L’avvio della stagione contrattuale nelle Pubbliche amministrazioni si incrocia con l’approvazione del Testo Unico che rappresenta una precondizione per il decollo dei tavoli negoziali. Ma non si parte da zero. Alcuni importanti punti fermi sono stati fissati nell’accordo dello scorso 30 novembre tra governo e sindacati che, tra l’altro, ha previsto il superamento della legge Brunetta con il ripristino del primato della contrattazione sulla legge – nel rapporto tra le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro -, superando le fasce di premialità introdotte nel 2009 e fissando in 85 euro l’aumento medio contrattuale a regime. Dopo sette anni di blocco dei contratti, per avviare i tavoli all’Aran si attendono gli atti di indirizzo, le linee guida che la Funzione pubblica dovrà inviare ai quattro comparti (Pa centrale, scuola-università, sanità e regioni e autonomie locali). Ma restano alcune incognite sulle coperture economiche.
Per il 2017 con la legge di Bilancio sono disponibili circa 1,5 miliardi per pagare aumenti medi tra 35 e 40 euro ai dipendenti pubblici, mentre 1,9 sono i miliardi assegnati per il 2018. Si è in attesa di un Dpcm che dovrebbe “spacchettare” il Fondo per la Pa, visto che le risorse assegnate con la legge di Bilancio dovranno servire non solo a coprire gli aumenti contrattuali, ma anche per il bonus da 80 euro per militari e forze dell’ordine, per il riordino delle loro carriere, e per le nuove assunzioni. Anche su questo interviene l’accordo del 30 novembre, indicando che la quota prevalente delle risorse dovrà andare ai rinnovi contrattuali. Il problema è che gli 1,9 miliardi stanziati per il 2018 non bastano per coprire l’impegno preso dal governo sugli aumenti da 85 euro. A ciò si aggiungano le partite aperte nella sanità – la copertura delle spese aggiuntive nel Fondo sanitario nazionale – e negli enti locali, alle prese con diffuse situazioni di dissesto.
Ma i margini sono molto ridotti per il governo, alle prese con la risposta da dare a Bruxelles – per far quadrare i conti è chiesta una correzione da 3,4 miliardi-, alla ricerca di 19,6 miliardi per disinnescare l’aumento dell’Iva. Questo preoccupa i sindacati che sollecitano l’invio degli atti di indirizzo e un confronto sulle risorse finanziarie previste dalla legge di bilancio e per gli altri settori (sanità, enti locali). Nell’accordo del 30 novembre le parti si sono anche impegnate a riprendere il confronto su malattie, congedi e permessi nel pubblico impiego. E ad individuare, con cadenza periodica, criteri e indicatori per misurare l’efficacia delle prestazioni delle amministrazioni e la produttività, con misure contrattuali per incentivare «più elevati tassi medi di presenza». Si prevede, inoltre, l’introduzione di forme di welfare contrattuale con misure che integrano e implementano le prestazioni pubbliche, una fiscalità di vantaggio, il salario di produttività, lo sviluppo della previdenza complementare.
Il Sole 24 Ore – 29 gennaio 2017