Il conto alla rovescia è iniziato. Mancano meno di dieci giorni alla scadenza del 18 febbraio, data ultima entro la quale – in base alla delega votata nel 2015 – deve essere approvato il nuovo testo unico sul pubblico impiego. Per oggi era previsto un incontro a livello tecnico tra governo e sindacati, che però è stato rinviato. Se ne dovrebbe riparlare lunedì, ma a questo punto arriva – in particolare da Cgil e Uil – la richiesta di una convocazione formale, per fare chiarezza sui punti controversi. Le confederazioni vogliono che sia rispettata l’intesa politica raggiunta lo scorso 30 novembre, proprio alla vigilia del referendum costituzionale che poi portò alle dimissioni del governo Renzi. Un’intesa che toccava le regole ma anche l’effettiva distribuzione delle risorse finanziarie necessarie per gli aumenti contrattuali: queste risorse sono concentrate in un fondo che comprende anche altre voci come gli 80 euro per le forze dell’ordine.
LE MODIFICHE Le distanze sono ancora rilevanti. Certo, i testi che circolano hanno subito qualche modifica rispetto a quelli che nei giorni scorsi avevano irritato il fronte sindacale, in particolare su un punto delicatissimo: i criteri di assegnazione dei premi, che la norma voluta nel 2009 dall’allora ministro Brunetta (e mai concretamente applicata per il lungo congelamento della contrattazione) vincolava a gabbie percentuali rigide, saranno più flessibili e definiti nell’ambito della contrattazione. E sempre nell’ambito dei contratti saranno definite le forme di contrasto all’assenteismo di tipo seriale, quello che si annida in prossimità delle feste o dei periodi di picco lavorativo: la prima ipotesi formulata dal governo prevedeva un effetto diretto sul salario accessorio di tutti i lavoratori, in caso di scostamento di un ufficio o una struttura dai livelli medi di presenza.
Ma al di là di questi passi avanti, da parte sindacale si continua sollecitare una svolta più netta rispetto all’impostazione del decreto legislativo 150, che è appunto il cuore della riforma Brunetta. In particolare sul ruolo della contrattazione e sui limiti che ad essa vengono posti dalla legge, ad esempio con la possibilità per le amministrazioni di andare avanti da sole quando non sia stato raggiunto un accordo. Anche sulla mobilità e sui suoi criteri l’intesa è ancora da costruire.
LE POSIZIONI Così ieri la richiesta di una convocazione formale è arrivata direttamente da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil (che nel pomeriggio ha visto anche il presidente del Consiglio Gentiloni a Palazzo Chigi). «Non si intravedono quelle che devono essere le scelte fondamentali della stagione contrattuale» ha fatto notare Camusso elencando poi i punti da affrontare: «La modifica della legge Brunetta, la modifica della legge sulla Buona scuola, il primato della contrattazione». «L’intesa che noi abbiamo fatto è quella – ha concluso la leader della Cgil riferendosi all’accordo del 30 novembre – e di quella non troviamo traccia».
«Il tempo non gioca a favore dei problemi che dobbiamo risolvere – ha avvertito il segretario generale della Uil Barbagallo – non vorrei che il governo pesnsasse ad altro». Anche la Cisl, con il segretario confederale Maurizio Bernava, si richiama con forza all’intesa di fine novembre: «Sollecitiamo il ministro Madia a fare un testo unico di vera svolta, aderente all’accordo, che dia davvero spazio alla contrattazione».
Il Messaggero – 9 febbraio 2017