Con il via libera del governo ai decreti, è definitiva la riforma del pubblico impiego. Tra le novità le stabilizzazioni per i precari, un nuovo codice disciplinare, la creazione del polo unico Inps per le visite fiscali e il riordino della valutazione: licenziamento in caso di bocciatura per 3 anni di fila . Via anche al decreto sulle regole dei premi di produttività. Arriva anche la possibilità di riservare il 20% del turn over alle promozioni interne senza concorso pubblico nell’ultima versione della riforma del pubblico impiego, approvata ieri dal Consiglio dei ministri insieme al decreto che rivede le regole per la valutazione dei dipendenti e la distribuzione dei “premi” di produttività. Tra le novità dell’ultima ora, poi, è da segnalare un ritocco ulteriore alle tutele per i lavoratori colpiti da sanzioni disciplinari, accanto a quello già scritta nella versione approvata a febbraio in prima lettura che rivede l’articolo 18 limitando a 24 mensilità l’indennizzo da assicurare al lavoratore reintegrato dal giudice dopo un licenziamento.
Il comunicato stampa del Governo
La nuova norma scritta nell’ultimo testo dà un compito ulteriore ai giudici, che quando incontreranno una sanzione viziata da «difetto di proporzionalità» potranno rimodularla, tenendo conto della gravità del comportamento e dell’interesse pubblico violato, e non limitarsi ad annullarla per far eventualmente ripartire la partita. Resta fermo il principio per cui le violazioni formali o lo sforamento dei termini intermedi non possono far cadere il procedimento disciplinare, che dovrà però rispettare il «termine finale di conclusione» di 120 giorni.
La versione finale della riforma
Le progressioni con selezioni interne, quindi senza concorso pubblico, potranno coprire fino al 20% dei posti previsti dalla programmazione: le Pa che scelgono questa strada dovranno però compensarla tagliando le quote riservate alle promozioni nei concorsi.
La versione finale della riforma del pubblico impiego accoglie le principali richieste avanzate da commissioni parlamentari, regioni ed enti locali e Consiglio di Stato, per cui il testo aspetta ora solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e non ha bisogno di ulteriori passaggi parlamentari, com’era invece accaduto ad altri decreti della riforma Madia. «Con la riforma superiamo il precariato e il cattivo reclutamento ereditato – riassume la ministra per la Pa e la semplificazione –; ora dobbiamo far entrare i giovani con le professionalità che servono per dare servizi ai cittadini».
Quelli arrivati ieri al traguardo, a quasi 18 mesi dalla legge delega, sono in effetti due degli ingredienti più importanti della riforma della Pubblica amministrazione, che ora attende il varo definitivo degli ultimi decreti su Forze armate e vigili del Fuoco e i correttivi (in arrivo) su partecipate e licenziamenti sprint per gli assenteisti colti in flagrante (sono mini-limature al testo). Gli aspetti più sostanziali della riforma guardano al futuro, e promettono in particolare di misurare le assunzioni possibili in ogni Pa sulla base dei «fabbisogni» determinati dalla programmazione triennale, superando sia le vecchie piante organiche sia i vincoli al turn over che le hanno “svuotate” in modo lineare guardando alle esigenze della finanza pubblica e non a quelle delle singole amministrazioni.
Il Codice disciplinare
Prima di arrivarci, in un processo che durerà anni, la riforma rimette mano a una serie di temi con effetti più immediati. Il «terzo tempo» della riforma, come definiscono alla Funzione pubblica la fase dell’attuazione pratica, parte dal Codice disciplinare, con le nuove regole che si applicheranno, come spiega l’ultimo testo, «agli illeciti disciplinari commessi successivamente all’entrata in vigore del decreto», cioè 15 giorni dopo la Gazzetta Ufficiale.
Oltre a rivedere procedure e calendario dei diversi procedimenti, sono due le modifiche di peso rispetto alle regole oggi in vigore: i comportamenti che possono portare al licenziamento diventano 10, e comprendono le violazioni «gravi e reiterate» ai codici di comportamento, lo «scarso rendimento» di chi ripetutamente non rispetta gli obblighi di lavoro (e ha già ricevuto sanzioni per questo motivo) e le «valutazioni negative della performance» affibbiate al dipendente per tre anni di fila (come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri); la valutazione sarà parallela a quella «per fini economici», che dovrà guidare la distribuzione dei premi.
La sanzione del licenziamento minaccerà anche i dirigenti che, con dolo o colpa grave, non portano a termine i procedimenti disciplinari: procedimenti che potranno sforare i termini intermedi senza decadere, ma dovranno chiudersi entro il termine perentorio di 120 giorni (come suggerito dal consiglio di Stato).
Il piano straordinario di stabilizzazioni
L’altro capitolo atteso della riforma riguarda il piano straordinario di stabilizzazioni che fra 2018 e 2020 dovrebbe offrire il posto fisso ai precari storici della Pa. Da questo punto di vista l’apertura rispetto al primo testo è ampia ma parziale: per ambire alla stabilizzazione, tramite riserve di posti fino al 50% nei nuovi bandi se al posto a termine non si è arrivati con procedure concorsuali, bisognerà aver maturato tre anni di anzianità negli ultimi otto entro la fine del 2017, e il processo riguarderà anche chi ha già chiuso i rapporti con la Pa a patto che fosse in servizio il 28 agosto 2015, data di entrata in vigore della delega. La chance del posto fisso, però, resta riservata a chi ha passato tre anni nella Pa che assume o bandisce il concorso, tranne che nella sanità e negli enti di ricerca dove questo requisito non è presente. Per i precari delle amministrazioni che sono state soggette a riordino, come accaduto alle Province, si tiene conto dell’anzianità maturata nell’ente di provenienza. (Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore)
Il comunicato del Governo
RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame definitivo, due decreti legislativi contenenti disposizioni di attuazione della riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124).
Di seguito le principali misure introdotte con i decreti.
1. Testo unico del pubblico impiego
Modifiche e integrazioni al “Testo unico del pubblico impiego”, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z) della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche
Il decreto introduce disposizioni mirate al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- il progressivo superamento della “dotazione organica” come limite alle assunzioni, fermi restando i limiti di spesa, attraverso il nuovo strumento del “Piano triennale dei fabbisogni”, con la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni differenziati in base agli effettivi fabbisogni, la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici e la previsione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni;
- l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l’azione disciplinare;
- l’aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
- la previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l’esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall’esterno;
- la possibilità di svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata e la previsione dell’accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, e la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca;
- la disciplina delle forme di lavoro flessibile, anche al fine di prevenire il precariato, unitamente ad una soluzione transitoria per superare il pregresso: viene stabilito a regime il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione e vengono introdotte specifiche procedure per l’assunzione a tempo indeterminato di personale in possesso dei requisiti;
- l’integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità attraverso l’istituzione di una Consulta nazionale composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, e la nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento;
- la definizione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa, anche al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonché di accelerare le procedure negoziali;
- la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia, con l’attribuzione all’I.N.P.S. delle relative competenze;
- la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, lo sviluppo di sistemi di misurazione dei risultati raggiunti dall’organizzazione e dai singoli dipendenti e forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione.
2. Valutazione della performance dei dipendenti pubblici
Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, in attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera r), della legge n. 124 del 2015
Il provvedimento persegue l’obiettivo generale di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e di garantire l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Con il decreto, ispirato ai principi di semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e della premialità, di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, di riduzione degli adempimenti in materia di programmazione e di coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni, si introducono, tra le altre, le seguenti novità:
- viene chiarito che il rispetto delle disposizioni in materia di valutazione costituisce non solo condizione necessaria per l’erogazione di premi, ma rileva anche ai fini del riconoscimento delle progressioni economiche, dell’attribuzione di incarichi di responsabilità al personale e del conferimento degli incarichi dirigenziali; è stato chiarito che la valutazione negativa delle performance, come specificamente disciplinata nell’ambito del sistema di misurazione, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e, in casi specifici e determinati, a fini disciplinari;
- ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti;
- oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;
- gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), tenendo conto delle risultanze dei sistemi di controllo strategico e di gestione presenti nell’amministrazione, dovranno verificare l’andamento delle performance rispetto agli obiettivi programmati durante il periodo di riferimento e segnalare eventuali necessità di interventi correttivi. A tal proposito, sono previsti strumenti e poteri incisivi per garantire il ruolo degli OIV, specie con riferimento al potere ispettivo, al diritto di accesso al sistema informatico e agli atti e documenti degli uffici;
- viene riconosciuto, per la prima volta, un ruolo attivo dei cittadini ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;
- nella misurazione delle performance individuale del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità;
- è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria, introducendo sanzioni più incisive in caso di mancata adozione del Piano;
- sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati.
Il testo del decreto recepisce e fa proprie gran parte delle osservazioni e delle indicazioni poste, nei rispettivi pareri, dalle Commissioni parlamentari, dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza unificata
20 maggio 2017