Alla fine il taglio è passato. Dopo 32 sedute e 110 ore complessive di dibattito sì del Consiglio regionale all’articolo 12, quello che prevede la riduzione delle Usl da 21 a 9, una per ogni capoluogo di provincia, più Bassano e Veneto Orientale. Zaia: «Una grande vittoria». Dopo l’approvazione la seduta è stata sospesa per riprendere martedì con la discussione di altri dieci articoli. L’opposizione annuncia che continuerà l’ostruzionismo. I tosiani: «Il Veronese punito per vendetta». Il fatto è storico, perché dopo la girandola di ritocchini risalente agli anni Ottanta, era dal 1994 che in Veneto non si metteva mano alle Usl, il cuore dell’organizzazione della sanità regionale. È accaduto ieri, al termine di un dibattito estenuante iniziato il 21 giugno scorso e durato 33 sedute e 110 ore («Ormai è la legge delle tre stagioni – ha allargato le braccia il presidente del consiglio Roberto Ciambetti – abbiamo iniziato in primavera, proseguito in estate e ormai siamo in autunno»)
Con 26 voti a favore, quelli della maggioranza unita, e 21 contro, quelli della minoranza senza eccezioni, è stato infatti approvato l’articolo 12 della riforma della sanità, rubricato «Ridefinizione dell’assetto organizzativo delle Aziende Usl». Che passano dalle attuali 21 a 9, ossia una per provincia (la Dolomiti, la Berica, la Marca trevigiana, la Serenissima, l’Euganea, la Polesana e la Scaligera) più le due aggiuntive finite al centro dello scontro degli ultimi 2 mesi, ossia la Pedemontana (prosaicamente l’Usl di Bassano) e la Veneto Orientale (e cioè l’Usl delle spiagge, pensata per reggere l’urto dei turisti). Restano irrisolti, sul piano geografico, i nodi di Cavallino-Treporti, spostato tra le proteste del Comune dall’Usl di Venezia a quella del Veneto Orientale (in ballo c’è l’extra budget di Venezia, 1.800 euro pro capite contro i 1.500 del Veneto Orientale), e quello di Boara Pisani, piccolo Comune del Padovano che ha sempre gravitato su Rovigo da cui dista meno di 10 chilometri.
«Sistemeremo questi due aspetti con un emendamento alla prossima legge di Stabilità – spiega il presidente della commissione Sanità Fabrizio Boron – in questa sede era impossibile perché rimettere mano all’articolo avrebbe significato riaprire un pertugio per l’ostruzionismo dell’opposizione». Che nonostante la sconfitta resta agguerrita e pare non voler mollare la presa: sebbene siano già stati votati i due pilastri della legge (oltre alla riduzione delle Usl aveva già avuto il via libera l’Azienda Zero), restano infatti altri dieci articoli da approvare per chiudere la riforma e il dem Claudio Sinigaglia ha già presentato altri 49 articoli aggiuntivi (12- bis ), subito emendati dai colleghi di minoranza con centinaia di richieste di modifica. Insomma, se davvero Pd, tosiani e Cinque Stelle avranno la forza di tirare dritto (e vorranno assumersene la responsabilità) la riforma può ancora essere affossata e con essa l’Azienda Zero e pure le 9 Usl.
Sul piano politico il presidente Luca Zaia, ieri assente dall’aula, può intestarsi il merito di aver dimezzato le Usl, con un risparmio che l’assessore alla Sanità Coletto stima a regime di 40 milioni l’anno («Soldi che potranno essere reinvestiti nei servizi e nelle cure»), con ciò confermando il disegno che già oggi vede al lavoro 9 direttori generali-commissari e potendo contare su una maggioranza che, salvo poche divagazioni sul tema presto rientrate, ha dimostrato un’invidiabile e granitica compattezza nei momenti chiave. «Ringrazio i miei consiglieri per la determinazione, la tenacia e il senso del dovere dimostrato – ha commentato non a caso il governatore -. È stato lasciato ampissimo margine all’opposizione ma com’è giusto in democrazia, chi ha ricevuto dai veneti il mandato di governare aveva e ha il diritto-dovere di fare delle scelte».
È pur vero però, e su questo l’opposizione ha molto insistito ieri, che l’idea originaria di Zaia, più volte ribadita pubblicamente, era quella di creare 7 Usl, una per provincia e che l’allargamento a 9 è stato frutto di un «ragionato cedimento» al capogruppo (bassanese) della Lega Nicola Finco (arrivato a minacciare le dimissioni se mai fosse saltata la «sua» Pedemontana), al vice governatore Gianluca Forcolin e al consigliere Francesco Calzavara, «i veneti orientali», e a Coletto, che s’è giocato l’intera riforma sullo stop all’odiata Usl Gardesana tanto cara ai tosiani (Finco e Coletto, in particolare, sono indicati un po’ da entrambi gli schieramenti come i veri vincitori di questa partita e chissà, forse anche per questo Finco si è sentito in dovere, con la capogruppo della Lista Zaia Silvia Rizzotto, di salutare «la vittoria del nostro presidente» arrivando perfino a sostenere, tra qualche sorrisino, di non aver «mai chiesto niente» a Zaia).
Quanto alla minoranza, ha fatto quel che poteva dando prova di poter mettere in difficoltà gli Zaia-boys , ma alla fine ha perso e non può far altro che recriminare sulle note già sentite in queste settimane. «È una porcata, una spartizione tra bande» dice il tosiano Andrea Bassi, «un triste teatrino» per la pentastellata Erika Baldin, «il veronese è rimasto inascoltato» tuona la dem Orietta Salemi (e c’è chi dice sia per via di Flavio Tosi), «avete bastonato l’Alta Padovana perché non vi ha votato» le ha fatto eco Marino Zorzato, che di Zaia fu il vice 5 anni fa. I dem minacciano ricorsi al Tar contro «le forzature del regolamento». Conclude Manuel Brusco, M5S, riferendosi al dibattito che riprenderà martedì: «Benvenuti a Saigon». Laconica la replica di Ciambetti: «Alla fine il diritto di voto prevale sempre su quello di veto». (Marco Bonet – Il Corriere del Veneto)
VENETO, LE ULSS SCENDONO DA 21 A 9. IL PD ANNUNCIA UN RICORSO AL TAR: FORZATO IL REGOLAMENTO
Addio alle 21 Ulss venete, si scende a 9. Che sono (tranne qualche dettaglio, tipo Cavallino-Treporti che da Venezia passa col Veneto orientale) le stesse che dallo scorso dicembre, con la nomina da parte del governatore Luca Zaia dei 9 commissari, amministrano la sanità veneta. Dunque, se la riforma sanitaria, una volta divenuta legge, passerà il vaglio del Governo, dal prossimo 1. gennaio avremo definitivamente 9 direttori generali per 9 Ulss: una per provincia, più quelle del Bassanese e del Veneto orientale. È vero che prima di arrivare all’approvazione finale della legge serviranno settimane, visto che c’è un’altra decina di articoli da affrontare, tutti sommersi da emendamenti e subemendamenti dell’opposizione. Ma l’approvazione ieri dell’articolo 12 che taglia le Ulss portandole a 9, è un dato di fatto. E che segna un trend: nel 1978 le Ulss in Veneto erano 31, nel 1984 sono lievitate a 36, il primo taglio a 21 nel 1994, adesso l’accetta.
Per arrivare al voto (26 sì, 21 no, tra gli assenti il governatore Zaia) ci sono volute 33 sedute del consiglio regionale e quasi 110 ore di dibattito, peraltro monopolizzato dalle minoranze, mentre i consiglieri di maggioranza sono rimasti incollati alla poltrona per garantire il numero legale. Dopo che le trattative sul numero delle Ulss sono naufragate, dopo che la maggioranza per cestinare gli emendamenti ha presentato un articolo 12 sostitutivo di quello originario (metodo impropriamente chiamato “canguro”) dando una manciata di minuti per i subemendamenti, alla fine alle minoranze non è rimasto che sfruttare ogni secondo sperando in una mediazione che non c’è stata, nonostante incontri al vertice (uno anche con Zaia che pareva portasse a 10 Ulss) e rialzi e ribassi nei corridoi del Ferro Fini.
«Ostruzionismo esagerato», ha detto la capogruppo della Lista Zaia, Silvia Rizzotto. «Il vostro ostruzionismo non ha giovato a nessuno», ha aggiunto il capogruppo della Lega Nicola Finco, dopo peraltro aver ringraziato il correlatore di minoranza Claudio Sinigaglia («Un ottimo interlocutore quando abbiamo trattato l’Azienda Zero, purtroppo non è accaduto lo stesso sul numero delle Ulss»). Duro il commento del Pd, che ha denunciato le forzature regolamentari e non esclude di ricorrere al Tar: «I territori sono stati traditi, alcuni premiati e altri danneggiati, creando cosi una sanità di serie A e una di serie B. Questa rigidità sulle nove Ulss è l’esempio della peggior politica, frutto di pressioni lobbistiche e clientelari». «Una porcata contro i cittadini veneti», ha tuonato il tosiano Andrea Bassi. «L’atteggiamento della maggioranza ha aggiunto la capogruppo dem Alessandra Moretti – ha unito tutte le forze di opposizione». Una “unità” che però Erika Baldin del M5s ha demolito parlando di «spartizione politica cui hanno partecipato tutti tranne noi che non facciamo compromessi e non siamo attaccati alle poltrone». Il consiglio regionale torna a riunirsi martedì e mercoledì alle 9.30. “Sconvocata” la seduta di oggi perché – parole del presidente Roberto Ciambetti – l’Ufficio legislativo è stato «subissato da decine di emendamenti e centinaia di subemendamenti», tutte carte che vanno riordinate.
Al Ferro Fini già si parla di una richiesta di incontro da parte dell’opposizione per inserire nella riforma la possibilità di rivedere i criteri nel 2019, così da far nascere in futuro nuove Ulss. Una richiesta che, dicono in casa Lega, non potrà essere accettata. E allora come andrà? Manuel Brusco, M5s, l’ha promesso in aula: «Da qui in avanti sarà una Saigon». (Alda Vanzan – Il Gazzettino)
7 ottobre 2016