Dovrebbe chiudersi definitivamente questa settimana il confronto tra il governo e i sindacati per la messa a punto del pacchetto previdenza da inserire nella legge di bilancio. Anticipo pensionistico (Ape), ricongiunzioni, riscatti, riduzioni fiscali per le pensioni basse sono tra i contenuti in agenda. Accanto a queste misure, però, ci sono le novità già previste dalle riforme precedenti, che compongono il quadro delle novità 2017. Centomila pensionamenti anticipati, o uscite anticipate dal mercato del lavoro grazie all’Ape, nel primo anno. È questo l’obiettivo potenziale a cui punta il Governo con le nuove misure sulla flessibilità in uscita dal mercato del lavoro. Una platea di lavoratori che, per scelta o per necessità, potrebbero cogliere l’opportunità di un ritiro fino a tre anni e sette mesi prima dei normali termini di vecchiaia. O che potrebbero beneficiare di un anticipo grazie alle semplificazioni sui requisiti attuali.
A questi pensionandi si aggiunge poi una platea di 1,2 milioni di pensionati (con un assegno fino a mille euro) ai quali verrà riconosciuta la 14esima mensilità, fino a ora appannaggio dei 2,1 milioni che prendono un assegno non superiore ai 750 euro al mese.
Il “pacchetto previdenza” della legge di Bilancio 2017 verrà chiuso nei primi giorni della settimana – probabilmente giovedì si terrà un nuovo incontro con i sindacati – con tutti i dettagli tecnico-operativi e, soprattutto, la quantificazione delle risorse che la Ragioneria generale dello Stato deciderà di “bollinare”. Il nuovo insieme di misure si affiancherà – come si vede dalle schede in queste pagine – a quanto via via previsto dalle riforme precedenti, in particolare dalla Monti- Fornero. Preparando così i debutto di plurime novità per il 2017.
Quanto alle risorse della manovra, i sei miliardi in tre anni che ha garantito il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, potrebbero ridursi a 1,5 nel primo anno di applicazione, per due terzi distribuiti ai pensionati (700 milioni alle 14esime e 260 all’estensione della “no tax area” ai redditi da pensione fino a 8.125 euro) e un terzo al finanziamento dell’Ape agevolata e gli altri canali di flessibilità previsti: il cumulo gratuito dei periodi contributivi versati in gestioni diverse, le semplificazioni per il ritiro dei lavoratori impegnati in attività usuranti e il bonus per i precoci, quelli che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni e in età minore hanno versato almeno 12 mesi di contributi.
Sulle “dote” messa in campo, naturalmente, il confronto sarà molto teso fino all’ultimo. Con il ministero dell’Economia che tenterà di stringere al massimo i cordoni della borsa (l’anno prossimo la spesa per pensioni a legislazione vigente, cioè senza manovra, crescerà comunque di 3 miliardi per arrivare a 264,8 miliardi).
E avrà facile gioco questa volta, visto che per diverse delle misure previste le platee dei beneficiari potenziali tendono a sovrapporsi. Per esempio: un nato dei primi anni Cinquanta che potrebbe accedere all’Ape potrebbe anche trovare vantaggioso il cumulo gratuito dei periodi contribuitivi, e per quel canale arrivare all’anticipo con 42 anni e 10 mesi e la pensione piena. Oppure un “precoce” con il bonus potrebbe arrivare ai 41 anni e 10 mesi senza scegliere l’Ape. Il risultato, visto in logica strettamente contabile, è che le coperture per misure che si “auto-elidono” potrebbero essere anche minori.
Naturalmente i centomila ritiri anticipati rappresentano la base minima da cui parte la nuova “manovra previdenziale”. In quella platea potenziale non sono infatti inclusi i 61-63enni con 20 anni di contributi che potrebbero optare per la cosiddetta Ape di mercato, quella cioè che prevede un costo a carico di chi la sceglie da rimborsare nei primi vent’anni di pensionamento effettivo con un beneficio fiscale calibrato sul suo reddito. Si tratta del canale meno oneroso per lo Stato e anche sulla base del suo successo si deciderà il futuro di questa innovativa misura che parte con una sperimentazione biennale.
Sotto la voce pensioni della prossima legge di Bilancio è assai probabile che entri un addendo non previsto nel verbale d’intesa sindacale del 28 settembre: l’ottava (e ultima?) salvaguardia per gli esodati che non hanno potuto accedere alle prime sette.
Su una previsione di 170mila tutele si è arrivati a circa 130mila, per questo sindacati e una forte componente del Pd guidata dal presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, chiede di rifinanziare la spesa non erogata quest’anno per l’anno venturo. Per un totale di altri 25mila soggetti con l’allungamento a 36 mesi della scadenza della mobilità e 24 mesi per altre categorie previste nella sesta e settima salvaguardia. Il governo sta verificando i numeri e sembra molto intenzionato a riconoscere questo margine di spesa in più.
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 10 ottobre 2016