Nella lettera inviata oggi al Presidente del Consiglio e al Sottosegretario alla Presidenza, ai Ministri della Salute e della Funzione pubblica e al Coordinatore delle Regioni le richieste dell’Intersindacale medica. “Le Organizzazioni sindacali, non vogliono essere spettatrici passive del declino inesorabile della sanità pubblica e del ruolo e dello status delle categorie che rappresentano, quanto parte responsabile per garantire l’efficacia dell’assistenza ad un costo minore. Chiedono al Governo un segnale di cambiamento, che scommetta sul capitale umano del Ssn, bene comune da valorizzare e non da liquidare in maniera strisciante. In caso di mancate o non soddisfacenti risposte nella legge di bilancio, daremo vita, dopo aver già dichiarato lo stato di agitazione, ad iniziative di informazione e sensibilizzazione di tutto il personale della sanità e dei cittadini, spiegando loro quanto fallimentari siano le scelte politiche riguardanti il SSN ed i loro destini, finalizzate alla mobilitazione sociale e a una o più giornate di sciopero nazionale”.
Sei richieste precise, dalle risorse per il contratto alla stabilizzazione dei precari. “In caso di mancate o non soddisfacenti risposte nella legge di stabilità coinvolgereno anche i cittadini in una grande mobilitazione e partiranno uno una o più giornate di sciopero nazionale”.
“La sentenza della Corte Costituzionale del 24 giugno 2015 ha sancito l’illegittimità del blocco dei contratti del Pubblico Impiego, irrinunciabili strumenti di governo, anche della spesa, e di innovazione dei modelli organizzativi. Ciò nonostante le trattative non sono ancora riprese. Oltre al tramonto di ogni ipotesi di ristoro economico del danno conseguente a sette anni di blocco, va perdendosi ogni speranza di un rinnovo in tempi ravvicinati e non peggiorativo del Ccnl vigente”. Così ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI-EMAC –FVM – FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR) – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI – UIL FPL MEDICI in una lettera inviata oggi al Presidente del Consiglio e al Sottosegretario alla Presidenza, ai Ministri della Salute e della Funzione pubblica e al Coordinatore delle Regioni.
“Se è vero come è vero che ‘in Sanità si è tagliato anche troppo’, 35 miliardi dal 2010 in poi, mettendo a rischio sostenibilità e universalismo, e determinando il peggioramento di molti indicatori di salute e l’allargamento della forbice tra Nord e Sud, senza i 2 miliardi di euro di incremento del Fsn, che Ministro della salute e Regioni considerano irrinunciabili, non ci saranno le condizioni per l’effettiva ed omogenea erogazione dei Lea né tantomeno per il rinnovo dei contratti di lavoro del personale della sanità. Una annunciata Exit Sanità Pubblica lascia, così, i cittadini soli di fronte alla loro fragilità e alle malattie, limitando l’accesso alle cure per milioni di loro. Oggi essere curati secondo i bisogni costituisce un principio etico, civile e sociale fortemente minacciato e, da qualche parte del nostro Paese, già pericolosamente travalicato”, spiegano i sindacati di categoria.
“Se il sistema ancora regge – proseguono – dopo che sono usciti, non sostituiti, 7.000 tra medici e dirigenti sanitari, ed un calo della spesa per il personale di 1,2% all’anno dal 2010 al 2015, è solo perché chi è rimasto in corsia e nei servizi continua a dar prova di grande senso del dovere. In prima linea tutti i giorni e tutte le notti, a far fronte ad una domanda crescente e complessa con risorse decrescenti, esposto alla delegittimazione sociale ed a rischi sempre meno sostenibili a fronte di retribuzioni bloccate da 7 anni. Nonostante i tagli lineari si siano abbattuti come una scure sugli organici, sulle prospettive di carriera, sui fondi destinati al trattamento accessorio. Senza risparmiare i posti letto per acuti, oggi al di sotto della media europea, la cui contrazione, nel vuoto di politiche attive per le cure primarie, trasforma il Pronto Soccorso in luoghi simbolo della negazione di diritti costituzionali che famiglie e medici subiscono insieme, pur costretti su fronti opposti dai tagli. Il tutto ovviamente con 21 declinazioni differenti”.
“Se il fondamentale diritto alla salute è ancora esigibile senza carta di credito, lo si deve a fattori di casualità territoriale ed all’abnegazione ed alla professionalità di quei medici e dirigenti sanitari, che in questi anni di crisi curano con sempre maggior difficoltà un Paese che invecchia. Il blocco del turnover produce ritmi e turni di lavoro insostenibili, mancato rispetto delle pause e dei riposi, a danno di qualità e sicurezza delle cure, milioni di ore lavorate non retribuite e non recuperabili, ferie non godute, impossibilità per i medici più esperti di trasmettere le loro competenze a quelli più giovani. La cronica carenza degli organici, ancora in attesa delle assunzioni promesse lo scorso anno, determina l’innalzamento dell’età media dei medici fino al primato mondiale, lavoro notturno oltre i 65 anni, abuso di contratti atipici. Un’intera generazione si vede negare, dopo 11-12 anni di studi, i diritti fondamentali del lavoro, in un terreno di coltura per caporali pubblici e privati, alimentato anche dal fallimento del sistema formativo post laurea universitario. E’ ora di aumentare l’occupazione dei giovani e di mettere fine ad un precariato che li priva di certezza di vita personale e professionale”, aggiungono medici, veterinari e dirigenti sanitari.
“Il rinnovo del contratto di lavoro dei medici, dei veterinari e dei dirigenti sanitari dipendenti del Ssn – continuano – ha a disposizione ad oggi, dopo 7 anni di blocco, un finanziamento simbolico, come ha riconosciuto lo stesso Presidente del Consiglio, e prospettive di revisione normativa ispirate a logiche punitive. Intanto la demolizione dei contratti precedenti, operata ogni anno dalle leggi finanziarie, ha reso le risorse accessorie a disposizione nel 2016 inferiori a quelle concordate nel 2010. Sia chiaro: essi hanno già pagato, specie i giovani, un alto prezzo al risanamento dei conti in termini di valore assoluto e potere d’acquisto delle loro retribuzioni e delle loro pensioni, fino ad assolvere la loro quota pro-capite di debito pubblico”.
“Occorre, ora, una svolta del Governo – sottolineano – per investire sul sistema sanitario pubblico, volano di una filiera produttiva che vale 11 punti di Pil, al primo posto per competitività secondo l’Istat, salvaguardando sia il diritto alla salute dei cittadini sia il lavoro, che del Ssn è valore fondante. E’ tempo che la politica decida se la salute dei cittadini è ancora un diritto costituzionale, da tutelarsi attraverso un’idea ed una azione progettuale e non abbattendo le condizioni professionali ed economiche dei lavoratori”.
Senza risorse adeguate, denunciano, “non esistono le condizioni per un rinnovo del Ccnl che non sia peggiorativo dell’esistente. Per evitare che i grandi assenti dalla legge di bilancio 2017 siano i medici, i veterinari e i dirigenti sanitari ed il loro lavoro, chiedono un intervento che:
1. implementi le risorse disponibili per un finanziamento del triennio contrattuale coerente con il valore e la funzione sociale del nostro lavoro
2. preveda, anche per la sanità pubblica, la defiscalizzazione del salario di produttività
3. estenda al settore pubblico le agevolazioni del cosiddetto “welfare aziendale”
4. recuperi i tagli lineari ai fondi contrattuali, che in questi anni hanno ridotto le retribuzioni effettive depauperando le risorse destinate a premiare il merito e remunerare il disagio
5. ristabilisca i meccanismi contrattuali, garantendo la salvaguardia della RIA a partire dal 2016
6. acceleri la stabilizzazione dei precari e l’aumento dell’occupazione giovanile, promesso con la legge di stabilità dello scorso anno, per rispettare la direttiva europea sull’orario di lavoro, largamente disattesa in Italia.
“La questione è strettamente politica e implica scelte senza le quali la contrattazione non avrà i necessari presupposti. Un Paese che cambia ha bisogno di nuovi modelli di sviluppo sanitario e sociale, non di interessati liquidatori fallimentari. Le Organizzazioni sindacali, non vogliono essere spettatrici passive del declino inesorabile della sanità pubblica e del ruolo e dello status delle categorie che rappresentano, quanto parte responsabile per garantire l’efficacia dell’assistenza ad un costo minore. Chiedono, però, al Governo un segnale di cambiamento, che scommetta sul capitale umano del Ssn, bene comune da valorizzare e non da liquidare in maniera strisciante.
In caso di mancate o non soddisfacenti risposte nella legge di stabilità – concludono – daremo vita, dopo aver già dichiarato lo stato di agitazione, ad iniziative di informazione e sensibilizzazione di tutto il personale della sanità e dei cittadini, spiegando loro quanto fallimentari siano le scelte politiche riguardanti il Ssn ed i loro destini, finalizzate alla mobilitazione sociale ed alla effettuazione di una o più giornate di sciopero nazionale, nel rispetto della normativa vigente”.
6 ottobre 2016