La “vita sanitaria” degli italiani si svolge in buona parte nel solco dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, cioè dei servizi e delle prestazioni che il Ssn è tenuto a offrire in via gratuita o dietro pagamento di un ticket. Nati nel 2001 sull’onda della riforma del Titolo V della Costituzione che diede il “la” alla regionalizzazione della sanità con l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini parità d’accesso alla salute, i Lea dal prossimo anno subiranno un significativo restyling. Il provvedimento che aggiorna i Lea è all’esame del Parlamento, che dovrà esprimersi entro il 5 dicembre. Tra le novità principali, in soffitta le prestazioni vetuste, il “delisting” per le cure che oggi si possono ricevere in ambulatorio senza passare per ricovero, la riclassificazione dei gruppi di patologie sotto l’ombrello Lea. La Legge di stabilità 2016 ha blindato 800 milioni sui nuovi Lea. Una cifra che però secondo i governatori non sarà sufficiente.
Sono la spina dorsale del Servizio sanitario nazionale, nati nel 2001 in occasione della riforma del Titolo V della Costituzione che diede il “la” alla regionalizzazione della salute. Obiettivo: garantire a tutti i cittadini parità d’accesso alla salute, da nord a sud d’Italia. Quindici anni dopo e in concomitanza con la nuova modifica costituzionale che potrebbe, se approvata, porre fine alla legislazione concorrente sulla salute, si punta al rilancio.
Stiamo parlando dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè dei servizi e delle prestazioni che il nostro Ssn è tenuto a offrire in via gratuita o dietro pagamento di un ticket e che dal prossimo anno subiranno un significativo restyling. Tra le novità principali (vedi schede), in soffitta le prestazioni vetuste, delisting per le cure che oggi si possono ricevere in ambulatorio senza passare per ricovero o day hospital, riclassificazione di gruppi di patologie e inserimento di nuove malattie sotto l’ombrello Lea. Mentre il medico, quando prescrive, dovrà riportare sulla ricetta la diagnosi o il sospetto diagnostico; e attenersi, per prestazioni ad alto costo o a rischio di inappropriatezza, a condizioni di erogabilità e indicazioni prescrittive. E i nuovi Lea inaugurano la formula “reflex”: di due accertamenti, il secondo viene eseguito solo se l’esito del primo lo richiede.
La funzione dei Lea
Dal medico di base al pronto soccorso, dalle analisi del sangue alle visite specialistiche, la nostra “vita sanitaria” si svolge in buona parte nel solco dei Lea, diretta derivazione dell’articolo 32 della Costituzione, che ha contribuito a fare del Servizio sanitario italiano uno dei migliori al mondo. Eppure, è la nostra esperienza quotidiana di pazienti a farci toccare con mano le inefficienze del sistema. Complice una crisi economica che non dà tregua, complici, anche, i danni di un federalismo sanitario mal interpretato, i Lea non per tutti sono a portata di mano. Anzi. Lo dicono i dati sulla spesa “out of pocket” dei cittadini: oltre 34 miliardi secondo il Censis. Soldi sonanti usciti dalle tasche di quanti, non trovando risposte nel Ssn, si fanno carico delle cure. Chi può, beninteso. Troppe disparità regionali, liste d’attesa infinite, ospedali poco sicuri. Ed è questa l’impasse che si punta a risolvere con i nuovi Lea.
L’iter
Messi a punto dalla ministra Beatrice Lorenzin a inizio 2015 in attuazione del Patto per la salute, sono poi andati in stand-by per le perplessità del ministero dell’Economia sulle coperture. Approvato con una serie di emendamenti dalla Conferenza Stato-Regioni il 7 settembre scorso, ora lo schema di Dpcm che aggiorna i Lea tutt’ora vigenti è all’esame del Parlamento. Che dovrà esprimersi entro il 5 dicembre. Dopo il vaglio, atteso a fine mese, delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio. La copertura finanziaria è la prima preoccupazione. Formalmente, i nuovi Lea vedranno la luce, con due anni di ritardo sulla tabella di marcia, nel 2017, quando il Dpcm avrà completato l’iter di approvazione. Poi si tratterà di applicarli, con le risorse disponibili: la legge di Stabilità 2016 ha “blindato” su questo obiettivo 800 milioni del Fondo sanitario nazionale. Ma i governatori non ritengono sostenibile affrontare la rivoluzione Lea solo con quelle risorse. Negli anni una manciata di regioni si è “portata avanti”, ampliando o innovando il menù delle prestazioni essenziali. Ma ci sono realtà dove l’accesso ai Lea è una corsa a ostacoli.
L’impatto sui ticket
Il restyling del perimetro Lea, non si preannuncia però indolore: il contraltare del risparmio di 50 milioni di euro sui ricoveri, sarà l’extra carico di ticket d’ambulatorio – 18,1 milioni – sulle spalle dei cittadini. Per il “tunnel carpale” così come la cataratta “semplice”, per esempio, si pagherà il ticket. Non solo. C’è allerta sul nuovo Nomenclatore protesi, fermo al 1999. L’aggiornamento sorvola sulla personalizzazione dei presidi, anche se resta la ripartizione tra dispositivi “su misura” e dispositivi “di serie”. E non è chiaro chi pagherà i presidi più innovativi. La riabilitazione oncologica è un rebus. Il cahier de doleances è lungo. I rischi ci sono. I governatori chiedono di rinviare l’immissione nei Lea, per esempio, di prestazioni ad alto costo come l’adroterapia, cura d’avanguardia destinata ai tumori radio-resistenti. La richiesta è: avanti piano. Intanto, bisogna partire. (Barbara Gobbi)
Saitta (Regioni): «Le Regioni sono pronte ad adeguarsi ma vanno valutate tutte le ricadute»
«Vogliamo, non semplicemente dobbiamo, applicare i nuovi livelli essenziali di assistenza. E ci attrezzeremo per farlo al meglio. Ma aspettiamo anche di capire i veri costi, quelli che ci dirà la prova sul campo nei prossimi mesi,che la Commissione Lea valuterà entro la primavera. Diciamo che vogliamo vederci chiaro».
Antonio Saitta, 66 anni, siciliano trapiantato in Piemonte, è il rappresentante di tutti gli assessori alla sanità d’Italia. I “ministri sul campo” della nostra salute, non sempre, o abbastanza raramente, in sintonia con i Governi dopo anni di tagli miliardari alla spesa sanitaria.
«Ma questa volta per fortuna li abbiamo evitati», aggiunge Saitta, che intanto festeggia l’uscita del Piemonte dal piano di rientro dal deficit. «Un successo», dice l’assessore piemontese con un sorriso largo così.
Saitta, finalmente dopo tanta fatica e tempo i Lea sono arrivati in Parlamento, che darà il parere al Governo entro il 5 dicembre. Le Regioni sono pronte, ce la farete? Nessuna preoccupazione?
È stata una corsa molto travagliata, è vero, in una sorta di balletto tra ministeri. L’Economia diceva che c’era una sottostima, per la Salute non era così. Noi Regioni eravamo, come dire, prese nel mezzo. Ma è chiaro che volevamo avere certezze sui costi.
E dunque?
Alla fine abbiamo dato parere favorevole a procedere. Ma secondo una precisa procedura. Dunque adesso si va avanti, ma poiché riteniamo che le risorse non sono sufficienti, sebbene in qualche Regione parte dei nuovi Lea già esistono, proprio al fine di evitare un contenzioso che avrebbe spostato ancora più avanti la loro applicazione, abbiamo posto una condizione.
Ci spieghi.
La condizione è che immediatamente, e si è già iniziato, si lavori alla Commissione Lea per vedere come applicarli e avviare un monitoraggio dei costi sulla base di dati concreti, non di proiezioni ipotetiche, che emergeranno nei prossimi mesi. Un monitoraggio che strada facendo si intensificherà fino alla primavera, ma anche dopo. Solo a quel punto saremo in grado di quantificare con precisione, di valutare e di prendere le decisioni che si renderanno necessarie. Su dati certi, ripeto, non sulla base di opinioni. Diciamo che sui costi vogliamo vederci chiaro. E lo faremo insieme al Governo.
Capisco che i dubbi non li avete superati tutti: ma se i conti non tornano cosa può accadere?
Il tavolo di monitoraggio intanto valuterà se esistono casi di Lea “superati”: un’operazione di pulizia ulteriore rispetto a quanto è stato già fatto con il nuovo decreto. Senza scordare che la Commissione Lea nel frattempo ne seguirà concretamente anche l’applicazione, non soltanto i costi. E questo è un punto fondamentale: la loro applicazione dovrà essere finalmente uniforme in tutta Italia. Ripeto: in tutta Italia…
Le preoccupazioni non mancano, si teme un’ondata di nuovi ticket.
Potrà accadere per alcune prestazioni, il tavolo potrà verificare e sistemare le cose, quando è necessario. Sarà importante evitare arretramenti sbagliati e pericolosi per gli assistiti, a partire dai più deboli.
I Lea piombano nel bel mezzo della manovra 2017: siete soddisfatti per le misure sulla sanità?
Devo dire che rispetto all’inizio, quando si temeva un “aumento zero”, sono arrivati invece 2 miliardi in più, anche se uno vincolato su farmaci e vaccini. Queste risorse ci danno un minimo di sicurezza. Ma andranno valutate anche in questo caso tutte le ricadute delle nuove misure. Come gli effetti della prossima legge sulla responsabilità professionale dei medici o il finanziamento dei contratti del personale. Non sarà una passeggiata. Ma, come dire, è meglio un miglioramento continuo piuttosto che un perfezionamento in ritardo.
A proposito di miglioramento continuo, anche i Lea andranno aggiornati ogni anno, finalmente. Ce la farete?
Per noi è fondamentale. Anche perché, ripeto, c’è un problema di applicazione uniforme in Italia. Così non si può più andare avanti. (Roberto Turno)
Il Sole 24 Ore – 21 novembre 2016