Ben 34 ricorsi (di cui solo uno concluso) davanti al Tribunale superiore delle acque, al Tar del Veneto e ai tribunali civile e penale. Dove Palazzo Balbi, in materia di Pfas, è chiamato in causa da diversi soggetti per essersi speso troppo o troppo poco. «Questo nonostante il fatto che dalla segnalazione del problema da parte del ministero dell’Ambiente, proprio la Regione del Veneto, unica in Italia, si sia attivata immediatamente per avviare il monitoraggio delle acque di falda utilizzate a scopo idropotabile. E, al tempo stesso, abbia messo in atto tutte le azioni necessarie per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini». Il messaggio lanciato dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, non avrebbe potuto essere più chiaro: «Sui Pfas si è detto tutto e il contrario di tutto, a volte a sproposito. Ma se questi 34 ricorsi, di cui 5 della sola Miteni, esprimono opinioni così diversificate sulla nostra azione, evidentemente qualcuno non dice il vero o ignora scientemente che gli unici a darsi da fare siamo stati proprio noi. Sulla vicenda, infatti, lo Stato brilla per la sua assenza. Durante il suo incontro con la stampa, Bottacin è stato affiancato dal sindaco di Trissino, Davide Faccio e dal direttore generale dell’Arpav, Nicola Dell’Acqua. «Non è bello lavorare cosi, con lo Stato incapace di fornirci persino un preciso quadro normativo. Ma noi andremo avanti lo stesso. E non faremo alcun passo indietro», ha precisato l’assessore. Mentre Faccio ha posto l’accento sui 98 milioni di danni richiesti da Miteni: «Chiuderla non risolverebbe le cose. Anzi, le peggiorerebbe – ha detto il primo cittadino -. Ciò indipendentemente da fatto che l’azienda si sia mostrata collaborativa a parole, ma non nei fatti. Sul suo reale atteggiamento, questa richiesta danni esorbitante a un Comune che può contare su un bilancio annuo di appena 9-10 milioni è più eloquente di mille rassicurazioni. Evidente che per questo come per gli altri ricorsi occorrono risposte”. Da parte sua, Dell’Acqua ha posto l’accento sui «limiti sanitari forniti dalla Regione e recepiti dai consigli di bacino con cospicui finanziamenti. A mancare dal 2013, invece, sono stati i limiti ambientali. E non per nostra responsabilità». Aggiungendo che un link presente nel sito dell’Arpav “rende nota quotidianamente la situazione. Con i Pfas con molecole da 8 e 6 atomi del tutto assenti, e il monitoraggio costante di quelli con molecole da 4 atomi non superiori a 90 nanogrammi. Tenuti sotto controllo, e utilizzati come campanello d’allarme».
Tratto dal Gazzettino – 28 gennaio 2018