Possibili accordi sulle sanzioni fra ufficio e dipendente. Saranno le singole amministrazioni a individuare i periodi da bollino nero, quelli in cui «è necessario garantire la continuità dei servizi all’utenza» e quindi punire le assenze strategiche con la sospensione fino a sei mesi. Nel nuovo contratto collettivo degli statali, che è stato presentato ieri in bozza ai sindacati e per la parte normativa detterà la linea anche per sanità, enti territoriali e scuola, il codice disciplinare si aggiorna per accogliere le novità della riforma Madia.
Tra queste, appunto, la sospensione fino a sei mesi per le assenze ingiustificate “strategiche”: quelle collettive nei periodi critici, appunto, sul modello dell’esodo dei 767 vigili urbani di Roma nel Capodanno 2015, e quelle individuali che si agganciano a festività e ponti. Giusto ieri, del resto, l’Inps ha diffuso i dati sui 18,9 milioni di certificati inviati nel 2016 dai dipendenti privati e pubblici, sottolineando che il lunedì ha totalizzato da solo quasi il 30% delle malattie (si veda il servizio a pagina 32). Attenzione, però: oltre a dettagliare le sanzioni che accompagnano i vari comportamenti illegittimi, la bozza prospetta il meccanismo inedito della «determinazione concordata»: in pratica, l’ufficio disciplinare e il dipendente potranno accordarsi sulla penalità, che non potrà essere di «specie diversa» da quella prevista da legge e contratto (per esempio non si potrà concordare un richiamo quando le regole prospettano la sospensione) e non potrà riguardare i casi che portano al licenziamento, con o senza preavviso.
Il testo arrivato ieri sul tavolo delle trattative ha il pregio di riunire tutte le regole in un testo unico, che evita così di imporre complesse ricostruzioni normative ma per ora si caratterizza anche per i capitoli mancanti. Oltre alla parte economica, che dovrà decidere le modalità di distribuzione degli 85 euro di aumenti medi promessi dal nuovo contratto, è ancora da ufficializzare l’albero dei profili professionali, nella griglia che dovrà far andare d’accordo le gerarchie di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici chiamate a riunirsi nel nuovo comparto delle «funzioni centrali». Per arrivare davvero alla firma entro fine anno, secondo l’obiettivo rilanciato in questi giorni dal governo, bisognerà accelerare parecchio: ed è probabile che i tempi stretti sconsiglino di mettere in campo novità troppo spinte nell’assegnazione degli aumenti.
Questa tendenza si incontra del resto anche nei capitoli discussi ieri all’Aran, l’agenzia negoziale che rappresenta la Pa come datore di lavoro. Il nuovo contratto introduce meccanismi nuovi come i permessi a ore, la possibilità di cessione gratuita delle ferie e le tutele aggiuntive per le assenze in caso di terapie salva-vita, ma il suo compito è anche di mettere ordine a una serie di pratiche già presenti nella Pubblica amministrazione, come la valutazione nei concorsi dei periodi già svolti come lavoratori a tempo determinato per almeno 12 mesi.
Sull’orario di lavoro, il contratto in cantiere ripesca l’ipotesi di riduzione, da 36 a 35 ore alla settimana, per il personale coinvolto in turni o in organizzazioni flessibili o «particolarmente gravosa». Questo eventuale taglio, però, non è gratis, perché va finanziato con riduzioni proporzionali degli straordinari o con risparmi stabili prodotti da una riorganizzazione.
In questo ambito, la novità più significativa arriva per i turni in giorno festivo, oggetto di un contenzioso infinito, e perdente, sulla possibilità di sommare l’indennità di turno e le maggiorazioni per i festivi (l’ultimo «no» è arrivato dall’ordinanza 28983 depositata lunedì dalla Cassazione). Con il nuovo contratto, al lavoro in giorno festivo infrasettimanale sarà assicurata una maggiorazione di stipendio del 10% aggiuntiva rispetto ai bonus ordinari (30% per il turno notturno o festivo, 50% per quello notturno in giorno di festa). Nessun problema, invece, per l’adeguamento alle regole europee che prevedono 11 ore di riposo continuativo (il vecchio contratto dei ministeri ne contemplava 12). Per il resto, le varie forme di flessibilità sono ripescate dai vecchi contratti: è il caso dell’orario «multiperiodale», che consente (dal 1995) di cambiare l’impegno settimanale a patto di mantenere la media di 36 ore, oppure dell’«orario flessibile», che permette di fissare entrata e uscita in fasce temporali e non in orari puntuali.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 6 dicembre 2017