Riprenderà martedì 4 ottobre, alle 14, l’esame del progetto di legge regionale 23 (la riforma delle Ulss del Veneto). Venerdì la maggioranza ha infatti sospeso l’esame del provvedimento per dedicarsi alla revoca del consigliere non dimissionario di Veneto Sviluppo e all’elezione dei quattro nuovi consiglieri dell’ente. I consiglieri regionali di opposizione si sono schierati a fianco della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 21 di Legnago, che ha chiesto «il ripristino di due Ulss per il territorio provinciale veronese, dopo che la sperimentazione di una sola azienda sanitaria provinciale ha prodotto risultati negativi». A favore dell’istituzione di una seconda Ulss veronese si sono espressi Claudio Sinigaglia (Pd), Manuel Brusco (M5S), Giovanna Negro (Veneto del Fare) e Andrea Bassi (Lista Tosi). È sui banchi del consiglio regionale da giugno, dopo aver fatto un anno di anticamera in commissione: ma davvero il progetto di legge 23, ovvero la riforma sanitaria di cui è primo firmatario Luca Zaia, rischia di affondare in aula?
«Se il correlatore Claudio Sinigaglia del Pd – risponde il relatore Fabrizio Boron, del gruppo Zaia Presidente – mette una firma sull’accordo per l’istituzione di sette Ulss, io un minuto dopo vado dal presidente del Veneto Luca Zaia e lo convinco a chiudere la partita della riforma sanitaria». Messa cosi, sembra davvero l’uovo di Colombo. «Prendo in parola Boron – replica a stretto giro di posta Sinigaglia – Lo invito, alla ripresa dei lavori del consiglio, fissata per martedì alle 14, a formulare in aula la proposta del varo di sette Ulss a nome di Lega Nord, Zaia Pre sidente, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Siamo Veneto. Se lo fa, si può chiudere. In realtà, noi dell’opposizione gli abbiamo presentato tre strade da percorrere. La prima: sette Ulss, una per provincia. La seconda: dieci Ulss, ovvero una per provincia più Pedemontana, Veneto Orientale e la seconda Ulss per Verona. Terza possibilità: dodici Uiss, una per provincia più una a testa per le cinque maggiori».
E allora, dove sta il problema? «E’ la Lega – punta il dito Sinigaglia – che ne vuole nove. Il capogruppo Nicola Finco, di Bassano, vuole l’Ulss Pedemontana. Mentre il vicepresidente della giunta, Gianluca Forcolin, pretende l’Ulss del Veneto Orientale. Ma noi non possiamo riformare la sanità veneta in base agli appetiti delle correnti leghiste».
Boron, presidente della commissione Sanità, non ci sta e ribatte: «il Pd è ostaggio dei tosiani, che vogliono l’Ulss Gardesana. Io invito caldamente i democratici a liberarsi da questo abbraccio e a sottoscrivere l’accordo per le sette Ulss».
«I criteri – sottolinea Piero Ruzzante, capogruppo Pd devono essere uniformi in tutto il Veneto. Speriamo che le prossime notti portino consiglio e che martedì la Lega si presenti in aula con un atteggiamento costruttivo».
Ma a che punto siamo? «Siamo ancora fermi – ricapitola Ruzzante – all’articolo 12, quello decisivo, perché determina il numero e l’ampiezza delle Ulss. Con il “canguro” la maggioranza ci ha fatto saltare decine di emendamenti; ne rimangono quindici. Ma soprattutto è accantonato l’articolo 1, sull’Azienda Zero. La maggioranza non ci può accusare di perdere tempo; loro hanno trattenuto in commissione il progetto di legge per nove mesi». Nel caso in cui la riforma sanitaria non dovesse passare in tempi utili, si tornerebbe, dagli attuali nove commissari, ai ventuno – alla guida di altrettante Ulss – che governavano la sanità del Veneto prima del 2016. «I commissari verrebbero nominati – aggiunge Boron – in base al decreto Madia, cioè formulando delle rose sulle quali poi dovrebbe pronunciarsi il ministero della Salute».
Sinigaglia eccepisce: «Non essendo ancora stati varati i decreti attuativi, il decreto Madia non può essere applicato». Intanto Zaia tace. Ma c’è chi si augura che faccia presto capolino in consiglio per dire come la pensa. Il consiglio si riunisce martedì.
Il Mattino di Padova – 2 ottobre 2016