Con il via libera alla legge di bilancio 2017 arrivano sei nuove misure per favorire l’accesso al pensionamento con requisiti ridotti rispetto a quelli fissati dalla riforma del 2011. Mentre per chi è già in pensione e tira avanti con un assegno basso scattano due interventi che ne rafforzeranno il potere di acquisto. Il “pacchetto previdenza” rappresenta uno dei più pesanti sul fronte degli impieghi della manovra: la maggiore spesa innescata determina infatti un aumento dell’indebitamento netto pari a 1,4 miliardi di euro nel 2017, 2,5 miliardi nel 2018 e 3,1 nel 2019. Per un totale di 7 miliardi in tre anni. Partiamo dai pensionati. Per loro si prevede l’aumento della detrazione di imposta al fine di uniformare la “no tax area” a quella dei lavoratori dipendenti (8.125 euro). Con la seconda misura si interviene sulle 14esime. Si estende la platea di coloro che percepiscono l’assegno extra in luglio (da 2,1 milioni si passa a 3,3 milioni) e si aumenta l’importo per coloro che hanno già il beneficio.
Avranno la 14esima coloro che hanno un reddito personale complessivo, non solo pensionistico, tra 1,5 (circa 750 euro al mese) e due volte il minimo (circa mille euro). La 14esima vale tra i 336 euro (per chi ha meno di 15 anni di contributi) e 504 (per chi ne ha oltre 25 anni). Per chi ha già ora il beneficio la somma erogata sarà pari a 436 euro per chi ha versato meno di 15 anni di contributi e 655 per chi ne ha più di 25.
Per i lavoratori in cerca di un’uscita anticipata, come si diceva, le nuove flessibilità sono invece ben sei: l’Ape (nelle sue tre declinazioni volontaria, aziendale e sociale), l’anticipo per i lavoratori precoci, l’anticipo per i lavoratori con periodi di carriere in attività usuranti, l’ottava salvaguardia, l’ampliamento (seppur limitato) della Opzione donna, il cumulo gratuito dei versamenti effettuati in diverse gestioni. La novità assoluta è senza dubbio l’Ape, l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica che sarà disponibile dal prossimo mese di maggio, visto che per renderla operativa serve un decreto del presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro gennaio. Accompagnato da Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata per chi ha aderito a un fondo pensione: con ritenuta d’imposta variabile tra il 15 e il 9% consentirà l’utilizzo di parte del capitale versato per ammortizzare il costo dell’Ape volontaria.
Gli altri canali di uscita flessibile riguardano i lavoratori impegnati in attività gravose o usuranti, cui viene garantito un accesso agevolato all’Ape social o uno sconto sul pensionamento anticipato, mentre per tutti gli altri (dipendenti, autonomi e professionisti iscritti alla Casse) da gennaio è possibile il cumulo gratuito dei versamenti effettuati in gestioni diverse per accedere sia alla pensione anticipata sia alla vecchiaia. Infine arriva l’ottava salvaguardia che applica a determinate categorie di lavoratori i requisiti ante riforma Monti-Fornero (l’anzianità si raggiunge con quota 96 – minimo 60-61 anni di età e 35 di contributi). I posti aggiuntivi, inizialmente 27.700, sono stati portati a 30.700 con un emendamento approvato alla Camera. Saranno tutelati anche lavoratori che raggiungeranno la pensione con le vecchie regole entro il 6 gennaio 2019.
Le nuove flessibilità (escludendo l’ennesima salvaguardia-esodati) interessano una platea potenziale di 350-400mila lavoratori, secondo stime governative, che scendono a 100-110mila se si considerano le misure che prevedono nuova spesa e delle quali non fa parte l’Ape volontaria, finanziata per via bancaria e poi rimborsata nei primi venti anni di pensionamento.
La manovra richiede una sessantina di decreti attuativi. L’Ape volontaria, l’anticipo di pensione per chi lascia il lavoro a 63 anni (con almeno 20 di contributi) ne richiede uno di Palazzo Chigi, di concerto con i ministri di Economia e Lavoro. Da emanare entro 60 giorni, conterrà anche il modello per la domanda.
Tre i mesi per il decreto sull’Ape social, che dovrà regolare le «procedure per l’accertamento delle condizioni per l’accesso al beneficio» delle 4 categorie (disoccupati, invalidi, con disabili a carico, usuranti) che avranno l’assegno, fino a 1.500 euro, a carico dello Stato.
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore- 8 dicembre 2016