di Stefano Simonetti, dal Sole 24 Ore sanità. La legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 è la legge di bilancio per il 2017. Il provvedimento è entrato in vigore il 1° gennaio 2017 e i suoi contenuti non si discostano sostanzialmente da quelli conosciuti fin dal mese di ottobre. La grande novità di quest’anno non è tanto che la legge in questione cambia denominazione passando da “legge di stabilità” (la vecchia “finanziaria”) a “legge di bilancio” in applicazione della legge 163/2016, quanto la data di adozione che non è mai stata così anticipata rispetto alla fine dell’anno. Questa circostanza è dovuta, come è noto, alle vicende convulse dei primi giorni di dicembre che hanno portato alla caduta del Governo Renzi. Di conseguenza è stata anticipata l’approvazione e il Senato non ha potuto presentare emendamenti sul testo uscito dalla Camera, dal momento che è stata posta la questione di fiducia.
Tuttavia, nel corso del passaggio della legge di Stabilità al Senato dovevano essere aggiunti diversi interventi, compresi alcuni relativi alla sanità, che quindi sono rimasti fuori dalla manovra finanziaria.
Anche quest’anno non è stato possibile superare l’assurda tradizione del passato di avere una legge fatta di un solo articolo con centinaia commi (questa volta sono 638). In realtà gli articoli sono 19 per via della nuova natura della legge di stabilità ma quelli dopo l’articolo 1 costituiscono la parte tecnica non sottoposta al voto di fiducia.
Nella prima parte del provvedimento è possibile rinvenire alcune disposizioni che interessano il personale della sanità: la cosiddetta Ape (anticipo pensionistico) sociale che interesserà il personale infermieristico (comma 179), la cancellazione definitiva delle penalizzazioni per chi va in pensione anticipata prima dei 62 anni (comma 194), la proroga della cosiddetta Opzione donna (commi 223-225), la proroga della monetizzazione del congedo parentale (comma 356) e, infine, le misure per la famiglia, cioè il premio alla nascita di 800 euro (comma 353), il congedo obbligatorio di due giorni per il padre lavoratore (comma 354) e il buono nido di 1.000 euro annui (comma 355). Le tre disposizioni hanno una platea molto diversificata, visto che il beneficio previsto dalla prima e dalla terza disposizione interessa tutti i lavoratori pubblici e privati, mentre la seconda soltanto quelli privati.
Nei commi 364 e seguenti si tratta del pubblico impiego, con un argomento di grande impatto come quello dei rinnovi contrattuali. Il comma 365, ricalcando lo schema dell’ultima legge di stabilità, provvede a stanziare un “Fondo per il pubblico impiego” pari a 1.480 ml di euro per il 2017 che, sommati ai 300 dello scorso anno, non danno, in ogni caso, l’importo di 85 euro medi procapite annunciato nel Protocollo del 30 novembre. Inoltre questa volta tra i destinatari ci sono anche i dipendenti in regime di diritto pubblico. Rispetto agli importi previsti nella disposizione legislativa la ripartizione e la loro reale esigibilità sono ancora indistinti e aleatori perché nei confronti delle amministrazioni statali non tutti i 1.480 ml sono destinati ai rinnovi dato che la lettera b) della norma prevede “anche” assunzioni volte a fronteggiare indifferibili esigenze e la successiva lettera c) interventi a favore di polizia, forestale e vigili del fuoco.
Sarà pertanto il Dpcm che dovrà essere adottato entro il 30 marzo 2017 a ripartire l’importo tra rinnovi e assunzioni. Per sanità e autonomie locali il comma 367 stabilisce che il medesimo Dpcm (o un altro, visto che la norma dice “uno o più decreti”), come per il 2016, provvederà a fissare le risorse in modo analogo alle amministrazioni che gravano sul bilancio dello Stato.
All’ultimo minuto è stato introdotto un emendamento concernente la rituale proroga della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici (comma 368). Sembra una norma di semplice applicazione ma, quanto meno in sanità, ha portato e continuerà a portare una grande confusione. La problematica dello scorrimento delle graduatorie da parte delle aziende sanitarie è molto complessa soprattutto in ordine all’applicazione o meno delle norme che nel tempo hanno prorogato la validità delle graduatorie – l’ultima, prima della legge 232, era fino al 31 dicembre 2016. Esistono molti comportamenti difformi e ci sono regioni che hanno dato disposizioni per l’utilizzazione delle graduatorie in proroga (Veneto) e regioni che hanno sancito la durata triennale senza proroghe (Lombardia). Sulla materia esiste anche la circolare del ministero della Salute (Dgoprof 0059636-P-023/12/2015) con oggetto «Scorrimento graduatorie concorsuali vigenti».
A prescindere dalla dubbia abilitazione del ministero a entrare nel merito di argomenti di organizzazione di competenza regionale, resta il fatto che la circolare citata quando parla di «proprie graduatorie ancora valide» non entra nel merito della questione sopra rappresentata, cioè cosa significhi la locuzione «relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni», che è la vera chiave di volta per l’interpretazione della norma.
Il lunghissimo articolo 60 della bozza di articolato iniziale è stato spacchettato in 20 commi (382-412) e tratta della spesa del Ssn. Dopo disposizioni sugli acquisti, sulla nuova definizione di disavanzo e sulla sanità digitale, si arriva ai commi 392-394 per parlare di finanziamento. Ai sensi del comma 392, per il 2017 il finanziamento del fabbisogno resta fissato a 113 miliardi dei quali però 1.000 sono destinati secondo il successivo comma 393 a specifiche finalità, indicate nei commi 400, 4015, 408 e 409: si tratta di 325 ml per medicinali innovativi, 500 ml per medicinali oncologi innovativi, 100 ml per vaccini e, infine, 75 ml per «gli oneri derivanti dal processo di assunzione e stabilizzazione del personale del Ssn».
Siamo, quindi, arrivati al punto nodale della questione: come si potranno assumere i 4.000 infermieri e 3.000 medici annunciati in tutte le sedi? È vero che questi spiccioli sono soltanto un «concorso al rimborso alle regioni per gli oneri derivanti dai processi di assunzione» ma millantare migliaia di assunzioni non è serio.
Di sicuro sarà assai arduo con questa norma che è certamente, meno vaga di quella della scorsa legge di stabilità – ma ci voleva veramente poco – ma è facile calcolare quante assunzioni potranno essere realisticamente effettuate con 75 milioni di euro.
Mantenendo la proporzione tra i due profili, si tratta di circa 500 medici e poco più di 1.200 infermieri: in pratica otto per ciascuna azienda sanitaria. Inoltre la legge di bilancio afferma esplicitamente che lo stanziamento avviene nel rispetto dei commi 541 e 543 della legge 208/2015 e, cioè, nell’ambito di quelle “procedure straordinarie” riservate a medici, infermieri e personale “tecnico-professionale”, dizione quest’ultima che non corrisponde ad alcun profilo specifico.
Poiché il finanziamento è destinato, come si diceva, al “processo di assunzione e stabilizzazione” e i fantomatici concorsi straordinari possono riservare fino al 50% dei posti a soggetti già in servizio, è agevole concludere che – al netto dei costi già a carico dei bilanci delle aziende per altre tipologie contrattuali – di risorse realmente “fresche” se ne trovano veramente poche, certamente insufficienti per il turn-over e per fronteggiare la questione orari e riposi. Il comma 395 reintroduce la possibilità che un presidente di Regione venga nominato commissario ad acta della propria amministrazione in caso di piano di rientro, il comma 410 consente agli Irccs e agli Izs di derogare al divieto posto dall’articolo 2, comma 4, del Dlgs 81/2015 per il personale precario della ricerca.
La norma ha finalità lodevoli ma, a mio parere, non è stato fatto un favore a quegli Istituti. Infatti neanche una legge ordinaria può prorogare oltre i trentasei mesi i contratti a tempo determinato perché lo vieta tassativamente la normativa europea e sono già numerose le sentenze di giudici italiani che condannano le amministrazioni al risarcimento dei danni subiti dai lavoratori precari che restano tali dopo i tre anni.
Infine con il comma 412 – cosiddetto emendamento Gelli – viene prevista una specifica finalizzazione per gli oneri per la «copertura degli oneri per i rinnovi contrattuali del personale dipendente e convenzionato». La disposizione non vuole dire sostanzialmente nulla anche perché non tocca minimamente l’aspetto più misterioso che resta quello di capire se gli oneri contrattuali sono ricompresi nell’importo di 113 miliardi – e allora saranno guai – o se restano al di fuori (ma in tal caso dovrà essere pur scritto formalmente da qualche parte).
Stefano Simonetti – Il Sole 24 Ore sanità – 7 febbraio 2017