Rafforzare le capacità del sistema scolastico di attuare forme di prevenzione sulla violenza contro le donne, formare gli operatori del settore pubblico e privato sociale, attivare percorsi di trattamento per gli uomini e campagne di sensibilizzazione, prevenire la violenza sulle donne migranti, rafforzare l’empowerment economico delle vittime, migliorare l’efficacia dei procedimenti giudiziari , perseguire e punire la violenza su donne migranti e rifugiate, continuità del servizio telefonico gratuito avviato h24 dal 2006 (1522). Sono queste alcune delle priorità del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020», all’ordine del giorno della Conferenza Unificata di giovedì prossimo.
Il piano è fondato su tre assi – prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire – ed è stato messo a punto, sulla scia della Convenzione di Istanbul (ratificata dall’Italia nel 2013), da un gruppo di lavoro del Dipartimento per le Pari opportunità composto da ministeri competenti, Regioni, Forze dell’ordine e rappresentanti dell’associazionismo e del sindacato.
«Il Piano triennale del Governo – spiega Maria Elena Boschi, sottosegretaria alla presidenza del Consiglio dei ministri – punta sulla formazione di tutti gli agenti in causa, dalla magistratura alle forze dell’ordine, fino ovviamente agli operatori sanitari e sociali, ma anche sulle politiche attive per il reinserimento lavorativo e l’autonomia abitativa delle vittime. Soprattutto, il Piano pone al centro l’investimento sulle nuove generazioni, perché solo una vera e propria rivoluzione culturale può evitare che tutte le altre azioni risultino effimere. Le famiglie, ma anche la scuola, giocano un ruolo fondamentale per diffondere sin da piccoli l’educazione alla parità di genere e al rispetto delle differenze, la lotta ad ogni forma di violenza. Per questo, con il Miur abbiamo finanziato progetti nelle scuole e in attuazione alla legge sulla “buona scuola” la ministra Valeria Fedeli ha emanato il “Piano per l’educazione al rispetto” : un pacchetto d’iniziative che si compone delle linee guida nazionali per la promozione nelle scuole dell’educazione alla parità tra i sessi, della prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni e delle linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyber-bullismo nelle scuole».
Un’epidemia di abusi
I numeri del fenomeno descrivono un’ epidemia. Una donna su tre (il 31,5%) tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della sua vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 5,4% ha subito le forme più gravi come lo stupro (652mila) e il tentato stupro (746mila). E sono 4,4 milioni le donne che dichiarano di subire o aver subito violenza psicologica nell’ambito di una relazione di intimità. Sono 3,5 milioni le donne vittime di stalking (il 16% del totale). Italiane e straniere di fronte alla violenza maschile sono sullo stesso piano di gravità, ma le straniere sono maggiormente sottoposte a violenza fisica (il 25,3% rispetto al 19,6% delle italiane) mentre la violenza sessuale è più frequente tra le italiane (21,6% contro il 16,2%). Gli stupri sono invece più frequenti tra le donne straniere (7,7% contro il 5,1%).
A denunciare sono poche, solo il 12,3% di chi subisce violenza da partner e il 17,5% di chi ha subito uno stupro.
La sfida è impegnativa e attraversa profondamente la società tutta. «Prevenire – si legge nel documento – vuol dire combattere le radici della cultura della violenza, le sue cause e le sue conseguenze. Nella prospettiva di promuovere una emancipazione della società in questa direzione occorre sviluppare strategie politiche volte all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento e all’ottenimento delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica come di quella privata, eradicando discriminazioni, stereotipi, minimizzazioni e giustificazionismi legati ai ruoli di genere e al sessismo, ovvero i fattori che producono le condizioni contestuali favorevoli alla perpetuazione della violenza maschile contro le donne».
Il nodo formazione
Nelle scuole di ogni ordine e grado andranno reiterate e consolidate esperienze già avviate dal Miur – utilizzando i fondi Pon – per la promozione della parità tra i sessi e la lotta alle discriminazioni (come il Piano per l’educazione al rispetto). Oltre a corsi di studio finalizzati. Prevista una formazione mirata anche per medici, personale sanitario del Pronto soccorso, dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine e della polizia penitenziaria.
Stop a pubblicità sessiste e cronache scorrette
Coinvolti nelle misure del piano anche gli operatori della comunicazione, compresi i creativi pubblicitari con la diffusione di un kit informativo e la predisposizione di linee guida per combattere gli stereotipi correnti. E tutte le agenzie di comunicazione che aderiranno all’iniziativa potranno conseguire un apposito «bollino». E sono previste forme di «rieducazione» anche per i giornalisti, nell’ambito della formazione continua e obbligatoria, con moduli di approfondimento «sulla corretta narrazione della violenza maschile contro le donne».
Presa in carico ed empowerment
Donne ed eventuali minori che hanno subito violenza dovranno essere presi in carico attraverso reti territoriali (centri anti violenza e case rifugio) con un approccio multidisciplinare e servizi specializzati, in stretto contatto con forze dell’ordine e magistratura. Prioritaria l’autonomia economica (e abitativa) delle donne vittime di violenza, con percorsi formativi, orientamento al lavoro e miglioramento delle competenze.
Il bilancio di genere
La prima fase sperimentale del bilancio di genere previsto dal Dpcm del 16 giugno 2017 sarà avviata sul consuntivo 2016 per valutare il diverso impatto delle politiche di bilancio su uomini e donne in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito. Un test che richiederà la riclassificazione contabile delle spese del Bilancio dello Stato in : neutrali rispetto al genere; sensibili, ovvero con un diverso impatto su donne e uomini; e destinate a ridurre le disuguaglianze. Gli indicatori utili saranno individuati da Pari opportunità e Mef. Una sperimentazione che dovrà «rappresentare un potente strumento di mainstreaming di genere che consenta di analizzare e contribuire a ridurre le disuguaglianze di genere in tutte le politiche».
Il sole 24 Ore sanità – 21 novembre 2017