La richiesta commerciale di prodotti freschi, accattivanti, sicuri, pronti all’uso e a lunga shelf life implica la necessità di migliorare i metodi di confezionamento e conservazione dei prodotti. Il confezionamento in MAP (Modified Atmosphere Packaging) è una tecnica ormai utilizzata in vari settori alimentari che consente di prolungare sensibilmente la vita commerciale dei prodotti. L’efficacia del confezionamento in MAP è conosciuta fin dalla fine degli anni ’20, ma come metodo di confezionamento non è stato utilizzato commercialmente in Europa prima degli anni ’70. Da un punto di vista storico va ricordato che questa tecnica è stata utilizzata nel 1930 nelle celle delle navi per il trasporto delle carni bovine e ovine dall’Australia e dalla Nuova Zelanda al Regno Unito. È stata poi successivamente applicata anche per l’immagazzinaggio di frutta fresca.
Il confezionamento in MAP associato alla refrigerazione presenta numerosi vantaggi perché estende la shelf life del prodotto riducendo la perdita economica e permette al prodotto di essere trasportato anche a lunga distanza ed essere facilmente esposto per la commercializzazione e la vendita.
Esso consiste nell’estrazione dei gas atmosferici presenti nelle confezioni e la sostituzione degli stessi con premiscele studiate appositamente per stabilizzare e conservare più a lungo il prodotto. L’aria dell’atmosfera con la quale gli alimenti sono a contatto ha la seguente composizione:
Azoto | 78,08 vol. |
Ossigeno | 20,95 vol. |
Argon | 0,93 vol. |
Anidride carbonica | 0,038 vol. |
Acqua | Varia in relazione al tasso di umidità |
Altri gas: neon, elio, metano, Kripton, Idrogeno, Biossido di azoto, Xenon |
Variando opportunamente la composizione percentuale di questi gas è possibile prolungare la shelf life e quindi la vita commerciale dei prodotti alimentari.
La grande distribuzione guarda con particolare interesse a questo sistema di packaging perché consente di poter offrire alla clientela prodotti freschi ready to cook e prodotti cotti ready to eat con shelf life di gran lunga superiore a quella realizzata con altri sistemi di confezionamento.
La produzione viene di norma realizzata in stabilimenti con riconoscimento comunitario rispondenti a precisi requisiti strutturali e igienico sanitari, nel rispetto delle norme igieniche e della catena del freddo lungo tutta la filiera produttiva e avendo cura di ridurre al minimo le contaminazioni crociate.
La degradazione di un prodotto confezionato dipende dalla microflora endogena presente sul prodotto, dalla lavorazione, dal tipo di confezionamento e dalla temperatura di stoccaggio. Il confezionamento in atmosfera protettiva consente di bloccare lo sviluppo microbico, rallentare i processi degradativi, ridurre le alterazioni enzimatiche e mantenere le proprietà sensoriali del prodotto prolungando così la sua vita commerciale senza ricorrere all’aggiunta di additivi o altri sistemi di conservazione che comunque avrebbero effetti negativi sulle caratteristiche qualitative dell’alimento. È opportuno partire da prodotti con caratteristiche qualitative e microbiologiche ineccepibili poiché questo sistema di conservazione non è in grado di influenzare lo status originale dell’alimento e non rappresenta un metodo di risanamento o di miglioramento qualitativo. Contribuisce invece a mantenere più a lungo inalterate le caratteristiche sensoriali e organolettiche.
È una tecnologia molto versatile che si adatta perfettamente ai diversi tipi di alimenti, ovviamente modificando la composizione dei gas che vengono introdotti nella confezione, in rapporto alla composizione e alle caratteristiche qualitative del prodotto che si desidera confezionare. È un metodo di confezionamento che sicuramente ha dei costi molto più elevati rispetto ai metodi tradizionali (costo dei gas, del materiale di confezionamento, delle macchine, degli impianti e della gestione di controllo molto più complessa e capillare), ma che comunque viene accettato dalla grande distribuzione e dall’utenza per il valore aggiunto del prodotto finito.
I gas impiegati
La scelta dei gas che vengono impiegati è strettamente correlata con il tipo di alimento che si intende confezionare: è necessario valutare le interazioni che si instaurano tra i gas, l’alimento e i materiali di imballaggio.
Il Reg 1333/08 e il Reg. 1129/11 individuano i 7 gas che possono essere utilizzati per confezionare i prodotti alimentari in atmosfera protettiva: ossigeno, azoto, anidride carbonica, argon, elio, protossido di azoto e idrogeno. Gli stessi Regolamenti inquadrano suddetti gas tra gli additivi, senza tuttavia l’obbligo di dichiararli in etichetta. Questo viene ribadito anche dal Reg.1169/11 all’allegato III: è sufficiente indicare “prodotto confezionato in atmosfera protettiva”. La normativa non stabilisce una quantità massima di impiego e pertanto possono essere utilizzati senza alcuna limitazione.
I gas che vengono forniti devono rispondere agli standard di qualità e ai criteri di purezza definiti dal Reg. 231/2012. In genere le aziende fornitrici sono certificate FSSC 22.000:2010.
I gas vengono forniti in bombole o in pacchi bombole che hanno una pressione di circa 200 atmosfere. Attraverso un primo riduttore la pressione viene portata a circa 50 atmosfere e successivamente con un altro riduttore a 13/15 atmosfere che è la pressione che si trova nelle condutture collegate con il miscelatore. Dal miscelatore i gas escono a una pressione di 5 atmosfere. La macchina confezionatrice lavora a una pressione di 0,2- 0,5 bar.
È fondamentale verificare con analizzatore dei gas, prima dell’inizio del confezionamento, che la composizione della miscela sia corretta come pure la percentuale dei singoli gas. Analogo intervento deve essere effettuato anche sui prodotti già confezionati per valutare eventuali modifiche della composizione in relazione a fenomeni di assorbimento dei gas da parte dell’alimento. Il rapporto gas alimento deve essere di tre a uno.
Molta attenzione deve essere posta dagli operatori durante le fasi di cambio della miscela tra una produzione e la successiva per evitare grossolani errori. Il polmone del miscelatore e della macchina confezionatrice devono essere svuotati completamente e poi riempiti con la nuova miscela.
Di seguito vengono analizzate le principali caratteristiche dei gas che vengono impiegati nel settore ittico.
L’anidride carbonica (E 290) ha un effetto batteriostatico molto importante. Anche concentrazioni del 5% sono in grado di inibire, sia pur parzialmente, lo sviluppo di un’ampia gamma di microrganismi; ovviamente per avere risultati più marcati è necessario arrivare a concentrazioni dell’ordine del 30-40%. Lieviti, germi aerobi stretti e muffe sono sensibili a questo gas che esercita un efficace effetto batteriostatico. Analogo effetto viene esercitato anche sui batteri che, attraverso processi di decarbossilazione, portano alla formazione nei prodotti ittici di ammine biogene tipo istamina, putrescina, cadaverina, tiramina e spermina spesso responsabili di intossicazioni alimentari.
Va sottolineato però che l’azione batteriostatica dell’anidride carbonica non vale per tutti i microrganismi ad esempio i batteri lattici, gli stafilococchi, i clostridi, i germi anaerobi sviluppano bene in presenza di CO2 e basse concentrazioni di O2. Alcuni batteri riscontrati sul pesce sono in grado di tollerare alti livelli di anidride carbonica: Photobacterium phosphoreum, i batteri lattici, Carnobacterium maltaromaticum in particolare, sono capaci di crescere in presenza di CO2 e sono implicati nel deterioramento del pesce confezionato in MAP. L’effetto batteriostatico della CO2 è influenzato in maniera significativa dalla temperatura di conservazione dell’alimento. Infatti temperature di refrigerazione prossime a 0°C aumentano la solubilità della CO2 nell’acqua e nei liquidi dell’alimento: minore è la temperatura utilizzata, maggiore è il tasso di assorbimento di CO2 osservato nei tessuti dei pesci. Si ha come conseguenza da un lato un collasso della confezione per la riduzione della pressione di CO2 e dall’altro una maggiore perdita di acqua dell’alimento per una attenuazione dei legami intrinseci tra l’acqua e i filamenti proteici. Questo è particolarmente evidente nel pesce e nella carne. Per ovviare a questi effetti negativi è opportuno non superare determinate concentrazioni di CO2 da un lato e dall’altro aggiungere alla miscela gas di azoto che ha come unico risultato quello di evitare il collasso della confezione e stabilizzare il prodotto.
L’effetto inibitorio sullo sviluppo microbico della CO2 si mantiene anche dopo l’apertura della confezione poiché la stessa è disciolta nell’alimento e impiega un certo periodo di tempo prima di dissociarsi dallo stesso.
L’effetto batteriostatico della CO2 è legato anche alla sua reazione con l’acqua presente nell’alimento che porta alla formazione di acido carbonico con conseguente abbassamento del pH a tutto vantaggio della stabilità del prodotto.
L’ogiva delle bombole di Anidride Carbonica sono identificate da un colore grigio.
L’ossigeno (E 948) viene impiegato nel confezionamento in atmosfera protettiva per mantenere il colore rosso vivo delle carni e del pesce o per consentire la “respirazione” dei vegetali. L’unione dell’O2 con la mioglobina porta alla formazione della ossi-mioglobina di colore rosso vivo.
L’ossigeno viene impiegato anche per prolungare la shelf life dei molluschi bivalvi vongole confezionati in ATM.
A parte questi casi, in via generale si tende a mantenere basso il livello di O2 per inibire la crescita dei germi aerobi e aerobi facoltativi e per evitare i processi ossidativi e di irrancidimento dei grassi. Questo fenomeno è particolarmente frequente nei prodotti ittici ricchi di acidi grassi polinsaturi come salmone, sgombro, tonno etc. dove si innesca una reazione che porta alla formazione di aldeidi e chetoni che conferiscono al prodotto il caratteristico odore di rancido. Di conseguenza è importante valutare attentamente le caratteristiche chimiche dei prodotti che vengono confezionati e soprattutto non introdurre mai dosaggi troppo elevati.
L’ogiva delle bombole di Ossigeno sono identificate da un colore bianco.
Requisiti di legge e di purezza del O2 alimentare E 948 | |
Tenore non meno del | ? 99 % |
THC (calcolato come CH4) | ? 100 µl/l |
H2O | ? 0,05 % |
L’azoto (E 941) è un gas inerte, incolore e insapore che ha una bassa solubilità in acqua e nei lipidi. In genere non reagisce con gli alimenti con i quali viene a contatto. È utilizzato con la funzione di riempimento delle confezioni, mantenendo inalterata la forma e impedendo lo schiacciamento e il collasso del film plastico.
Ha anche una importante azione di protezione dell’alimento dall’ossigeno presente nella confezione rallentando così i processi di irrancidimento. Sembra avere anche una azione inibente sugli enzimi proteolitici responsabili della degradazione delle proteine con conseguente comparsa di fenomeni essudativi.
L’ogiva delle bombole di Azoto sono identificate da un colore nero.
Requisiti di legge e di purezza del N2 alimentare E 941 | |
Titolo | ? 99 % |
THC (calcolato come CH4) | ? 100 µl/l |
H2O | ? 0,05 % |
NO2 | ? 1% µl/l |
O2 | ? 1 % |
Ossido di carbonio | ? 10 µl/l |
Protossido di azoto (E 942) a temperatura e pressione ambiente è un gas incolore, di odore dolciastro, non infiammabile.
Nell’industria alimentare viene impiegato come propellente nelle confezioni di prodotti alimentari spray (panna montata).
Nel confezionamento dei prodotti ortofrutticoli viene utilizzato per limitare l’imbrunimento enzimatico specie nelle mele.
Nel settore ittico il protossido d’azoto, in via sperimentale, in associazione con l’ossigeno contribuisce a mantenere più a lungo la brillantezza dei prodotti e in determinate specie più sensibili, ritarda il viraggio di colore.
L’ogiva delle bombole di protossido di azoto sono identificate da un colore blu.
Requisiti di legge e di purezza del N2O alimentare E 942 | |
Titolo | ? 99 % |
Acqua | ? 0,05 % |
Ossido di carbonio | ? 30 µl/l |
Biossido di azoto e ossido di azoto | ? 10 µl/l |
Argon (E 938) è un gas inerte, incolore, inodore, non infiammabile, e svolge le stesse funzioni dell’azoto: evita il collassamento della confezione e ostacola il legame dell’O2 con l’alimento.
L’ogiva delle bombole di Argon sono identificate da un colore verde scuro.
Requisiti di legge e di purezza del Ar alimentare E 938 | |
Titolo | ? 99 % |
Acqua | ? 0,05 % |
Metano CH4 e altri idrocarburi | ? 100 µl/l |
L’etichettatura dei gas
Il Reg. 1333/08 prevede che i gas impiegati come additivi alimentari devono riportare in etichetta le seguenti indicazioni:
- Produttore;
- Stabilimento produttore;
- Denominazione commerciale;
- Per alimenti;
- Lotto;
- Scadenza;
- Capacità geometrica;
- Quantità contenuta;
- Composizione in ordine decrescente;
- Indicazioni di corretta conservazione.
Oltre a queste indicazioni troviamo anche un’altra etichetta definita ADR che è disciplinata dalla Legge 1839/62 e successive modifiche che riporta:
- Denominazione del gas;
- Composizione del gas;
- Nome indirizzo e numero di telefono del fabbricante o del distributore;
- Simbolo di pericolo;
- Frasi di rischio e consigli di prudenza;
- Numero CE, numero ONU.
La rintracciabilità dei gas
Gli operatori del Settore alimentare che producono alimenti in ATM hanno l’obbligo di conservare tutta la documentazione necessaria alla rintracciabilità dei gas che vengono impiegati alfine di poter assolvere agli obblighi previsti dal Reg. 178/2002: “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento… attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.
L’Osa deve essere in grado nelle situazioni di pericolo di attuare le misure di ritiro, richiamo del prodotto potenzialmente dannoso dal mercato. La rintracciabilità è garantita se l’Osa è in grado di risalire all’anello precedente (cioè chi ha fornito nel caso specifico il gas) e a quello successivo (a chi sono state fornite le vaschette prodotte con quel gas).
La scelta della miscela nei prodotti ittici
La scelta delle percentuali dei singoli gas rappresenta la fase più critica e presuppone una conoscenza approfondita delle interazioni che si possono instaurare tra l’alimento e la miscela e gli effetti che questa ha sul prodotto alimentare. È necessario effettuare studi specifici sui singoli prodotti coadiuvati anche da esperti del settore.
Per quanto riguarda i prodotti ittici dobbiamo fare alcune considerazioni. Sono prodotti altamente deperibili infatti hanno un elevato contenuto in acqua, sono ricchi di sostanze proteiche e azotate, hanno un pH prossimo alla neutralità e le masse muscolari sono prive di aponeurosi connettivali di delimitazione: tutti questi fattori favoriscono la moltiplicazione batterica e la rapida alterazione del prodotto.
È opportuno sottolineare che l’atmosfera protettiva non migliora le caratteristiche microbiologiche dell’alimento ma rappresenta semplicemente una tecnica per rallentare la moltiplicazione batterica. Pertanto è fondamentale confezionare soltanto prodotti ittici (filetti, hamburger, prodotti eviscerati, spiedini etc.) con cariche microbiche molto basse. Alcune aziende in questi ultimi anni, in questa ottica, hanno introdotto dei sistemi di lavaggio dei prodotti ittici pronti per il confezionamento con ozono per raggiungere risultati migliori. Si è visto che adottando questa tecnica si riesce ad abbassare notevolmente la carica microbica e di conseguenza prolungare sensibilmente la vita commerciale del prodotto.
Altro aspetto che deve essere considerato è la composizione e le caratteristiche dei pesci che si intendono confezionare: grassi, semigrassi, magri; con carni bianche o rosse; con masse muscolari toniche o flaccide, con tenore di acqua elevato oppure più moderato etc. Sulla base di queste variabili viene fatta la scelta della miscela dei gas. A volte una specie ittica e/o preparati a base di pesce possono rientrare sulla base dei suddetti parametri in più categorie per cui la scelta della miscela può risultare piuttosto difficoltosa; è opportuno fare delle valutazioni sulla base di specifiche sperimentazioni e di conoscenze acquisite nel tempo. In via generale le miscele utilizzate nei prodotti ittici possono essere così inquadrate:
Pesci grassi, affumicati, decongelati, crostacei | |
Sgombro, anguilla, salmone, moscardino, totano, ciuffi di calamaro e di totano, seppia polpo, gamberi…. | |
N2 | CO2 |
40-70% | 30-60% |
Pesci con carni rosse | ||
Salmone, filetti di trota salmonata, tonno, pesce spada, filetto di pangasio,
filetti di sardina, filetto di triglia….. |
||
O2 | N2 | CO2 |
20-30% | 40% | 30-40% |
Pesci con carni bianche | ||
Seppia, merluzzo, S. Pietro, Halibut, orata, branzino, filetto di orata, filetto di branzino, filetto persico….. | ||
O2 | N2 | CO2 |
20-30% | 30% | 40-50% |
Molluschi bivalvi vivi vongole | |
O2 | N2 |
50-80% | 20-50% |
Molluschi bivalvi vivi mitili | |
CO2 | N2 |
60-70% | 30-40% |
I materiali di confezionamento dei prodotti ittici
Per il confezionamento in atmosfera protettiva vengono impiegati film plastici e vaschette in materiale plastico multistrato in polipropilene (PP) e/o polietilene metallizzato ad “alta barriera” (HDPE). Per soddisfare condizioni così restrittive, molto spesso vengono accoppiati materiali con caratteristiche barriera diversa. Possono essere impiegati anche vaschette in cloruro di polivinile (PVC), polistirene (PS), poliammide (PA) e polietilene a bassa densità (LDPE).
Il film plastico, impiegato, deve possedere proprietà “Antifog”. Tale caratteristica diminuisce la tensione superficiale delle goccioline che si creano nella confezione a seguito degli sbalzi termici; aggregandole in gocce più grosse che impediscono l’appannamento della pellicola. Tale azione risulta essenziale al fine di garantire, al consumatore finale una nitida visibilità del prodotto.
Il materiale di confezionamento deve presentare determinate caratteristiche: buona resistenza alle sollecitazioni meccaniche, buona impermeabilità ai gas ed al vapore acqueo ed innocuità per il consumatore.
Il packaging ha la funzione di proteggere il prodotto, in esso contenuto, dagli improvvisi urti e sbalzi temici. In particolare per i prodotti ittici è di fondamentale importanza che la confezione ceda all’ambiente esterno ridotte quantità di vapore acqueo per evitare l’eccessiva disidratazione dell’alimento. E’ indispensabile, inoltre, che il contenitore non ceda al prodotto odori e sapori sgradevoli nonché sostanze potenzialmente pericolose per il consumatore.
La produzione del packaging deve avvenire nel rispetto delle disposizioni normative in materia e nello specifico il Reg. n. 1935/04, il Reg. n. 2023/06 sulle buone pratiche di fabbricazione e il Reg. n. 10/2011. Il produttore deve eseguire prove di migrazione globale con liquidi simulanti e prove di migrazione specifica per i metalli (bario, cobalto, manganese, zinco, rame, ferro e litio) e ammine aromatiche primarie (viene utilizzato come simulante l’acido acetico).
L’idoneità dell’imballaggio primario risulta validata quando gli additivi alimentari ed i coadiuvanti tecnologici impiegati nelle diverse prove sono conformi ai limiti di migrazione previsti dalla legislazione vigente, mantenendo stabili ed inalterate le caratteristiche organolettiche dell’alimento.
La crescente richiesta, da parte della GDO, di prodotti pronti a cuocere e pronti al consumo ha portato l’industria del packaging ad un continuo miglioramento ed innovazioni sulle performance dei materiali utilizzati.
Oggi vengono proposti vassoi adatti alla cottura ed al riscaldamento sia in forno convenzionale sia in forno a microonde; gli stessi vassoi possono poi essere posti per la conservazione del prodotto in celle di congelamento e a – 40°C.
Altra proposta innovativa per il confezionamento dei molluschi cefalopodi decongelati e di altri prodotti ittici con elevate quantità di acqua sono i vassoi con microcelle sul fondo che mediante interazioni elettrostatiche trattengono l’acqua in eccesso. Si può dunque affermare che, tali apporti tecnologici concorrano alla creazione di un prodotto ittico confezionato ad alto contenuto di servizio.
Il Reg. 1935/04 prevede che i produttori di MCA sono tenuti a definire un sistema di rintracciabilità dei propri prodotti. Tutti gli operatori del Settore devono pertanto applicare dei sistemi e delle procedure che garantiscano una agevole identificazione del materiale di imballaggio al fine di gestire rapidamente ed efficacemente il ritiro/richiamo in caso di pericolo per la salute del consumatore. Ovviamente questa garanzia di rintracciabilità deve essere garantita lungo tutta la filiera produttiva.
Parametri che vengono valutati nella scelta dei materiali di confezionamento |
Ø Compatibilità con l’alimento |
Ø Resistenza alla rottura |
Ø Permeabilità ai gas e al vapore acqueo |
Ø Trasparenza |
Ø Proprietà antifog |
Ø Non cedere sostanze chimiche, odori, sapori all’alimento |
Ø Resistere alle temperature per le quali è destinato |
Le macchine per il confezionamento
Il confezionamento in ATM viene fatto con macchine che nella fase iniziale creano il vuoto all’interno della confezione aspirando completamente i gas atmosferici e nella fase successiva immettono la miscela dei gas opportunamente dosata (flushing). Le macchine possono essere di tipo a campana e a termosaldatura. Il principio di funzionamento è lo stesso; la differenza è legata alla confezione, nel primo caso è costituita da un sacchetto, nel secondo da una vaschetta che viene termosaldata con un film plastico. Le macchine per i prodotti ittici sono di tipo orizzontale e consentono di avere una elevata produzione in tempi brevi.
Livello di rischio istamina nei prodotti confezionati in ATM
La produzione di istamina nei prodotti ittici confezionati in ATM è strettamente correlata con tre fattori:
- La temperatura di conservazione;
- La concentrazione di CO2;
- La shelf life del prodotto.
Questi dati emergono da una ricerca effettuata dall’EFSA e pubblicata sul Journal 2015. Nello specifico è stato osservato che 100 ppm di istamina possono esser raggiunti nei prodotti della pesca ricchi di istidina in tre differenti situazioni:
- Temperatura di conservazione di 3°C con una concentrazione di CO2 pari a 0% e una shelf life di 6 giorni;
- Lo stesso risultato può essere raggiunto in 7 giorni con una temperatura di conservazione sempre di 3°C, ma con una concentrazione di CO2 del 20%;
- Infine si è visto che mantenendo costante la temperatura e aumentando la concentrazione di CO2 al 40% si ha la formazione di 100 ppm di istamina dopo 8 giorni.
Questi dati dimostrano in maniera inequivocabile che la formazione di istamina è strettamente correlata con la concentrazione di CO2.
Altre prove hanno messo in evidenza che aumentando la temperatura di conservazione del prodotto aumenta sensibilmente il rischio di formazione di istamina che come sappiamo rappresenta una delle principali forme di allarme alimentare nel pesce. Tonno, sardine, sgombri, acciughe sono le specie più a rischio. Nella UE l’intossicazione da istamina è una delle più comuni malattie alimentari da consumo di prodotti ittici. Nel 2013 si sono verificati 42 focolai che hanno coinvolto 231 persone, anche se probabilmente il numero è di gran lunga superiore poiché molti casi non vengono segnalati.
I prodotti ittici con livelli elevati di istamina non necessariamente si presentano alterati o in cattivo stato di conservazione o con odori sgradevoli: questa rappresenta una ulteriore difficoltà da un punto di vista ispettivo.
Da un punto di vista clinico i sintomi nell’uomo sono: formicolio, bruciore in gola, mal di testa, giramenti, comparsa di eruzioni cutanee e nei casi più gravi shock anafilattico e collasso cardiocircolatorio.
La cottura, il congelamento e l’inscatolamento non sono in grado di distruggere l’istamina dopo che si è formata. L’istamina resiste a una temperatura di 116°C per 90 minuti.
Vantaggi dei prodotti ittici confezionati in Map
- Prolungamento della shelf life;
- Mantenimento più a lungo delle caratteristiche qualitative e nutrizionali;
- Riduzione dei conservanti e additivi;
- Miglioramento delle modalità di presentazione dei prodotti e del livello di igiene; maggiore attrazione e soddisfazione del cliente;
- Possibilità di avere confezioni a libero servizio e di presentare prodotti ready to cook e ready to eat;
- Eliminazione del calo peso e degli scarti;
- Migliore standardizzazione e programmazione della produzione;
- Maggiori garanzie igienico sanitarie in fase di vendita.
Criticità dei prodotti ittici confezionati in Map
- Costi più elevati legati alle macchine, agli impianti, alle attrezzature, ai materiali di confezionamento e ai gas;
- Aumento sensibile dei volumi dei prodotti confezionati in Map nelle fasi di produzione, magazzinaggio, trasporto, distribuzione e vendita;
- Maggiori carichi di lavoro legati ad aspetti gestionali e di processo (controllo delle miscele, della temperatura del prodotto e degli ambienti di lavorazione, degli imballaggi….);
- Rischi sanitari (sviluppo di cariche microbiche elevate; proliferazioni di germi patogeni; produzione di istamina) legati al mancato rispetto della temperatura di conservazione del prodotto, poiché a volte gli operatori e i consumatori non attribuiscono molta importanza al rispetto della temperatura per i prodotti confezionati in ATM.
Alcuni studi inerenti il MAP
Molti batteri alteranti, responsabili di odori e sapori sgradevoli, si possono sviluppare in particolari condizioni di stoccaggio contribuendo al deterioramento del pesce. Composti con odore caratteristico di trimetilammina, azoto volatile, composti solforici, aldeidi, chetoni ed esteri sono prodotti da vari microorganismi durante la degradazione del pesce.
Il deterioramento non dipende solo dall’alto livello di contaminazione, ma anche da quali microrganismi sono presenti sul prodotto. Infatti la microflora è fatta da microrganismi che contribuiscono attivamente al deterioramento, chiamati SSO (Specific Spoilage Organisms) e microrganismi che si possono replicare senza intaccare la qualità sensoriale.
Per esempio nel confezionamento aerobico, Shewanella putrefaciens è stata riconosciuta come un potenziale SSO per la sua capacità di ridurre l’ossido di trimetilammina ad ammina. Nei pesci provenienti dalle acque del Mar Mediterraneo, Pseudomonas spp. è tra i batteri più coinvolti nella degradazione del pesce. Lo stoccaggio a bassa temperatura e il confezionamento in atmosfera modificata con CO2 e N2, sono due metodi che vengono utilizzati per limitare la crescita batterica e aumentare la shelf life dei prodotti della pesca. È noto che la crescita e l’attività dei microrganismi SSO è influenzata dalla temperatura e dal tipo di confezionamento. Il confezionamento in MAP, non solo prolunga la vita commerciale dei prodotti della pesca, ma influenza anche la crescita dei batteri presenti. Nello studio di Parlapani et al. (2014) la shelf life di filetti di orata confezionati in MAP è stata di 18 giorni a 0°C e 8 giorni a 5°C, mentre a 15°C la shelf life è risultata uguale sia per il confezionamento in aria atmosferica che in MAP (2 giorni). Pseudomonas spp. è stata riscontrata tra i microrganismi predominanti sia nelle confezioni con aria che in MAP; la carica riscontrata aumentava all’aumentare della temperatura di stoccaggio. Il confezionamento in MAP favorisce la crescita di Brochothrix thermosphacta e dei batteri lattici (LAB) se comparato al confezionamento con aria. Inoltre, più la temperatura è elevata, più è veloce la produzione di azoto basico volatile totale (TVB-N) e più alta la sua concentrazione finale. La ricerca del TVB-N è un’analisi chimica effettuata per verificare il reale stato di conservazione del pesce. Questo metodo si basa sulla determinazione della frazione dell’azoto prodotto da enzimi e batteri che demoliscono le proteine muscolari, durante i processi di deterioramento del prodotto ittico, responsabile anche dello sviluppo di odori sgradevoli. Il confezionamento aerobico favorisce la produzione di TVB-N rispetto al confezionamento in MAP: il TVB-N riscontrato nel prodotto in MAP e stoccato a 0°C risulta praticamente invariato fino al sedicesimo giorno di stoccaggio. Anche nei filetti stoccati a 5°C, confezionati in MAP, il TVB-N è risultato inferiore rispetto a quello riscontrato nelle confezioni con aria. Il confezionamento in MAP quindi prolunga la shelf life se comparato al confezionamento con aria atmosferica. Il ridotto sviluppo di TVB-N nel confezionamento in MAP, può essere attribuito alla soppressione della crescita e del metabolismo di Pseudomonas e alla crescita dei LAB e di B. thermosphacta, la quale produce acidi organici anziché composti azotati come fa Pseudomonas. È noto che differenze di temperatura e di atmosfera di confezionamento non solo selezionano microrganismi dominanti differenti, con metabolismo diverso, ma influenzano anche il loro tasso di crescita e l’attività metabolica.
Powell e Tamplin (2012) analizzando la flora microbica trovata in filetti di salmone atlantico australiano confezionato in MAP, riportano una prevalenza di Carnobacterium spp. e Shewanella spp., in concomitanza con altri batteri presenti in minor numero, dopo 15 giorni di stoccaggio. Lo studio di Macé et al. (2012) su tranci di salmone confezionati sottovuoto o in MAP (50% CO2, e 50% N2) ha identificato come batteri maggiormente coinvolti nel deterioramento i batteri lattici (Lactococcus piscium), batteri fermentanti Gram negativi (Photobacterium phosphoreum) e Enterobacteriaceae (Serratia spp.).
Lo studio di Hansen A. et al. (2009) ha analizzato dei filetti di salmone atlantico confezionati con tre tipologie diverse: in atmosfera protettiva con l’uso di “emettitori di CO2”, MAP tradizionale e sottovuoto. L’emettitore di CO2 consiste in un cuscinetto assorbente al quale viene aggiunta una quantità precisa di bicarbonato di sodio per grammo di pesce, e acido citrico. Il cuscinetto emettitore di CO2 viene poi posizionato al centro del fondo della confezione, sotto il pesce, dove inizia a svolgere la sua funzione (emettere CO2) dopo un giorno di stoccaggio. Dopo il primo giorno di stoccaggio, i livelli di CO2, pari al 56% al momento del confezionamento, sono scesi al 45% sia nelle confezioni in MAP che in quelle con emettitori; ciò significa che l’emettitore di CO2 non ha ancora iniziato il suo sviluppo di gas. Per il confezionamento in MAP tradizionale, un equilibrio tra i livelli di CO2 libera e quella disciolta nel pesce, sembra realizzarsi dopo 4 giorni di stoccaggio, quando la concentrazione di CO2 si stabilizza al 40% nello spazio di testa.
Sivertsvik et al. (2004) aveva già riscontrato che l’equilibrio tra la CO2 libera e disciolta si raggiunge dopo circa 3 giorni. I livelli di CO2 dei campioni con emettitori di CO2, iniziano ad aumentare dopo un giorno di stoccaggio. Il maggior incremento avviene tra 4 e 8 giorni di stoccaggio (dal 50% al 64%). L’emettitore di CO2 produce CO2 che compensa il gas disciolto nelle carni del pesce ed inoltre aumenta la CO2 nello spazio di testa; ciò può avere come conseguenza una eccessiva produzione di CO2.
Dopo circa 15 giorni sono stati osservati dei rigonfiamenti verso l’esterno nelle confezioni con valori di CO2 oltre il 65%, al contrario dei campioni MAP che hanno mostrato una diminuzione del volume. La situazione ottimale è l’assenza di rigonfiamenti delle confezioni perché il rigonfiamento ne rende difficile l’accatastamento per il trasporto e lo stoccaggio, risultando inoltre non gradevole per il consumatore. Hansen et al. (2008) hanno riportato che un livello di CO2 pari al 60% nello spazio di testa dopo il raggiungimento dell’equilibrio (tra la CO2 disciolta nei tessuti del salmone e libera nella confezione) ha portato a confezioni prive di rigonfiamento.
La solubilità della CO2 è 60 e 30 volte più alta se confrontata rispettivamente con N2 e O2. L’N2 mantiene la pressione totale dei gas e agisce come gas di riempimento. Tuttavia, per prevenire il collasso della confezione, l’uso di N2 sembra non essere necessario dopo 4 giorni di stoccaggio in presenza di emettitori di CO2.
La perdita di liquido è risultata più alta per i campioni sottovuoto rispetto al confezionamento in MAP: ciò è dovuto probabilmente alla forza meccanica del confezionamento. Inoltre è riportato l’incremento della perdita di liquido con l’aumentare dei livelli di CO2; nonostante ciò non è stata riscontrata nessuna differenza significativa nella perdita di liquido tra il confezionamento in MAP e i campioni con emettitore di CO2.
Differenze nel pH tra i due metodi di confezionamento in MAP, indicano differenti livelli di CO2 assorbiti dai filetti di pesce; tuttavia sono stati riportati risultati contraddittori riguardanti gli effetti della CO2 sul pH, che possono essere correlati alla diversa capacità tampone del muscolo di pesce o a differenze nel pH iniziale. È stato riscontrato un pH più basso nei campioni con emettitori di CO2, dall’undicesimo giorno e per tutto il periodo di stoccaggio.
La carica batterica totale del confezionamento in atmosfera protettiva è risultata inferiore tra l’undicesimo e il quindicesimo giorno di stoccaggio. I campioni con emettitori hanno curve di crescita simili ai campioni in MAP. La carica batterica totale dei campioni confezionati sottovuoto è cresciuta rapidamente dopo 4 giorni di stoccaggio, probabilmente a causa della flora batterica anaerobia riscontrata e all’assenza di CO2, se comparata con il confezionamento in MAP. Carnobacteria sono stati rilevati alla fine dello stoccaggio. I Carnobacteria si incontrano frequentemente in diversi tipi di cibi e sono stati precedentemente riscontrati nel salmone affumicato e su pesce fresco confezionato sia sottovuoto che in MAP. I Carnobacteria possono causare deterioramento quando presenti in grande quantità sul prodotto e possono produrre odore ammoniacale e sapore amaro associato alla degradazione delle proteine e dell’arginina. Nessuna differenza è stata riscontrata nella texture del prodotto dopo 8 e 15 giorni di stoccaggio, anche se i campioni confezionati sottovuoto tendevano ad essere più sodi di quelli in MAP. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore perdita di liquido nei campioni sottovuoto. I campioni con emettitori di CO2 sembrano essere più stabili di quelli in MAP.
La presenza di CO2 nel confezionamento in atmosfera protettiva aumenta la shelf life di circa 7 giorni se paragonata ai campioni confezionati sottovuoto. Un confezionamento in atmosfera modificata ottimizzato dall’uso di emettitori di CO2 può in tal modo permettere una produzione più sostenibile di pesce fresco dovuto al minor volume di imballaggio o al maggior quantitativo di pesce che può esser contenuto.
Altri studi riportano una shelf life variabile per tranci di salmone crudo, in funzione principalmente della temperatura di stoccaggio e della concentrazione di CO2: 5 giorni per tranci di salmone confezionati in MAP (60% CO2 – 40% N2) stoccati a 5°C, 3 giorni per quelli conservati a 10°C e 17 giorni per i filetti di salmone stoccati a 2°C (Sivertsvik et al., 2002).
Nel confezionamento sottovuoto, così come con il confezionamento in MAP la microflora generalmente è costituita da batteri lattici e batteri fermentativi Gram-negativi, compresi Enterobacteriaceae psicrotrofe, in aggiunta ad alcune specie di Shewanella capaci di respirazione anaerobica. Nel confezionamento in condizioni aerobiche, la microflora del pesce proveniente da acque temperate è composta prevalentemente da batteri Gram-negativi psicrotrofi aerobi, in particolare Pseudomonas spp. e Shewanella putrefaciens. È noto che il confezionamento con CO2 inibisce questi batteri nel pesce e nei prodotti carnei e ciò spiega perché sono stati identificati in misura minore tra i batteri isolati al momento del deterioramento. Nel salmone confezionato in MAP e stoccato tra 1° e 2°C, Photobacterium phosphoreum è stato riscontrato come microflora predominante e come un SSO responsabile del deterioramento di questo prodotto. Photobacterium phosphoreum è stato identificato anche come uno dei batteri della microflora nell’Halibut allevato. Reynisson et al. (2009) conferma l’importanza di P. phosphoreum come SSO durante lo stoccaggio di filetti di merluzzo a bassa temperatura. Serratia proteamaculans è conosciuta come batterio SSO nelle carni confezionate sottovuoto ed è stata identificata anche in prodotti della pesca come salmone affumicato a freddo e gamberi tropicali cotti. Rudi et al. (2004) osservò Carnobacterium maltaromaticum, Carnobacterium divergens e Brochothrix thermosphacta come flora dominante in filetti di salmone confezionati in atmosfera 60% CO2 – 40% N2, stoccati per 12 giorni a 5°C e 18 giorni a 1°C.
Lo studio di Provinciale et al. (2013) ha analizzato l’effetto su Listeria monocytogenes del confezionamento in MAP di filetti di orata. Listeria non è stata capace di crescere a 0°C nei lotti confezionati in MAP anche se non si è osservata una completa inattivazione. La Listeria invece a 4°C è stata in grado di crescere a causa della sua natura psicrotrofa, ma nei filetti di orata confezionati in MAP, la crescita è risultata inferiore rispetto a quelli confezionati con aria atmosferica, dimostrando l’efficacia dell’anidride carbonica nel ridurre la crescita microbica.
Questi risultati concordano con quelli condotti da Silva e White (1994) nei quali è stata rilevata una significativa diminuzione della carica di Listeria in filetti di pesce gatto confezionati con una concentrazione dell’80% di CO2 a 2° C. Tuttavia, Listeria è stata anche capace di crescere in confezioni di uova sode in atmosfera modificata con l’80% di CO2 e conservate a 4°C (Benoît et al., 2004). Hudson et al. (1994) osservò la crescita di Listeria in confezioni di roast-beef in atmosfere sature di CO2 a 3°C.
In un ulteriore studio di Provinciale et al. (2013) è stato riscontrato che l’utilizzo di confezioni con atmosfere arricchite di CO2 in combinazione con un rigoroso mantenimento della temperatura a 0°C ± 1°C possono ridurre lo sviluppo microbico dei patogeni Aeromonas hydrophila e Vibrio parahaemolyticus perché, minore è la temperatura di stoccaggio, maggiore è la quantità di CO2 assorbita e quindi maggiore è l’effetto antimicrobico ottenuto. Durante lo stoccaggio a 4°C ± 1°C l’effetto antimicrobico della CO2 è diventato più evidente perché l’effetto inibitorio della bassa temperatura non lo ha mascherato. Aeromonas hydrophila e Vibrio parahaemolyticus hanno potuto svilupparsi nelle confezioni in aria durante lo stoccaggio a 4°C mentre l’utilizzo di atmosfera modificata ha permesso l’inibizione della crescita di questi patogeni.
Le fonti bibliografiche sono disponibili presso gli autori.
Autori:
Dott. Luciano Boffo, Medico Veterinario, Consulente Sicurezza Alimentare.
Dott.ssa Patrizia Buratti, Dirigente Veterinario AULSS3 Serenissima – Distretto di Chioggia
Dott.ssa Irene Francescon, Medico Veterinario SAI AULSS3 Serenissima – Sede di Venezia
Dott.ssa Valentina Biscalchin, Tecnologa Alimentare.
5 marzo 2017