Con il via libera del Consigli dei ministri di oggi, arriva al capitolo finale la “saga” del decreto che cambia le regole per i manager sanitari. Uno dei pilastri della riforma Madia per la Pubblica amministrazione, legge 7 agosto 2015, n. 124, su cui avevano puntato molto l’allora governo Renzi e l’attuale ministra della Salute Beatrice Lorenzin.
Il provvedimento (Dlgs 171/2016) in 6 articoli interviene sulla disciplina riguardante il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, nonché di direttore dei servizi socio-sanitari, ove previsto dalla legislazione regionale.
La direzione della riforma doveva essere nel senso della trasparenza e del merito, con la fine delle rendite di posizione legata alle nomine politiche. Per fare i manager bisognerà insomma portare risultati e dimostrare la trasparenza nei fatti. Ma il percorso del provvedimento è stato accidentato. Le Regioni hanno preteso un ruolo da protagonista e non da comprimari nella scelta dei manager delle proprie aziende sanitarie e ospedaliere.
Per questo il Veneto aveva subito presentato un ricorso alla Corte costituzionale, con l’obiettivo di sanare aspetti dirimenti rispetto alla validità stessa del decreto. PRima ancora c’era stato il Consiglio di Stato a eccepire su alcuni aspetti tutt’altro che formali della riforma.
Intesa obbligatoria con le Regioni
Nell’articolo 2 sono state modificate le premesse del decreto, aggiungendo un esplicito riferimento all’acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Una modifica inserita sulla base delle indicazioni contenute nel parere n. 83/2017 del Consiglio di Stato «in modo da esplicitare anche nel testo del decreto vigente gli effetti procedimentali sananti il vizio eccepito dalla Corte Costituzionale. Tale modifica, consente, inoltre, di definire l’intesa sul decreto nel suo complesso, prevedendo, altresì, l’acquisizione nuovamente del parere della Conferenza Unificata, che già si era espressa sul decreto legislativo 171/2016».
Nello specifico, nel testo licenziato oggi, e dunque definitivo, si conferma l’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, stabilendo i principi fondamentali e uniformi validi ai fini dell’attribuzione del punteggio da parte della Commissione.
I dettagli
a) una volta individuati gli idonei appartenenti all’albo nazionale, la valutazione dei candidati è effettuata dalla Commissione regionale, nell’ambito della procedura regionale, “per titoli e colloquio”;
b) la nomina della Commissione regionale è demandata al presidente della Regione;
c) le modalità e i criteri della valutazione vengono definiti dalle Regioni, tenendo conto che, in ogni caso, le Regioni possono dettare ulteriori «modalità e criteri di selezione» al fine di individuare il candidato più idoneo a ricoprire l’incarico che si intende attribuire;
d) nell’ipotesi di decadenza e di mancata conferma dell’incarico, le Regioni possono procedere alla nuova nomina oltre che con la procedura prevista dal decreto legislativo 171/2016, anche mediante l’utilizzo degli altri nominativi inseriti nella rosa di candidati, purché si tratti di una selezione svolta in data non antecedente agli ultimi tre anni e che comunque, in ogni caso, i candidati della rosa risultino ancora inseriti nell’elenco nazionale.
Ampliati da sessanta a novanta giorni i termini entro cui la Regione procede alla verifica dei risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi di ciascun direttore generale.
Riforma Pa:?il Dlgs sulla dirigenza sanitaria
Lucilla Vazza – Il Sole 24 Ore sanità – 21 luglio 2017