“Oggi si è concluso l’iter di una delle riforme più importanti tra quelle contenuta nel decreto Madia, ossia la selezione della dirigenza sanitaria. Si tratta di un decreto estremamente importante che era rimasto bloccato a causa dell’impugnativa fatta dalla Regione Veneto. Il correttivo che è stato oggi presentato verrà inviato in Conferenza Stato Regioni, per poi concludere il suo percorso entro giugno. Avendo già istituito la commissione per la valutazione dei direttori generali per la costituzione dell’Albo nazionale lo scorso 16 novembre 2016, possiamo dire che da ottobre sarà operativo l’elenco unico nazionale dei DG“. Così la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, è intervenuta oggi in conferenza stampa, dopo la riunione del Consiglio dei Ministri, per commentare l’approvazione del decreto legislativo contenente le disposizioni correttive al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, in materia di dirigenza sanitaria.
“Il problema principale del Ssn è di natura organizzativa e gestionale. Per questo abbiamo cambiato il modo di selezionare i Direttori generali lasciando, ovviamente, le competenze alle Regioni, ma riportandole a criteri di valutazione meritocratici validi per tutti e quindi assicurando procedure conformi a principi di merito, imparzialità e trasparenza. Nell’Albo verranno selezionati i manager a cui potranno attingere le amministrazioni locali per scegliere i propri DG”, ha spiegato la ministra.
Presso il Ministero della Salute verrà istituito un elenco nazionale di idonei che verrà aggiornato con cadenza biennale, attraverso una selezione di candidati effettuata da parte di una “commissione di esperti di altissimo livello”. Il limite di età è rimasto fissato a 65 anni e sarà necessario il possesso dell’attestato di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. Nella selezione dei candidati si terrà conto dell’esperienza dirigenziale oltre che di specifici titolo formativi e professionali. La permanenza nell’elenco avrà una durata di 4 anni, salvo provvedimenti di decadenza. Verrà inoltre prevista una specifica proceduta informatizzata a supporto della commissione, e a garanzia della snellezza e trasparenza delle operazioni.
Nella valutazione dei DG, ha spiegato Lorenzin, si dovrà tenere conto di alcuni criteri: il raggiungimento degli obiettivi di salute, del funzionamento dei servizi, e il rispetto degli obiettivo economico-finanziari e di bilancio concordati. “I Lea diventano una elemento primario di valutazione, e questa è una grande innovazione – ha sottolineato la ministra -. Tra gli obiettivi abbiamo inserito anche l’abbattimento delle liste di attesa che sono un tema di organizzazione regionale. L’obiettivo è quello di superare l’attuale situazione ancora a macchia di leopardo in modo da garantire in maniera uniforme su tutto il territorio l’accesso ai servizi garantiti dal Ssn”.
La decadenza dei Direttori generali viene prevista in caso di valutazione negativa delle performance, ma con esclusione delle ipotesi in cui il mancato raggiungimento degli obiettivi sia imputabile alle gestioni precedenti. O ancora, per manifesta violazione di legge o regolamento o per violazione degli obblighi in materia di trasparenza.
Per la nomina dei direttori sanitari, amministrativi, e dei servizi sociosanitari verrà invece costituito un elenco regionale di idonei. Per l’iscrizione in quest’elenco i candidati dovranno sottoporsi ad una selezione per titoli e colloquio, effettuata da una commissione composta da “esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti”. I Direttori generali avranno l’obbligo di attingere agli elenchi della Regione o di altre Regioni per il conferimento degli incarichi e, infine, anche in questo caso viene prevista la decadenza in caso di manifesta violazione delle leggi o regolamenti o per violazione degli obblighi in materia di trasparenza. (Quotidiano sanità)
Cosa cambia
L’Esecutivo ha dovuto cedere ai correttivi tecnici richiesti dalle Regioni, Veneto in testa, che su questo ha portato avanti una vera e propria battaglia. ecco i dettagli del testo licenziato oggi.
INTESA OBBLIGATORIA – Nell’articolo 2 si cambiano le premesse del decreto, aggiungendo un esplicito riferimento all’acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Una modifica inserita sulla base delle indicazioni contenute nel parere n. 83/2017 del Consiglio di Stato «in modo da esplicitare anche nel testo del decreto vigente gli effetti procedimentali sananti il vizio eccepito dalla Corte Costituzionale. Tale modifica, consente, inoltre, di definire l’intesa sul decreto nel suo complesso, prevedendo, altresì, l’acquisizione nuovamente del parere della Conferenza Unificata, che già si era espressa sul decreto legislativo 171/2016».
ALBO MANAGER – L’articolo 3 interviene sull’articolo 1, commi 6 e 7, del decreto legislativo, modificando:
a) i parametri tecnici e i criteri specifici validi ai fini dell’attribuzione del punteggio da parte della Commissione definiti, peraltro, con l’intervenuto decreto ministeriale del 17 ottobre 2016, abrogato successivamente dall’articolo 6, vengono riportati, con alcune modifiche, nell’ambito del decreto, allo scopo di considerarli, per la loro applicazione, «come principi fondamentali e uniformi». È stata eliminata la previsione della valutazione in modo paritario della comprovata esperienza dirigenziale e dei titoli formativi e professionali.
b) Per i titoli formativi e professionali, oggetto di valutazione da parte della Commissione, è stato previsto, che abbiano comunque riguardo alle materie del management e della direzione aziendale. Sono considerati oggetto di valutazione anche i corsi di perfezionamento universitari, di durata almeno annuale, le abilitazioni professionali e ulteriori corsi di formazione di ambito manageriale e organizzativo svolti presso istituzioni pubbliche e private, di riconosciuta rilevanza e della durata di almeno 50 ore, con l’espressa esclusione di quei corsi già valutati come requisito di accesso per l’inserimento nell’elenco nazionale.
c) Il punteggio minimo per l’inserimento nell’elenco nazionale è stato modificato in modo che non sia inferiore a 70 punti invece di 75, specificando che, fermo restando che l’attribuzione del punteggio è finalizzata esclusivamente all’inserimento del candidato nell’elenco nazionale, quest’ultimo elenco viene pubblicato secondo l’ordine alfabetico dei candidati e senza l’indicazione del punteggio conseguito nella selezione che rimane, quindi, esclusivamente agli atti della Commissione. «Ciò in coerenza con la circostanza che l’elenco in argomento non costituisce una graduatoria e anche al fine di non condizionare, con l’indicazione del punteggio, la commissione regionale chiamata, successivamente, ad occuparsi della procedura relativa al conferimento degli incarichi dirigenziali a carattere generale».
d) Riguardo ai parametri tecnici e i criteri specifici di valutazione, rispetto al punteggio massimo complessivo di 100, viene solo modificata la proporzione in, massimo 60 punti per le esperienze dirigenziali maturate negli ultimi 7 anni, e in massimo 40 punti per i titoli formativi e professionali.
VALUTAZIONE DEI CANDIDATI – L’articolo 4 modifica l’articolo 2, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 171/2016, prevedendo che:
a) nell’ambito della procedura regionale, la valutazione dei candidati è effettuata dalla Commissione regionale, «per titoli e colloquio, o per titoli o per colloquio»;
b) la nomina della Commissione regionale è demandata al presidente della Regione;
c) le modalità e i criteri della valutazione vengono definiti dalle Regioni, tenendo conto che, in ogni caso, le Regioni ben possono dettare ulteriori «modalità e criteri di selezione» al fine di individuare il candidato più idoneo a ricoprire l’incarico che si intende attribuire;
d) la soppressione, nella parte relativa alla “rosa” dei candidati proposta dalla Commissione al presidente della Regione, della previsione che tale rosa sia «non inferiore a tre e superiore a cinque».
A questa decisione si è arrivata cercando una mediazione tra quanto deciso in sede di Conferenza unificata e quanto espresso dal Consiglio di Stato e dalle Commissioni parlamentari, ma pur sempre coerente con la previsione della legge di delega, precisando che «la rosa di candidati sia non inferiore a tre e non superiore a cinque».
e) la possibilità che, nell’ipotesi di decadenza e di mancata conferma dell’incarico, le Regioni possano procedere alla nuova nomina oltre che con la procedura prevista dal decreto legislativo 171/2016, anche mediante l’utilizzo degli altri nominativi inseriti nella rosa di candidati, purché trattasi di una selezione svolta in data non antecedente agli ultimi tre anni e che comunque, in ogni caso, i candidati della rosa risultino ancora inseriti nell’elenco nazionale di cui all’articolo 1 del Dlgs, tenuto conto che l’idoneità dura 4 anni e che tali soggetti potrebbero nel frattempo essere stati cancellati per i diversi motivi previsti dal decreto;
f) l’ampliamento del termine di sessanta, ritenuto forse troppo stringente, in novanta giorni entro i quali la Regione procede alla verifica dei risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi di ciascun direttore generale.
Come già nel testo originario, confermata la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri. (Il Sole 24 Ore sanità)
24 marzo 2017