Il Dipartimento della Salute e dei Servizi alla persona degli Stati Uniti propone nuovi livelli di rischio minimo per l’esposizione alimentare a quattro sostanze perfluoroalchiliche Per i composti PFOS e PFOA i livelli sono di un ordine di grandezza inferiori a quelle indicate dall’Agenzia Ambientale US-EPA nel 2016 di 20 ng/kg/peso corporeo/giorno e stanno ponendo problemi sui limiti nelle acque potabili ed un acceso dibattito tra gli Enti preposti, la politica, e le Organizzazioni Non Governative.
Il Dipartimento per la Salute e per i Servizi alla Persona degli Stati Uniti – Agenzia per le Sostanze Tossiche e Registro delle Malattie (ATSDR) ha da poco reso disponibile per i commenti un corposo documento di 852 pagine sul profilo tossicologico dei principali composti perfluoro-alchilici, tra cui i composti C8 PFOS e PFOA oggi maggiormente oggetto di attenzioni sia in ambito legislativo che di programmi di monitoraggio ambientale e alimentare.
L’OCSE stima che i maggiori quantitativi di pfas rilasciati nell’ambiente derivino dalle schiume antincendio, dal settore tessile e conciario, dal settore dei materiali a contatto con gli alimenti.
Dopo avere effettuato una rassegna sistematica delle caratteristiche fisico-chimiche dei composti e delle evidenze tossicologiche sia sperimentali in animali di laboratorio, che osservazionali-epidemiologiche in gruppi di popolazione esposte a PFAS in siti contaminati, l’Agenzia ha ritenuto ci fossero sufficienti elementi per indicare dei livelli minimi di rischio per esposizioni alimentari riferiti a tossicità intermedia (subcronica) per i seguenti composti: PFOS, PFOA, PFHxS (Acido perfluoroesansulfonico) e PFNA (acido perfluorononanoico).
In particolare per PFOS è stato proposto un livello di rischio minimo di 2 ng/kg/giorno, considerando come end-point tossicologico una ritardata apertura della rima degli occhi e un ridotto peso alla nascita nella progenie di animali sperimentalmente trattati; per il PFOA e il PFNA , si è identificato in 3 ng/kg/giorno il livello minimo di rischio: per effetti sullo sviluppo scheletrico e attività neurologica della progenie nel caso del PFOA, e per ridotto peso della nidiata alla nascita per il PFNA. Livelli guida più alti per il PFHxS (20 ng/kg/giorno per tossicità tiroidea).
Tali livelli guida per PFOS e PFOA risultano di circa 10 volte inferiori a quanto indicato da US-EPA nel 2016 per tossicità cronica in gruppi vulnerabili (maggiormente suscettibili all’azione tossica a parità di esposizione), in virtù dell’applicazione di un fattore complessivo di incertezza di 300 legato alla variabilità itra ed inter specie e alla modellistica utilizzata.
Tale parere ha suscitato enorme interesse e discussione negli Stati Uniti, in quanto i nuovi livelli minimi di rischio comporterebbero una revisione al ribasso dei limiti proposti per la presenza di PFOS e PFOA nelle acque potabili da US-EPA nel 2016. A titolo esclusivamente esemplificativo, ipotizzando scenari oltremodo cautelativi comunque considerati dalle organizzazioni internazionali, per un bambino di 10 chili che beve 2 litri di acqua al giorno, considerando un contributo di default dell’acqua potabile pari al 20% della esposizione totale, i limiti per PFOS e PFOA si dovrebbero attestare intorno ai 2 ng/L .
A livello di Unione Europea, nell’ambito della strategia quadro sulle acque (Water Framework Directive), per una persona di 70 kg che consuma 115 grammi di prodotto ittico al giorno, allocando indicativamente il 20% e 40% per PFOA e per PFOS come contributo all’esposizione dalla derrata ittica, gli standard di qualità ambientale per il biota ai fini della sicurezza alimentare ricadrebbero nell’ordine dei 0,4 e dei 0,5 ng/g rispettivamente. Per il PFOS, attualmente tale standard di qualità ambientale è stato identificato in 9,1 ng/g nel prodotto ittico, sulla base dell’ormai superato TDI di EFSA del 2008 pari a 150 ng/kg/giorno.
A tale proposito, c’è enorme interesse per conoscere in quale intervallo EFSA andrà a proporre i valori guida per l’esposizione alimentare a PFOS e PFOA, e agli altri PFAS per cui si dispone di sufficiente evidenza scientifica.
Se i valori EFSA dovessero essere allineati con quelli dell’ATSRD degli USA, risulterebbe oltremodo prioritario caratterizzare in una ottica di ambiente e salute i requisiti delle acque e dei sedimenti destinati alla produzione della risorsa alimentare ittica, tenendo conto che a livello regionale già esiste una documentata tracciabilità dei controlli fatti su base georeferenziata – vedi database Geomoll presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie – senza sottovalutare i suoli agricoli e le zone destinate al pascolo o alla caccia, anche per gli apporti di ammendanti compostati da fanghi di depuratori, e/o per l’irrigazione con acque contaminate.
Da un punto di vista analitico, sarebbe necessaria una ulteriore revisione al ribasso dei limiti di quantificazione dei PFAS, sia nelle acque, ma soprattutto negli alimenti, laddove si presuppone che l’acqua costituisca la fonte principale di esposizione, in virtù di una differente allocazione del contributo all’esposizione da parte delle differenti derrate, ivi compresi i vegetali.
a cura redazione Sivemp Veneto – 30 giugno 2018