C’è aria di intesa fra Governo ed enti territoriali sui tre decreti correttivi della riforma Madia su partecipate, anti-assenteismo e direttori sanitari, che sono attesi al consiglio dei ministri di venerdì dopo l’ultimo confronto in calendario per domani in Conferenza Stato-Regioni e Unificata. Nel frattempo proseguono gli incontri tecnici sulla riforma del pubblico impiego, quella chiamata a rivedere premi di produttività, ruolo dei contratti nazionali e codice disciplinare dei dipendenti di Stato ed enti locali: in questo caso l’appuntamento con il primo via libera in consiglio dei ministri è in programma per la prossima settimana. Sul punto è da registrare il botta e risposta di ieri fra la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso, secondo cui l’annuncio di nuove norme sui licenziamenti all’interno del provvedimento «sembra la solita scappatoia» di un governo che «non ha proposte» e il governo.
Con la Funzione pubblica che si dice «stupita» delle accuse arrivate proprio mentre il confronto sul testo unico è alle fasi finali. I prossimi, insomma, sono i giorni chiave per l’attuazione della delega sulla Pa dopo la bordata arrivata a novembre dalla Corte costituzionale. Proprio la sentenza 251/2016 della Consulta ha imposto di ritornare a lavorare ai decreti su partecipate, direttori sanitari e anti-assenteismo. I giudici hanno infatti imposto l’«intesa», in Conferenza Stato-Regioni o in Unificata (dove sono presenti anche Comuni, Città metropolitane e Province) a seconda dei casi, invece del più semplice «parere» degli enti territoriali quando in gioco ci sono le loro competenze. La decisione ha lasciato in vigore i tre provvedimenti, esponendoli però a un rischio di nuove bocciature da superare con i correttivi.
L’intesa però non è gratis, e rappresenta per Regioni ed enti locali l’occasione per intervenire sui punti più controversi dei vari provvedimenti. Per ottenere il via libera delle Regioni è probabile una revisione del meccanismo di nomina dei direttori generali, sanitari e amministrativi: il primo decreto chiedeva ai governatori di scegliere all’interno di una rosa di tre-cinque nomi, individuati a loro volta da una commissione indipendente all’interno dell’elenco nazionale degli idonei. Il punto d’incontro, a cui si sta ancora lavorando in queste ore, manterrebbe in piedi l’idoneità nazionale lasciando però più autonomia di scelta alle Regioni, depotenziando o cancellando del tutto il sistema delle «rose».
Sulle partecipate è probabile invece l’abbassamento, da un milione a 500mila euro, della soglia di fatturato medio sotto il quale le partecipazioni devono essere alienate, insieme a un meccanismo più flessibile per evitare la condanna certa delle partecipate con più amministratori che dipendenti: due mosse che ridurrebbero il numero di mini-società da chiudere, ma che sono chieste a gran voce dagli enti locali.
Il cambio dei parametri dovrebbe far slittare anche i termini entro cui le Pa devono scrivere il piano di razionalizzazione: la questione potrebbe risolversi nei prossimi giorni con lo slittamento dei termini dal 23 marzo al 30 aprile scritto in un emendamento al Milleproroghe. Pochi ritocchi, infine, sono attesi sui licenziamenti sprint per gli assenteisti colti in flagrante (come i 18 dipendenti dell’Asl di Cosenza al centro dell’indagine comunicata ieri dalla Procura della Repubblica). (Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore)
8 febbraio 2017