I conti sono nettamente migliorati, ma ancora non tornano: nei mesi finali dell’anno le attuali 21 Ulss venete dovranno risparmiare altri 100 milioni di euro per permettere alla sanità veneta di non chiudere il 2016 in deficit, proprio nel momento in cui passerà alla riforma razionalizza-spese con la corsa per far sorgere l’Azienda Zero e la parallela riduzione delle aziende territoriali a solo nove. È il verdetto del “Piano di revisione della spesa” per raggiungere «l’equilibrio economico del Sistema sanitario 2016» varato dalla giunta Zaia un mese fa e pubblicato in questi giorni sul Bur. Quest’estate il lunghissimo dibattito in Consiglio regionale sulla riforma sanitaria aveva fatto i conti anche con la delibera con cui la giunta Zaia aveva deciso di non approvare i bilanci preventivi delle Ulss per non essere costretta dalle nuove legge statali a mettere da parte 200 milioni di euro a “copertura” del deficit previsto dalle Ulss, che allora giungeva a quota 566 milioni.
Già allora il governatore Luca Zaia e l’assessore Luca Coletto avevano rassicurato che i conti a fine anno sarebbero stati in pareggio. E la Giunta aveva incaricato il direttore Domenico Mantoan di «predisporre un piano di revisione della spesa» che tra l’altro tenesse conto anche di altri costi che si presentavano nel corso dell’anno. In questi mesi, spiega la nuova delibera veneta, i bilanci “semestrali” delle singole Ulss sono stati passati ai raggi X. E prima di tutto si è andati a rivedere le voce “entrate” trovando 198,5 milioni in più grazie ai contributi previsti, al Fondo per la non autosufficienza, ai ricavi della Gsa-Gestione sanitaria accentrata, ai malati che arrivano da fuori regione. Sul fronte “costi”, però, c’era da fare i conti con un previsto aumento di 145,8 milioni rispetto alle cifre del 2015, ma l’analisi ha dato i suoi risultati perché i tecnici hanno “scovato” che 76 milioni di costi ulteriori che «non sembrerebbero dipendere da scelte o vincoli di programmazione regionale».
E parte una bacchettata, perché la delibera scrive che in particolare i dg di 19 Ulss e Aziende ospedaliere non hanno rispettato «i vincoli di costo» sull’acquisto di dispositivi medici e sul personale che erano stati loro affidati a inizio anno. Peggio: «Gran parte della previsione di incremento del consumo – sentenzia la delibera – non sembrerebbe trovare corrispondenza con un pari incremento della produzione sanitaria».
I NUOVI CONTI. La Regione ha quindi impugnato le forbici al posto dei dg e stabilisce che su quei costi in più si possono ridurre 18,6 milioni di acquisti e 5,8 milioni per il personale. Inoltre va a tagliare, come aveva preannunciato, le uscite di soldi in cassa previste per gli investimenti: non più 143 milioni, ma solo 28,8, anche se poi promette che si riuscirà a tirare fuori altre cifre per le Ulss (40 milioni) dalla Gsa-Gestione accentrata, e altri 35 milioni dalla commissione Crite.
Con tutto questo la previsione del bilancio 2016 vede un rosso di -349 milioni, ed è ancora troppo perché si possa farci fronte con le cifre a disposizione in sede centrale dell’assessorato alla sanità, che arriva in tutto a 258 milioni di euro. In particolare, la Regione ribadisce che bisogna tornare al deficit delle Ulss previsto a inizio anno e cioè -239 milioni, cifra che i dg delle Ulss dovranno rispettare già quando saranno approvati i conti al 30 settembre, cioè al 3° trimestre. Il che vuoi dire che in quel momento «i bilanci economici di previsione delle aziende sanitarie dovranno presentare un miglioramento nei risultati di 110,3 milioni».
LA “RICETTA”. La Regione indica ai dg di fare in tre mesi una ricognizione degli immobili da vendere per recuperare fondi per investimenti. E stabilisce un «attento monitoraggio» dell’inserimento in strutture di pazienti con disturbi mentali, blocca nuove autorizzazioni per Ospedali di comunità o Unità riabilitative, Hospice o “strutture di cure intermedie”, oltre a non prevedere nuovi posti letto per persone in stato vegetativo permanente. (Il Giornale di Vicenza)
Usl, spese ingiustificate per 76 milioni, la Regione minaccia di licenziare i dg. Si studia la vendita degli immobili
Troppe spese «ingiustificate» da parte delle Usl (76 milioni, non esattamente spiccioli) mettono a rischio l’equilibrio economico-finanziario del sistema sanitario del Veneto e impongono alla Regione di richiamare all’ordine i direttori generali. Con una minaccia neppure troppo velata: occhio perché se i conti non tornano, rischiate il posto.
La delibera, firmata dall’assessore alla Sanità Luca Coletto, è stata approvata il 21 ottobre scorso ed è stata pubblicata ieri sul Bur. Nel redigere il bilancio di previsione della sanità, che con i suoi 9 miliardi rappresenta la quasi totalità del bilancio della Regione, la giunta stabilisce ogni anno una «perdita programmata», ossia un disavanzo fisiologico tenuto sotto controllo trimestre dopo trimestre, calcolato in base alle spese dell’anno precedente, all’aumento stimato dei costi dell’anno in corso e alle entrate attese, poi ripianato a fine anno grazie al «tesoretto» gestito direttamente dal segretario della Sanità Domenico Mantoan (l’ormai celeberrima «accentrata»). Per il 2016 la perdita programmata era inizialmente di 660 milioni, poi scesi a 420 milioni grazie ad alcuni ipotizzati (e non meglio precisati) «miglioramenti delle previsioni economiche». Nel corso dell’anno, però, i conti non tornano: le Usl comunicano infatti a Palazzo Balbi perdite per 566 milioni, e cioè 146 milioni in più rispetto agli annunciati 420. Mantoan scrive al vicepresidente Gianluca Forcolin (che ha la delega al Bilancio) chiedendo 200 milioni a copertura ma Forcolin, dopo essersi consultato col dirigente della sua area, Gianluigi Masullo, risponde picche: quei soldi non ci sono. Il segretario della Sanità si mette allora a spulciare tra i conti e scopre che di quei 146 milioni di troppo ce ne sono sì 70 «dipendenti da provvedimenti di programmazione sanitaria», imposti cioè dalla Regione (sviluppo delle medicine di gruppo, budget più alti per i farmaci per l’epatite C, indennizzi ai chi è stato danneggiato dai vaccini o dalle trasfusioni) ma altri 76, «da verificare in maniera puntuale», non dipendono invece affatto «da scelte o vincoli di programmazione» e insomma, sono stati spesi dai direttori generali nella più totale autonomia.
Tra i casi di cui si ha notizia ci sono i 19 milioni spesi dall’Usl di Treviso per l’acquisto di nuovi macchinari, i 12 milioni spesi dall’Usl di Padova per investimenti sul patrimonio immobiliare, i 6 milioni spesi dall’Usl di Verona per l’aumento dei posti letto di comunità. Più in generale, la delibera cita il mancato rispetto dei vincoli sull’acquisto dei dispositivi medici e del tetto per la spesa del personale, oltre a investimenti non coperti dalle autorizzazioni della Crite (la Commissione Regionale per l’Investimento in Tecnologia ed Edilizia). Come se ne esce? La stima previsionale sulla «perdita programmata» è stata ritoccata dagli uffici con alcuni aggiornamenti e rettifiche e portata a 349 milioni (rispetto ai 566 comunicati dalle Usl); contestualmente Mantoan ha imposto ai dg una serie di misure di contenimento della spesa che vanno dallo stop a nuovi ospedali di comunità alla limitazione dei posti letto nelle strutture per la salute mentale, alla sospensione di nuove autorizzazioni da parte della Crite. Le Usl dovranno fare anche una ricognizione del loro patrimonio immobiliare «finalizzata alla predisposizione di un piano di alienazione utile a finanziare nuovi investimenti» (insomma, si vende).
Il tutto, come si diceva, con la precisazione – di certo notata dai dg – che «il mancato rispetto delle indicazioni comporterà l’applicazione della disciplina contrattuale in tema di decadenza dall’incarico, come da contratto». Raccontano che il lavoro, nelle Usl, sia febbrile e il disavanzo complessivo sia in diminuzione, per quanto ancora vicino ai 100 milioni. (Il Corriere del Veneto).
23 novembre 2016