La iena Nadia Toffa torna in Veneto per affrontare nuovamente il problema Pfas che sta affliggendo la Regione. Ci torna dopo che il presidente Luca Zaia ha chiesto carta bianca al governo, cioè ha dichiarato lo stato d’emergenza. «La riconosce solo ora come emergenza ma in realtà c’è da molti anni. E’ da più di anno che stiamo cercando di far capire la gravità della situazione ma inspiegabilmente hanno sempre cercato di minimizzare», spiega la Toffa.
Poi si affronta la questione delle tempistiche. Secondo quanto mostrato dalla Toffa, non solo l’emergenza Pfas è nota dal 2013 ma la Miteni ne era a conoscenza da molto prima, come emerge dalle indagini del Noa. «La Miteni negli anni 1990, 1996, 2004, 2008, 2009ha effettuato delle indagini per valutare lo stato d’inquinamento del sito ed è stato rilevato un inquinamento del suolo e della falda anche con concentrazioni significative di Pfoa. Per quale motivo la Miteni non ha trasmesso gli studi agli enti preposti?», si legge nelle documentazioni.
Toffa riesce a fermare e ad intervistare l’ad di Miteni, Antonio Nardone che nega tutto: «non avevamo questa informazione e comunque io non c’ero, chiedete a chi c’era». Ma poi ritratta parzialmente: «ci sono dei documenti che abbiamo trovato ultimamente di bonifiche fatte nel 1990». E infine torna a negare con dichiarazioni alquanto discutibili: «quale emergenza c’è? Quali malattie hanno queste persone? Se lette al contrario sembrerebbe quasi che gli Pfas nel sangue facciano bene. Inoltre, i livelli che si rilevano nelle persone del Veneto sono infinitamente più bassi di quelli che si rilevano nei nostri operai. Sono fortunati perchè i vostri livelli non danno un impatto patologico». E conclude: «io sono sereno e non mi sembra una buona idea che noi paghiamo per portare le cisterne con acqua pulita».
Durante il servizio vengono intervistati diversi cittadini veneti, anche giovani. Una mamma dichiara: «è da qualche mese che compriamo ed utilizziamo solo acqua in bottiglia. Siamo una famiglia di 4 persone e ci servono almeno 12 litri al giorno. Per cucinare, il caffè, le tisane e anche per l’ultimo risciacquo della verdura». Un’altra mamma spiega: «la Regione Veneto ha effettuato nuove analisi sugli alimenti ma i risultati tardano ad arrivare. Dovevano arrivare ad aprile, poi a luglio e adesso sembra a novembre. Però adesso io quando vado al supermercato come faccio a comprare le cose che vengono da qua?»
L’unica soluzione concreta proposta finora è quella di sottoporre parte della popolazione alla plasmaferesi, cioè una pulizia del sangue. Ma ciò che spiega un medico ad una famiglia che va in ospedale ad informarsi è tutt’altro che confortante: «ci sono buone aspettative anche se non posso dire sicurissime perchè la prima volta che si fa una cosa del genere. E’ una sperimentazione, quindi siamo ancora in ambito di incertezza, però la Regione Veneto l’ha proposta come trattamento. Il rischio principale sono i cali di pressione, qualche volta può esserci lo svenimento. Ma se continuiamo a bere acqua inquinata serve a poco fare questo trattamento. Le vostre perplessità sono state anche le nostre però qui dovrebbe essere qualcuno di molto più alto di noi che dà delle disposizioni diverse». Insomma, come spiega un altro medico «nel caso dei Pfas questo trattamento è da considerarsi sperimentale, in pratica chi lo farà, farà un po’ da cavia».
In chiusura di servizio la Toffa torna a parlare con Zaia chiedendogli se abbia cambiato idea visto che qualche mese fa dichiarava di non fare alcun allarmismo ed ora ha chiesto lo stato d’emergenza al governo. «Non ho cambiato idea – risponde Zaia -, chiediamo di avere lo stato di emergenza che ci permette di essere più operativi. L’emergenza c’è e c’è sempre stata. La soluzione vera è quella di portare acqua pulita».
Un padre interviene: «quando siamo andati all’incontro con Zaia abbiamo proposto le autobotti. Ci hanno risposto che sono brutte esteticamente ma che ci avrebbero dato una risposta entro un mese». Incalzato dalla Toffa, il presidente della Regione risponde: «io spero arrivino le autobotti, se non arriva prima l’acqua pulita. Perchè stiamo lavorando ad un altro progetto». Viene sentito anche l’assessore alla sanità veneto, Luca Coletto, che invece dichiara: «per ora stiamo agendo con i filtri che è un sistema più raffinato. Con i filtri ai carboni attivi potremmo sicuramente fare meglio».
fonte Vvox – 9 ottobre 2017