«Signori consiglieri, arrivederci a domani, vi consiglio di portare un cambio d’abito». Alle cinque della sera, il presidente dell’assemblea regionale, Roberto Ciambettì, congeda così i colleghi, chiamati oggi al rush finale – o, più probabilmente, alla maratona notturna – per il via libera definitivo alla sospiratissima legge di riforma della sanità del Veneto. In verità, superate le cento sedute, i pilastri del progetto dalla nuova governance affidata all’Azienda Zero alla riduzione a 9 delle 21 Ulss (una per provincia più le “deroghe” accordate a Veneto Orientale e Pedemontana bassanese) hanno già incassato il si dell’aula. Restano alcuni articoli in precedenza accantonati e oggetto di una miriade di emendamenti da parte dell’opposizione. Improbabili le sorprese, se si eccettua l’ordine del giorno presentato da Massimiliano Barison (Forza Italia) che sollecita al Governo l’autorizzazione ad avviare, in via sperimentale, “aziende sanitarie integrate” a Padova e a Verona che riuniscano Ulss e Aziende esistenti in soggetti polivalenti.
Cosi da «collegare strettamente didattica, ricerca e alta specialità con i servizi sanitari e sociali del territorio» supplendo anche all’unicità dei soggetti prevista dalla riforma, che alle province euganea e berica assegna maxi bacini prossimi al milione di utenti. Una novità, quella auspicata dal forzista, già introdotta a Milano dopo l’accorpamento delle Asl lombarde.
Sul piano politico, invece, spicca l’ordine sparso dei gruppi di minoranza. La compattezza del fronte Pd-M5S-Lista Tosi è uscita incrinata dall’estenuante discussione consiliare, accelerata – ma solo nel finale – dall’introduzione del “canguro taglia-emendamenti” che ha consentito alla maggioranza Lega-centrodestra di superare lo scoglio ostruzionista.
Tra stanchezza e conciliaboli nei corridoi, le forze di opposizione sembrano imboccare strade diverse. Il Pd (non senza divergenze interne) è orientate a non forzare i toni, deciso a «proseguire sul territorio la battaglia per il diritto alla salute». «Evidentemente hanno ottenuto un contentino dalla Lega», sibilano i tosiani, indispettiti dalla piega degli avvenimenti e rimasti ormai i soli irriducibili avversari della legge, che ha negato loro la tanto sospirata istituzione dell’Ulss del Garda. Anche i 5 Stelle procedono per proprio conto: «Abbiamo concordato una tattica comune d’opposizione nella fase più calda del dibattito ma i nostri valori e i nostri metodi sono lontani da quelli di Pd e tosiani», fanno sapere. Si vedrà.
Il Mattino di Padova – 19 ottobre 2016