«Il Contratto nazionale dei dirigenti medici, veterinari e sanitari che cominceremo a trattare il 1 marzo deve partire facendo chiarezza sulla massa salariale sulla quale si applicano gli aumenti previsti dalle norme finanziarie, il famoso 3,48%, per tutti i comparti del pubblico impiego. Sgombrando, così, il campo da un dubbio che nessuno ha ancora fugato, ovvero che l’Indennità di esclusività di rapporto col Ssn dei dirigenti sia a tutti gli effetti una voce della loro massa salariale». Lo dichiara una nota dell’Intersindacale della dirigenza medica e sanitaria.
Il nodo è quindi ritenuto fondamentale dai camici bianchi, non solo per ragioni economiche –la partita da sola varrebbe 40 milioni in più per i medici dipendenti – ma per ragioni politiche.
«Se le Regioni e il Governo ritenessero di comunicare all’Aran di escludere dalla massa salariale – continua la nota – tale voce stipendiale, vorrebbe dire che è loro intenzione dare uno schiaffo ai 140.000 dirigenti cui principalmente è affidato il ruolo di tutelare la salute pubblica, perché solo per loro lo stipendio sarebbe incrementato del 2,9% mentre tutto il restante personale della pubblica amministrazione avrebbe un aumento del 3,48%. La dignità professionale è strettamente legata alla dignità stipendiale complessiva ed alla assenza di ogni discriminazione. Dopo 9 anni: non ci provate!».
L’unità sindacale su questo fronte è totale: «Nessuna delle Organizzazione Sindacali – conclude la nota – è disposta a sottoscrivere un contratto in perdita fin dall’avvio, e la questione va al di là del tema strettamente economico per assumere una valenza politica storica sulla quale non saremo disposti a mediazioni. Siamo pronti a un confronto costruttivo per un nuovo CCNL che apra una stagione di collaborazione e soddisfazione nei luoghi di lavoro, ma nel rispetto di principi basilari da parte del datore di lavoro. In caso contrario non rimarremo a guardare, a partire dal 1 marzo».
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22 febbraio 2018