Un tetto per l’Ape. Ancora non c’è, ma ci sarà. Allorquando il governo, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, stabilirà in un decreto l’entità massima ma anche minima del prestito pensionistico che si può richiedere. Andare in pensione fino a 3 anni e 7 mesi prima del requisito di vecchiaia, a partire dai 63 anni, sarà dunque possibile solo entro limiti ben precisi. Non solo. Chi decide di sfruttare questo meccanismo per uscire dal lavoro prima deve sapere che negli anni dell’anticipo riceverà dodici mensilità e non tredici, come accade per la pensione. Niente tredicesima quindi con l’Ape (come per la Naspi, il sussidio di disoccupazione). Ma la sua restituzione avverrà poi in vent’anni, con tredici rate per anno. Qual è allora questo tetto? Il 95% della pensione futura, per un solo anno di anticipo. Il 90%, per due anni. L’85%, per tre anni.
In quest’ultimo caso, precisa il governo, il pensionato rinuncerà al 4,7% della sua pensione futura per ogni anno anticipato e dunque a circa il 15% per tre anni. In pratica, anziché avere circa 1.300 euro di pensione netta, se ne ritroverà poco più di 1.000. Ma sarà uscito a 63 anni anziché 66. Com’è ovvio, più Ape si chiede e maggiore è il taglio dell’assegno futuro. A fronte di un prestito pari al 95%, si rinuncia al 5,5%. Ecco perché il governo vincola questa percentuale alta ad un solo anno di anticipo. Per evitare di assottigliare troppo la pensione che verrà, falcidiata dalla rata, una volta scaduto il prestito. Il decreto – atteso al massimo per febbraio – conterrà anche un’Ape minima da richiedere. «Certo non sarà del 10%», fanno sapere da Palazzo Chigi. Ma questa soglia non è stata ancora immaginata. Mentre i livelli massimi vengono già dati per buoni. D’altro canto, la rata pesa perché gravata di interessi bancari e premio assicurativo (il 29% del capitale), anche se il 50% di questi esborsi è pagato dallo Stato, tramite detrazioni. L’unica forma di Ape a costo zero e senza tetti è l’Ape sociale (fino a 1.500 euro lordi di pensione futura, sopra si paga per la differenza). Con beneficiari ristretti: disoccupati, invalidi o con familiari a carico disabili, purché abbiano 30 anni di contributi. Oppure quanti svolgono attività gravose, con almeno 35 anni di versamenti (livello abbassato di un anno in commissione Lavoro della Camera).
Repubblica – 14 novembre 2016