Nascerà l’Azienda Zero. E le Usl, che oggi sono 21 (più le Aziende ospedaliere di Padova e di Verona più lo Iov), diventeranno 9 (più le Aziende ospedaliere di Padova e di Verona più lo Iov, che non saranno toccati). Se ne parla da tre mesi e mezzo in consiglio regionale e ancora non è finita, visto che mancano 10 articoli al varo definitivo della riforma che il governatore Luca Zaia indica come la più importante dei suoi 10 anni alla guida della Regione. Eppure una domanda fatica a trovare riposta: che succederà al sistema sanitario del Veneto dal primo gennaio 2017? Che ne sarà del settore che con i suoi 8,8 miliardi di budget domina il bilancio di Palazzo Balbi? E dei medici, degli infermieri, degli impiegati? Ma soprattutto, ne risentiranno i pazienti? Partiamo da quest’ultima domanda, la più importante. Nell’immagine le nuove Ulss e i numeri dei dipendenti della sanità veneta. I veterinari complessivamente sono 404.
Il progetto di legge 23 non modifica la struttura ospedaliera (non per il momento almeno). Dunque non ridurrà il numero degli ospedali, dei primariati, dei medici, degli infermieri, degli operatori socio sanitari e, più in generale, del personale che gravita attorno alla rete delle cure. Il taglio riguarderà i dirigenti, l’area amministrativa, i dipartimenti di prevenzione e i distretti. Vediamo come.
In anticipo sull’approvazione della riforma, già dal 30 dicembre scorso i direttori generali delle Usl (stipendio 125 mila euro lordi l’anno più il premio di risultato del 20%) sono passati da 21 a 9, uno per capoluogo di provincia più Bassano e San Donà di Piave (il Veneto Orientale), col ruolo di commissari per le altre Usl che insistono nel territorio di competenza (il dg di Padova, ad esempio, guida anche le Usl dell’Alta Padovana e Monselice, quello di Treviso fa lo stesso con Asolo e Pieve di Soligo). Dal primo gennaio la provvisorietà della gestione commissariale diventerà definitiva e alla stessa data nelle Usl soppresse scompariranno le terne manageriali di secondo livello (direttore sanitario, direttore del sociale e direttore amministrativo) che finora hanno coadiuvato i direttori generali nel loro lavoro e che ancora sono in carica nonostante i commissariamenti voluti da Zaia. Stiamo parlando di 36 dirigenti con uno stipendio di 107 mila euro più premio. Fatti due conti, il risparmio secco è di 3,3 milioni all’anno.
Nell’area amministrativa, invece, la riforma impatterà sui capi del personale, i provveditori, i legali, i responsabili della qualità, che da 2 o 3 per ruolo, ossia uno per ciascuna Usl, diventeranno uno soltanto, incardinato nella Usl omnibus.
Lo stesso meccanismo di unificazione verrà applicato nei dipartimenti di prevenzione con i direttori, i capi dipartimento (oggi sono 3 per ogni Usl), i responsabili della medicina del lavoro, della medicina legale, dell’igiene pubblica e nei distretti con i responsabili delle cure primarie (semplificando, i coordinatori dei medici di base), quelli dell’area materno-infantile, delle cure palliative, dell’area dipendenze. Insomma se nel Veronese finora ci sono stati 3 responsabili delle cure primarie (Verona, Legnago e Bussolengo) dal primo gennaio ce ne sarà uno soltanto (Verona). Il punto è: che ne sarà degli altri? Non perderanno il posto ma soltanto la qualifica legata all’incarico di vertice (e il relativo aumento di stipendio) e dovranno tornare nel ruolo che occupavano prima della promozione. Che nel frattempo, però, era stato ricoperto da qualcun altro il che fa pensare che si creerà un effetto domino che finirà inesorabilmente per scaricarsi sull’ultimo anello della catena, ossia i contratti a termine (che non saranno rinnovati). E va da sé che man mano che il personale in sovrappiù andrà in pensione non sarà sostituito. Potrebbero essere coinvolte circa cento persone. Il risparmio stimato dalla Regione, grazie anche alla riduzione degli affitti conseguente alla minor necessità di spazi (oggi gli uffici occupano interi palazzi, in qualche caso capannoni) è di 20 milioni nel breve periodo, che saliranno a 40 quando il nuovo sistema andrà a regime, tra 3 anni.
Questo per quel che riguarda la riduzione delle Usl. L’Azienda Zero, che pure prenderà il via nel 2017 e non avrà alcun compito di natura sanitaria, nasce invece con l’obiettivo di semplificare i livelli amministrativi, realizzando economie di scala. Come una Usl, sarà guidata da un direttore generale, che non potrà coincidere col direttore dell’Area sanità e sociale della Regione (quest’ultimo farà però parte insieme ai dg delle Usl e delle Aziende ospedaliere del «direttorio» che affiancherà il nuovo manager). L’Azienda Zero si occuperà principalmente di due settori: gli acquisti e la gestione del contenzioso sanitario, e cioè le cause legate ad episodi di malasanità. I provveditorati delle singole Usl scompariranno e tutte le gare d’appalto verranno bandite su scala regionale (se sarà il caso frazionate in lotti) dall’Azienda Zero, che agirà da grande centrale acquisti. Alcune gare sono già state fatte in questi anni su base regionale, con risparmi notevoli (sebbene vada sempre considerato che in sanità il prezzo non è l’unico faro): 15 Tac sono state acquistate a 400 mila euro, anziché un milione. Ne sono già state ordinate altre 24. Anche per la ristorazione verrà bandita una gara unica, divisa in 5 lotti, e lo stesso si farà per la spesa farmaceutica, che vale 1 miliardo l’anno. Quanto al contenzioso sanitario, che coinvolge avvocati e medici legali e può approdare in giudizio o a una transazione, l’Azienda Zero dovrà gestire richieste danni per 10-12 milioni l’anno (esclusi i «catastrofali», come la morte di una mamma e del suo bambino che da solo può valere svariati milioni), bandire la gara per assicurare le Usl contro i «catastrofali» (valore 12 milioni l’anno per 10 casi) e gestire le pratiche di autoassicurazione per tutti gli altri risarcimenti (sono altri 12 milioni l’anno). Non è escluso, in futuro, un ampliamento delle competenze, come la gestione dei concorsi per le nuove assunzioni. Infine, su richiesta del consiglio regionale, l’Azienda Zero dovrà completare entro il 2018 il progetto del «fascicolo sanitario elettronico», un investimento di 12 milioni di euro che permetterà di digitalizzare tutti i dati dei pazienti.
Marco Bonet Il Corriere del Veneto – 9 ottobre 2016