Voto al Senato ieri mattina e alla Camera nel tardo pomeriggio. Con una mozione (Pd, Ap e Autonomie) votata al Senato chiesti, oltre che più fondi per la sanità, anche impegni sul potenziamento degli strumenti per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, sulla politica di sostegno alle famiglie e di contrasto al calo demografico. Il viceministro all’Economia Enrico Morando, sulla sanità: “Si riconosce nel punto contenuto nella risoluzione di maggioranza”.
Via libera ieri mattina dall’Aula del Senato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. I voti favorevoli sullo scostamento sui conti pubblici previsto dal Def sono stati 181 voti, quindi un’ampia maggioranza. Per questa votazione, secondo l’articolo 81 della Costituzione, serviva la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea, che è pari a 161 voti.
Nel pomeriggio arriva l’ok anche dalla Camera con 358 voti favorevoli e 133 i contrari. Per questo voto era necessaria la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea: 316 su 630.
Al Senato è stata inoltre approvata una risoluzione di maggioranza a firma Zanda (Pd), Bianconi (Ap) e Zeller (Aut) con la quale, tra l’altro, si impegna il Governo a favorire, nella legge di bilancio 2018-2020, un complesso di interventi in materia sanitaria, volti a: a) incrementare nel tempo le risorse di conto capitale destinate ad investimenti nel settore della sanità; b) rivedere gradualmente il meccanismo del cosiddetto superticket al fine di contenere i costi per gli assistiti che si rivolgono al sistema pubblico.
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Sempre sul tema sanità, non sono mancate le critiche al Governo durante gli interventi in Aula, anche da parte della stessa maggioranza. “La spesa sanitaria cresce sì in valore assoluto, ma si riduce la sua incidenza sul PIL. La spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia è mediamente inferiore di un terzo rispetto a quella dei Paesi dell’Unione europea a 14. I disavanzi regionali per anno sono scesi dai 6 miliardi del 2006 a poco più di 1 miliardo, così quantificato nel 2016. Dietro questi numeri c’è un grande sacrificio chiesto ai lavoratori del Servizio sanitario nazionale, che si è concretizzato in blocchi contrattuali, di carriera, del turnover, nell’emergere e nell’affermarsi di aree sempre più vaste di precariato all’interno del Servizio sanitario. Così come ci sono – diciamolo, perché è responsabile dirlo – aree grigie di equità e di universalismo nell’erogazione dei vecchi e dei nuovi LEA. Per questo francamente c’è inquietudine, nel momento in cui leggiamo che la spesa sanitaria nel 2018 scenderà al 6,5 per cento del PIL nominale, stimato in crescita per quell’anno, come diceva il relatore, al 3,1 per cento”, ha spiegato Amedeo Bianco (Pd).
Critica sulle cifre contenute nella nota di aggiornamento del Def anche Nerina Dirindin (Mdp): “ma si aumenta la caduta di questo rapporto e certamente, in un momento in cui il PIL aumenta, ci si sarebbe aspettati che fosse prestata attenzione anche ad un’adeguata, perlomeno analoga, crescita della spesa sanitaria. Questo – mi dispiace dirlo – non fa che confermare quanto abbiamo tante volte lamentato e cioè che la politica per la salute non è nell’agenda del Governo e che si continua quindi a considerare la politica della salute come quella in cui si possono aumentare le restrizioni, anziché aiutare il sistema a migliorare il proprio funzionamento”.
Quanto poi a chi opera nel settore, “dico per inciso che negli ultimi cinque anni la sanità, che è un settore ad alta intensità di lavoro, ha perso quasi 40.000 dipendenti e, siccome è un settore ad alta intensità di lavoro e non può produrre prestazioni se non ha i lavoratori, ricorre ovviamente all’outsourcing, a forme di somministrazione del lavoro che costano molto di più di quanto non costerebbe assumere dipendenti”, ha aggiunto Dirindin.
Infine, sui ticket: “Quanto alla revisione del sistema di compartecipazione alla spesa e delle esenzioni, questo sistema riconosciuto da tutti come da rivedere, può essere almeno rivisto nella parte più gravemente produttiva di effetti distorsivi, vale a dire il super ticket”, ha concluso.
Infine, anche il vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato, Andrea Mandelli (FI) ha così stigmatizzato i dati sulla spesa sanitaria: “La spesa sanitaria che è agganciata al PIL e che quindi dovrebbe crescere e invece si riduce sotto la soglia del 6,5%, livello soglia per Oms di riferimento rispetto alla sostenibilità del sistema. E giusto per enunciarlo c’è il grande problema del super ticket. Concludendo, questa Nadef programma i conti pubblici, non su interventi strutturali, ma ancora sulle variabili esogene, che vedono l’economia del mondo in un ciclo favorevole di crescita”.
Infine Luigi d’Ambrosio Lettieri (Dit) che annunciando il voto contrario del gruppo Gal ha dichiarato: “Sulle politiche sociali della sanità mancano risorse adeguate, il riallineamento tra spesa e PIL e non c’è consapevolezza della necessità di una governance diversa. Credo che abbiamo il dovere di dire qualcosa in più su cosa si può fare in termini di governance complessiva di una sanità nella quale le dinamiche demografiche e l’evoluzione delle tecnologie portano a uno squilibrio profondo fra la domanda e l’offerta e la capacità di dare una risposta adeguata a tutte quelle persone che in numero sempre maggiore rinunciano a curarsi per l’impossibilità di accedere al servizio sanitario nazionale o magari si impoveriscono per farlo, andando ad incrementare la spesa privata”. (Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanità)
MANOVRA, IL GOVERNO APRE SULLA SANITÀ
Ok del Parlamento all’aumento del deficit e al Def. Pressing delle Camere anche su cedolare, investimenti e figli
Una revisione graduale del meccanismo del super-ticket sanitario, che però nell’immediato non potrà scomparire, e un rafforzamento, ma nel tempo, delle risorse destinate a investimenti nel settore della sanità. L’indicazione sulla rotta da seguire per venire incontro alle richieste dei bersaniani e al tempo stesso rimanere all’interno del sentiero stretto del quadro di finanza pubblica è contenuta nella risoluzione di maggioranza alla Nota di aggiornamento al Def approvata in mattinata dal Senato e in serata dalla Camera. Il Governo viene anche “invitato” a prorogare la riduzione al 10% della cedolare secca sugli affitti e a estenderla sui redditi derivanti da locazioni su tutti gli altri immobili, a partire da quelli commerciali. La sollecitazione sulla sanità è stata subito recepita dal ministro Pier Carlo Padoan. «Il sistema sanitario è sicuramente un ambito in cui andranno valutate misure di miglioramento ed efficientamento», ha detto in Aula a palazzo Madama il titolare di Via XX settembre al termine della discussione generale sulla NaDef.
Ma i bersaniani non hanno cambiato idea. E, come avevano annunciato, al Senato, dove i numeri della maggioranza erano a rischio, hanno dato il loro ok alla relazione con cui il Governo ha chiesto al Parlamento allo scostamento di bilancio fissando l’aggiustamento strutturale per il 2018 allo 0,3% di Pil (e posizionando il deficit all’1,6%) ma non hanno “aderito” alla risoluzione di maggioranza sulla NaDef approvata con una distinta votazione. Sulla “relazione” a Palazzo Madama i sì sono stati 181 e i contrari 107 mentre la Nota di aggiornamento è stata approvata con 164 voti favorevoli, 108 no e un astenuto. In entrambe le votazioni i 12 senatori di Ala hanno votato insieme alla maggioranza. Mdp ha tenuto lo stesso atteggiamento alla Camera (la relazione sullo “scostamento” è passata con 358 sì e 133 no e la risoluzione con 318 voti favorevoli e 135 contrari).
Soddisfatto per il via libera del Senato Paolo Gentiloni. «Un voto all’insegna di responsabilità e stabilità», ha scritto il premier su Twitter. Anche Padoan è ricorso a Twitter per sottolineare il «voto responsabile del Senato». In Aula il ministro dell’Economia ha ribadito che la crescita in Italia «si rafforza in quantità e qualità» e che «i rischi finanziari si allontanano». Padoan ha poi aggiunto che «questo ottimismo non deve essere ragione per fermarsi, al contrario ragione per accelerare lo sviluppo».
Sul Def è intervenuto anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: «È sulla linea della prudenza e non svuota le riforme passate. Non avevamo grandi aspettative – ha detto – l’attenzione al debito mi sembra che sia rilevante per evitare derive. Quindi andiamo avanti su questa strada ed evitiamo errori».
Ma anche dopo il voto di ieri si annuncia piena di insidie la partita in Parlamento sulla legge di bilancio che deve essere varata entro il 20 ottobre. E non solo perché i bersaniani, dopo aver garantito i numeri sullo scostamento di bilancio, si considerano ora fuori della maggioranza e sono pronti a dare battaglia nelle Commissioni. Il Governo deve fare i conti con una dote molto ristretta per misure e correttivi parlamentari. Anche per questo motivo la richiesta dello stop ai super-ticket di 10 euro non potrà essere accolta in toto. La stessa risoluzione di maggioranza parla di graduale revisione. Con la manovra, o con ritocchi parlamentari, saranno probabilmente fissati criteri più flessibili per ridurre i costi del super-ticket per i cittadini che si rivolgono al Servizio sanitario nazionale. Allo stesso tempo ci sarà un leggero irrobustimento degli investimenti in sanità. Un’operazione che non dovrebbe superare i 2-300 milioni.
Il Governo dovrà tenere conto anche di altre sollecitazioni arrivate dalla sua maggioranza. Prime fra tutte quelle dell’estensione della cedolare secca anche agli “affitti commerciali” e della maggiore spinta agli investimenti pubblici e privati. Nella manovra dovrebbe trovare posto anche un pacchetto famiglia, con particolare attenzione agli assegni per i figli a carico, da arricchire eventualmente con correttivi parlamentari. (Marco Rogari – Il Sole 24 Ore)
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5 ottobre 2017