Negli ospedali pubblici come in clinica; dal dentista come dal medico di famiglia; in sala operatoria ma anche via telemedicina. Dopo dieci anni di “stop&go”, l’Italia volta pagina sulla gestione del rischio clinico. Ieri la Camera dei deputati ha approvato – con 255 voti a favore, 113 contrari e 22 astenuti – la legge che reca «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie». Doppia l’anima del provvedimento – attesissimo dai camici bianchi – mirato a offrire più garanzie ai pazienti e a riequilibrare in sede di contenzioso, penale e civile, il rapporto tra medico e assistito. Il far west nelle aule di tribunale, la fuga delle assicurazioni – ma il 98% dei procedimenti finisce su un binario morto –, i costi stellari, stimati in 10 miliardi di euro, attribuiti alla medicina difensiva e l’esigenza di prevenire e gestire il rischio clinico: queste le ragioni della legge, benedetta dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Che ha definito il via libera «un ulteriore tassello di una grande stagione riformista per il servizio sanitario nazionale». Il testo
Sulla stessa linea del relatore Federico Gelli (Pd), che aveva parlato di «data storica per la sanità italiana». Peccato che l’attuazione della legge dovrà avvenire a costo zero, malgrado gli adempimenti a cui sono chiamate le strutture sanitarie o sociosanitarie e le regioni.
Sicurezza delle cure
La legge mette in piedi una articolata rete di prevenzione. A partire dall’attivazione in ogni Regione di un Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, deputato alla raccolta dei dati sugli eventi avversi e su cause, entità, frequenza e onere finanziario del contenzioso. Informazioni da trasmettere all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, che sarà istituito con decreto. L’Osservatorio dovrà anche individuare progetti per la sicurezza delle cure e la formazione del personale. A tutela del paziente, la direzione sanitaria avrà solo sette giorni di tempo per trasmettere la documentazione sanitaria richiesta dall’interessato. Infine, tutti i dati sui risarcimenti degli ultimi cinque anni andranno pubblicati sui siti internet delle strutture sanitarie.
Responsabilità professionale
L’articolo 6 introduce nel Codice penale il nuovo articolo 590-sexies – «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario» – che esclude la punibilità, nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di imperizia e il professionista abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida validate da società scientifiche accreditate, pubblicate online dall’Istituto superiore di sanità.
In ambito civilistico, scatta un doppio regime: è contrattuale la responsabilità della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, anche per danni derivanti dalle condotte dolose o colpose dei professionisti. In questo caso il termine di prescrizione è a dieci anni. Resta «contrattuale» la responsabilità del professionista che agisca in accordo diretto con il paziente. Assume invece natura extracontrattuale – onere della prova a carico del ricorrente e prescrizione a 5 anni – la responsabilità civile degli operatori sanitari chiamati in causa.
Per il risarcimento ci si atterrà alle tabelle sul danno biologico previste dal codice delle assicurazioni private, in attesa degli aggiornamenti contenuti nel Ddl Concorrenza, all’esame del Senato.
Conciliazione obbligatoria
Prima di esercitare un’azione di responsabilità civile, chi ritienga di aver subito un danno dovrà comunque tentare una conciliazione a partecipazione obbligatoria di tutte le parti, assicurazioni incluse, pena la non procedibilità della domanda di risarcimento. A un consulente tecnico d’ufficio (Ctu) – la legge ne riforma la disciplina – spetta il tentativo di conciliazione: solo in caso di insuccesso o trascorso il termine di sei mesi, si va in giudizio. L’eventuale azione di rivalsa successiva è contemplata in caso di dolo o di colpa grave del professionista.
Polizze per tutti
Le strutture pubbliche e private, per danni attribuibili al personale a qualunque titolo operante, devono assicurarsi per la responsabilità contrattuale verso terzi e verso i prestatori d’opera. Ospedali e cliniche dovranno poi tutelarsi per la copertura della responsabilità extracontrattuale verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie, nell’ipotesi in cui il danneggiato esperisca l’azione direttamente contro di loro. Deve assicurarsi anche il professionista che svolga l’attività al di fuori delle strutture o in regime libero-professionale. Infine, tutti i sanitari passibili di azione della Corte dei conti per danno erariale o di rivalsa in sede civile, devono stipulare polizze per colpa grave. Barbara Gobbi
LA RIVALSA
L’azione di rivalsa, prevista solo in caso di dolo o di colpa grave, va esercitata entro un anno dal pagamento ed è esclusa se il sanitario non è stato parte del giudizio. L’azione di responsabilità amministrativa verso il professionista spetta al pubblico ministero presso la Corte dei conti: si evita così che le strutture pubbliche debbano agire in sede civile contro i propri professionisti. La misura della rivalsa non può superare il triplo della retribuzione lorda
IL FONDO DI GARANZIA
Il Fondo di garanzia per danni da responsabilità sanitaria istituito dalla legge sarà gestito da Consap e alimentato dai versamenti annuali delle imprese assicuratrici autorizzate alla Rc per danni da responsabilità sanitaria. Il Fondo si attiva in tre casi: danno eccedente i massimali previsti dai contratti; stato di insolvenza o di liquidazione coatta dell’assicurazione; cancellazione dall’albo della compagnia
LE COPERTURE
La garanzia assicurativa copre anche gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati durante la vigenza della polizza. In caso di cessazione dell’attività professionale, va previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza
L’AZIONE DIRETTA
La legge introduce la possibilità di azione diretta del danneggiato – sul modello Rca auto – nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria e del professionista. Ma perché l’azione diretta sia esperibile, deve essere fallito il tentativo obbligatorio di conciliazione; inoltre, l’eventuale risarcimento è limitato alle somme per cui è stato stipulato il contratto di assicurazione
Assicurazioni. Al Nord oltre il 43% delle polizze. Valore medio del massimo di franchigia a 65mila euro
Ginecologi, radiologi, anestesisti, oculisti e dentisti sulla graticola più di tutti e più indotti ad assicurarsi. Le compagnie di assicurazione italiane che ormai da due anni sono fuggite dalla medmal lasciando il campo in sostanza a solo due compagnie straniere. Le polizze concentrate per il 43% al Nord, con la Lombardia al top che insieme a Lazio e Campania somma quasi il 44% dei medici assicurati. Ma anche un massimo di franchigia a carico del personale sanitario che è esploso a quasi 65mila euro a fronte di richieste di risarcimento per decessi che sta crescendo alla media del 2-3% l’anno, con i piccoli ospedali, quelli che effettuano meno ricoveri, che si confermano i più pericolosi per la frequenza di eventi mortali. Benvenuti nel pianeta multitasking delle assicurazioni contro gli errori medici. Un pianeta non solo italiano, ma che certamente nel Belpaese ha le sue caratteristiche specificità. Non sempre nobili o meritorie, anche in conseguenza di un sistema sanitario nazionale a troppe velocità. E in qualche modo legate anche ai lunghi tempi d’attesa per l’accesso alle prestazioni, che tanto per cambiare vede il Sud in fondo alla classifica.
Secondo i dati di AmTrust, compagnia leader in Italia in particolare tra gli ospedali pubblici, la maggiore concentrazione di polizze è al Nord (43,32%), seguito dal Sud al 33,08%. Se in Lombardia si concentra il numero di polizze dei singoli professionisti, l’età media in cui si concentrano più assicurati è tra 50-59 anni (27% del campione rilevato) col 52,7% di sesso maschile. Pressoché fifty-fifty il campione tra medici pubblici o autonomi e dipendenti di strutture private. Col particolare che nel Ssn sono più portati ad assicurarsi radiologi, anestesisti e rianimatori, pediatri e oculisti: nell’area “privata” invece ginecologi e ostetrici, radiologi, oculisti. In assoluto, però, sono i radiologi, gli anestesisti che, con i pediatri, si assicurano di più.
Di «fuga delle compagnie assicurative italiane», ha parlato chiaramente l’Ivass (Authority di settore) nella relazione 2016, ricordando come ormai il trend nelle regioni sia quello dell’autoassicurazione. Con un «dato eclatante», afferma ancora l’Ivass: il valore medio del massimo di franchigia esploso a quota 65mila euro. In una situazione in cui, ricorda il recente rapporto di Cittadinanzattiva-Tdm, in quasi due casi su tre di consulenze medico-legali, si sconsiglia l’azione risarcitoria. E se per il 57% manca il nesso di causalità, in un caso su tre la documentazione clinica consegnata dalle struuture è incompleta o inadeguata. Dire che troppo non torni, insomma, non è fare peccato.
L’analisi. Un passo avanti ma la fase applicativa è un’incognita
Roberto Turno. Se è vero che il diavolo talvolta fa sia le pentole che i coperchi, lo capiremo presto. Nata anche (ma non solo) per mettere un argine a quella medicina difensiva che spinge i medici a iper prescrivere pur di non rischiare cause milionarie che secondo le (incerte) stime varrebbero tra 8 e 12 mld di costi in più al Ssn, la nuova legge sulla responsabilità professionale di medici&Co è insieme una buona notizia e una scommessa. Un bene potenziale per medici, asl e ospedali, chissà quanto davvero e in più per gli assistiti. Certo è che il provvedimento comporterà una fase applicativa non facile e per niente scontata, tra interpretazioni difformi e contrasti giurisprudenziali. Nulla può dirsi risolto, insomma, ma un passo avanti è stato fatto. E non è poco. Sebbene poi gli errori medici non raramente sono anch’essi il risultato di un servizio sanitario non sempre e dappertutto all’altezza. E che sempre meno rischia di esserlo senza investimenti adeguati. Senza scordare che gli stessi “furbetti del cartellino”, o peggio, sono a loro volta ragione d’errore medico a danno dei pazienti. Dove stuoli di avvocati e di agguerriti studi legali trovano facili pertugi per cause anche temerarie che sempre più sollecitano. E che paghiamo noi tutti, la collettività, non solo medici e Ssn.
Il testo approvato dalla Camera
foto tratta da Quotidiano sanità
Il Sole 24 Ore – 1 marzo 2017