La versione definitiva della riforma del pubblico impiego arriverà in settimana al consiglio dei ministri, amplierà i parametri che permettono di candidarsi alla maxi-stabilizzazione dei precari e renderà più flessibili i vincoli sul salario accessorio. Difficile, invece, ipotizzare modifiche ulteriori al rapporto fra legge e contratto e alle regole chiave sul procedimento disciplinare; su quest’ultimo tema potrà arrivare qualche ritocco, in particolare per chiarire quando le valutazioni negative possono portare alla sanzione estrema del licenziamento, senza però cancellare il principio per cui i vizi formali o procedurali non possono far decadere le sanzioni.
L’incontro di ieri pomeriggio fra la ministra della Pa Marianna Madia e i sindacati ha sancito il perimetro delle modifiche possibili alla prima versione del testo, anche alla luce degli argomenti che hanno dominato l’esame in Parlamento, al Consiglio di Stato e nell’intesa con gli enti territoriali.
Il capitolo su cui si annunciano le modifiche più importanti (come anticipato sul Sole 24 Ore del 4 maggio) riguarda il piano triennale di stabilizzazione previsto per i precari, circa 50mila secondo il governo, che hanno maturato almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto. «Eviteremo discriminazioni fra i precari», ha spiegato la ministra nel corso dell’incontro, e per centrare l’obiettivo si lavora su più fronti: la possibilità, prima di tutto, di candidarsi alla stabilizzazione anche per chi ha lavorato in amministrazioni diverse da quella che procede all’assunzione, e quella di maturare i tre anni di anzianità entro fine anno (il piano parte il 1° gennaio prossimo) e non alla data di entrata in vigore della riforma. Due modifiche, queste, che eviterebbero la lotteria delle esclusioni a chi, nella sanità ma non solo, ha lavorato per più enti con contratti a termine: sempre in quest’ottica, il piano potrebbe imbarcare anche i precari delle Province che hanno cambiato ufficio nella riorganizzazione post-riforma Delrio, e chi nel frattempo ha visto scadere il proprio contratto. Per le scelte definitive serve un passaggio ulteriore in Ragioneria generale, ma le stabilizzazioni dovranno entrare nella programmazione ordinaria del personale, per cui un ampliamento dei parametri non gonfia la spesa.
Più delicato, da questo punto di vista, è il tema dei fondi per il salario accessorio, che finanziano la parte integrativa della busta paga. I «vincoli da superare», secondo la definizione data dai sindacati dopo l’incontro di ieri, riguardano in questo caso l’obbligo di destinare ai premi di produttività (dell’ufficio, e non più individuale) la «quota prevalente» dei fondi accessori: quest’obbligo rischia di prosciugare i finanziamenti per le indennità che fanno parte dell’accessorio, ma sono fisse perché riguardano i turni, lo straordinario, il «disagio» di chi lavora in strada e nulla c’entrano con la produttività. La soluzione potrebbe essere quella di concentrare sulle performance la «quota prevalente»?delle sole parti variabili.
Dopo il via libera, sarà la volta degli atti di indirizzo per avviare le trattative sul rinnovo dei contratti: che però hanno bisogno di 1,2 miliardi aggiuntivi nella manovra d’autunno per raggiungere gli 85 euro di aumento medio promesso dall’intesa fra governo e sindacati del 30 novembre scorso. (Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore)
Statali, saranno stabilizzati più precari. Un vademecum per i licenziamenti
La parola d’ordine è portare a casa la riforma. Dribblando le ultime buche che sono rimaste sulla strada del provvedimento il cui obiettivo è riscrivere le regole del pubblico impiego, dalle visite fiscali ai premi. Un paio di ostacoli insidiosi sul cammino del provvedimento firmato dal ministro della Funzione pubblica Marianna Madia, sono rimasti. Il primo è evitare di dover tornare nella Conferenza Stato-Regioni per chiedere un parere che, norme alla mano, dovrebbe essere unanime. Ma con Veneto e Lombardia sul piede di guerra potrebbe essere difficile. L’unico modo per non saltare a piè pari l’ostacolo, è rispettare i punti dell’intesa già raggiunta nelle modifiche che saranno fatte al testo. Su alcune problemi non ce ne dovrebbero essere. A cominciare da uno dei temi più sentiti: la stabilizzazione dei precari storici della pubblica amministrazione. Nella sua versione iniziale, la riforma della Madia prevede che possano essere assunti direttamente quelli che sono entrati con un concorso nei ranghi delle amministrazioni e hanno lavorato anche discontinuamente per almeno tre anni negli ultimi otto. Chi ha questi requisiti ma non è stato assunto con un concorso pubblico potrà essere stabilizzato solo con una procedura selettiva.
LE NOVITÀ
Queste maglie, nel testo finale, saranno allargate. Innanzitutto ad essere stabilizzati saranno anche i lavoratori «somministrati», quelli che hanno prestato la loro opera attraverso le agenzie interinali. Ovviamente, in questo caso, dovranno partecipare ai concorsi pubblici. L’altra novità, è che per partecipare ai concorsi non sarà più necessario aver lavorato per tre anni negli ultimi otto nell’amministrazione che bandisce il concorso. Basterà aver lavorato in una qualsiasi amministrazione pubblica. Un allargamento che non solo andrebbe incontro alle richieste arrivate dal Parlamento nei pareri alla riforma, ma a quanto scritto nello stesso accordo raggiunto con le Regioni. Ieri il ministro Madia ha incontrato i sindacati. Durante l’incontro ha fatto riferimento a questa possibilità che potrebbe far rivedere verso l’alto il numero dei precari stabilizzabili che, secondo quanto aveva annunciato la ministra Madia proprio al Messaggero, erano già circa 50 mila. Un altro nodo che resta da sciogliere è quello del salario accessorio, i premi pagati ai dipendenti pubblici. In questo caso sulle norme ci sarebbe un braccio di ferro tra il ministero della Funzione pubblica ed il Tesoro. La Ragioneria sarebbe contraria a lasciare la materia alla contrattazione con i sindacati. Il provvedimento che sarà approvato venerdì, poi, chiarirà cosa si intende per valutazione negativa quando in ballo c’è il licenziamento di un dipendente pubblico, con la creazione di una sorta di vademecum per chi ha avuto voti negativi. «Attendiamo il testo definitivo per esprimere un giudizio compiuto, ma nell’incontro di oggi (ieri, ndr) abbiamo ribadito che, al momento, continuano a permanere vincoli eccessivi alla restituzione della piena titolarità della contrattazione su tutti gli aspetti relativi al rapporto di lavoro», hanno fatto sapere con un comunicato congiunto Cgil, Cisl e Uil.
Il Messaggero – 16 maggio 2017