La riforma della pubblica amministrazione targata Marianna Madia ha effettuato il primo giro di boa. Ieri è, infatti, scaduto il termine per esercitare la prima parte della delega concessa al Governo dalla legge 124 del 2015 di riassetto complessivo dell’universo pubblico, riforma entrata in vigore il 28 agosto dell’anno scorso. Restano ora altri sei mesi per mettere a punto i restanti decreti legislativi, che dovranno arrivare entro fine febbraio. Seppure in zona Cesarini, il lavoro della prima fase di disegno del nuovo volto della pubblica amministrazione può dirsi compiuto. Il Consiglio dei ministri di giovedì scorso ha approvato gli ultimi tre decreti del pacchetto in scadenza il 28 agosto, data entro la quale il Governo doveva esercitare la delega. Si è trattato del sofferto provvedimento sulla dirigenza pubblica – annunciato già al Consiglio dei ministri del 10 agosto e considerato dalla Funzione pubblica propedeutico anche al rinnovo dei contratti del pubblico impiego
E di quello altrettanto elaborato e contrattato di taglio e riorganizzazione delle Camere di commercio. In questo caso la soluzione scelta è di affidare direttamente a Unioncamere il compito di ridisegnare la geografia delle proprie sedi sul territorio. L’ultimo decreto, dei tre in scadenza, ad aver ricevuto il via libera giovedì è quello relativo alla semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca.
C’è stato, inoltre, un quarto provvedimento su cui il Consiglio dei ministri si è espresso: si tratta dello scorporo del comitato italiano paralimpico dal Coni e la sua trasformazione in ente autonomo di diritto pubblico. Questo decreto, però, non era “urgente” come gli altri tre, perché fa parte della seconda fase di attuazione. Rientra, cioè, tra quei provvedimenti per approntare i quali il Governo può esercitare la delega entro il 28 febbraio prossimo.
Non si tratta dell’unico decreto ascrivibile alla seconda fase e già arrivato al traguardo. Ci sono, infatti, anche quello sull’accorpamento deli Forestali ai Carabinieri e l’altro di riorganizzazione delle Autorità portuali: questi ultimi – a differenza di quello sul comitato paralimpico, che è stato approvato da Palazzo Chigi in via preliminare – hanno anzi già compiuto tutti i passaggi e aspettano l’arrivo sulla «Gazzetta Ufficiale».
Dunque, il giro di boa del primo anno si compie senza lasciarsi quasi niente alle spalle: l’unico provvedimento che manca all’appello è quello sulla razionalizzazione delle spese per le intercettazioni, al quale avrebbe dovuto provvedere il ministero della Giustizia entro il 28 aprile e per il quale la delega è scaduta.
La seconda fase
Questo non vuol dire che la riforma sia ora in uno stato di quasi compiutezza. Più semplicemente significa – per quanto non sia certo da sottovalutare – che i decreti attuativi previsti per la prima fase sono arrivati in porto. Non solo, la gran parte ha già completato l’iter – doppia approvazione, preliminare e definitiva, del Consiglio dei ministri, parere del Consiglio di Stato (dove per snellire le procedure è stata istituita una commissione ad hoc per l’esame dei provvedimenti della riforma), valutazione delle commissioni parlamentari. Cinque di questi decreti sono già approdati in Gazzetta e gli altri sono in procinto di farlo. A inizio corsa ci sono – oltre ai decreti ancora in fase di predisposizione – solo i quattro provvedimenti approvati dal Governo giovedì.
Per completare l’opera occorre esercitare le altre deleghe in scadenza a febbraio. La prima dovrebbe tradursi in pratica già nelle prossime settimane: si tratta del decreto che riordina l’Aci e il Pra. A quel punto mancheranno all’appello provvedimenti di peso e sui quali c’è da attendersi un serrato lavoro di messa a punto. Si tratta del testo unico sul pubblico impiego, di quello (o quelli) sulla riorganizzazione di Palazzo Chigi, dei ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici e dell’ultimo sul taglio e riassetto delle prefetture.
Reazione a catena
L’esercizio delle deleghe in genere si traduce in un percorso a cascata: norme che richiamano altre norme. Anche la riforma della Pa non si sottrae all’effetto matrioska. Come le bamboline russe incastonate una dentro l’altra, pure alcuni dei decreti legislativi sulla nuova Pa giunti al traguardo per essere tradotti in pratica rimandano ad altri provvedimenti. Il caso più eclatante è l’accorpamento della Forestale ai Carabinieri: perché il processo di unificazione si completi saranno necessari anni e serviranno altri 22 atti. Meno numerosi gli ulteriori passaggi richiesti per dare corpo alle modifiche del Cad, al riassetto delle Autorità portuali e al taglio delle partecipate: per completare l’opera “basteranno” altri 9 provvedimenti per ciascun decreto.
Antonello Cherchi – Il Sole 24 Ore – 29 agosto 2016