno. La migliore via da intraprendere, invece, è quella di introdurre una specifica circostanza aggravante a carico di chi commette un reato, con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie. Esattamente come previsto dal Ddl governativo approvato nelle scorse settimane a Palazzo Chigi.
A spiegarlo è stata oggi la stessa ministra della Salute, rispondendo in Aula alla Camera, all’interrogazione sul tema presentata dalla vicepresidente della Commissione Affari Sociali Michela Rostan (Leu).
“L’opportunità di attribuire la qualifica di pubblico ufficiale agli esercenti le professioni sanitarie è stata oggetto di profonde riflessioni che hanno portato ad una conclusione diversa sotto il profilo giuridico, ma parimenti efficace nella sostanza – ha spiegato Grillo -. Si deve infatti sottolineare che a fronte dei benefici conseguenti all’attribuzione di tale qualifica, il personale medico e sanitario si sarebbe visto addossare anche un insieme di oneri ed incombenze, connessi alla funzione di pubblico ufficiale, non coerenti, o comunque esorbitanti rispetto al proprio ruolo”.
“Non mi sfugge che tale misura non potrà ritenersi sufficiente, da sola, a contenere questo preoccupante fenomeno. Ma proprio per questo motivo confido che sia dato il giusto rilievo alle altre iniziative che il Governo sta adottando al riguardo e che contemplano, oltre alla importante istituzione, prevista nel nostro disegno di legge, di uno specifico Osservatorio cui è attribuito il compito di monitorare il fenomeno affinché siano proposte ulteriori misure preventive a tutela dei professionisti sanitari, anche e soprattutto l’ulteriore scelta del Governo – contenuta nel decreto legge in materia di sicurezza pubblica di prossima emanazione – di estendere l’applicabilità del c.d. ‘daspo urbano’ anche alle strutture sanitarie”, ha concluso la ministra.
In sede di replica, Rostan si è dichiarata insoddisfatta dalla risposta ricevuta. “Oltre tremila casi di aggressioni sono stati rilevati negli ultimi tempi nel nostro Paese. Di questi solo un terzo sono stati regolarmente denunciati. Nel corso delle attività di verifica della Commissione Affari sociali è emerso che il 65% del personale sanitario ha subito almeno una volta un’aggressione fisica o verbale. Una vergogna che deve finire. Per superare i limiti di una legislazione che obbliga le vittime a denunciare, ho proposto il riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale al personale sanitario per far sì che abbia una tutela giuridica speciale. Per superare l’obbligo della denuncia, visto che in questo caso l’indagine si avvierebbe automaticamente, e per dissuadere ulteriormente eventuali aggressori dal compiere questi atti”.
“Non trovo soddisfacente la risposta data dal ministro Grillo quando afferma che sarà prevista un’aggravante nel codice penale per chi aggredisce medici e infermieri nel corso delle loro attività. Troppo poco. Quando il testo di legge del Governo, oggi all’attenzione della Conferenza Stato Regioni, arriverà in Commissione Affari sociali, daremo battaglia per difendere gli operatori sanitari offrendo loro strumenti validi per prevenire ulteriori violenze ai loro danni”, ha concluso Rostan.
G.R.
19 settembre 2018 – QUOTIDIANO SANITA