Sale la “dote” da destinare al rinnovo del contratto per il pubblico impiego nella prossima legge di Bilancio. Secondo quanto appreso dall’Ansa le risorse dovrebbero crescere a 1 miliardo e 650 milioni, rispetto agli 1,2 miliardi inizialmente previsti, per garantire gli aumenti medi di 85 euro mensili per gli statali. Le risorse andranno al rinnovo per i comparti della P.a. centrale, dai ministeri alla scuola. Altre risorse ad hoc andranno alle forze dell’ordine.
Nella nota di aggiornamento al Def il governo ha confermato l’impegno a “rifinanziare” alcune voci tra cui i contratti pubblici.
In manovra, si legge nella nota che aggiorna il Documento di economia e finanza, saranno “rifinanziate le cosiddette politiche vigenti, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego”. Il governo mette così ‘nero su bianco’ l’intervento a favore della P.a. Nel documento si evidenzia che la prossima legge di Bilancio “completerà il quadro complessivo delle risorse che consentiranno di proseguire i negoziati e gli incontri avviati con le rappresentanze dei lavoratori, secondo gli indirizzi già espressi dal Governo”. Ministero della P.a. e sindacati hanno pattuito un incremento contrattuale di 85 euro medi mensili per il triennio 2016-2018.
Le risorse serviranno al rinnovo dei contratti per la Pubblica Amministrazione centrale, ovvero agli statali ‘contrattualizzati’, per cui si tratta all’Aran. Una cifra più alta di quello che si stimava nelle scorse settimane e forse comprensiva delle risorse per il salvataggio il bonus degli 80 euro. Dopo di ci saranno anche risorse per i contratti delle forze dell’ordine e quindi la cifra dovrebbe salire ulteriormente. D’altra parte il pacchetto P.a. tradizionalmente in manovra contempla anche le voci relative alla scuola, alle assunzioni (per le quali potrebbe arrivare una nuova tranche di risorse) e alla sanità.
Al memento, si spiega nell’aggiornamento al Def, “dopo aver segnato tassi di crescita negativi dal 2011, i redditi di lavoro dipendente della P.a cresceranno su base nominale di circa l’1,7 per cento nel 2017”, e questo per “effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota di arretrati” (il triennio da rinnovare parte dal 2016). Poi, si precisa, “nel 2018 la spesa per i redditi di lavoro dipendente tornerebbe a contrarsi dello 0,2 per cento, per poi riprendere a crescere nel 2019-2020, ma ad un ritmo contenuto”. Ecco che, viene sottolineato, “l’incidenza sul Pil risulta pertanto in calo, dal 9,7 del 2017 all’8,9 per cento del Pil nel 2020, confermando le attese del Def”.
Sempre nel documento il governo mette in cantiere quasi un miliardo di euro dalle dismissioni immobiliari. “Per il 2017 – si legge nel testo -, i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 900 milioni, di cui 100 milioni per le vendite di immobili delle Amministrazioni centrali, 500 milioni per le vendite effettuate dalle Amministrazioni locali e 300 milioni per le vendite degli Enti di previdenza”.
Repubblica – 26 settembre 2017