di Fabrizio Caccia, dal Corriere della Sera. Si sono tagliati le zampe per scavare, hanno respirato eternit e polvere per ore, hanno anche rischiato di precipitare, insieme alle case franate, sotto le scosse ripetute del sisma. Sono i cani del terremoto, una razza particolare, pronti al martirio senza chiedere nulla in cambio, muti e fedeli per sempre come il cockerino accucciato ieri vicino alla bara del suo padrone, nella camera ardente allestita all’interno della palestra comunale di Ascoli. Cani salvatori, cani salvati e cani ancora da salvare, anzi meglio da adottare subito, perché sono tanti quelli oggi rimasti soli, resi orfani dal sisma e che ora vagano per le strade con occhi che più tristi non si può, depressi e impolverati come il meticcio senza nome che da tre giorni, a Pescara del Tronto, arriva fino alla casa crollata di due anziani, marito e moglie, morti entrambi sotto le macerie e poi torna indietro, sempre più disilluso. Forse quei due vecchietti erano tutta la sua famiglia.
Finiranno nei canili, se nessuno si farà avanti. Per loro non c’è stato ancora il lieto fine di Ercole il chihuahua, il sopravvissuto di Accumoli, che alle 3.36 di quella notte, quando venne giù tutto e andò via la luce, si ritrovò da solo sopra il cuscino leopardato che gli faceva da cuccia e lì restò fino all’arrivo dei soccorsi, mentre tutti intorno a lui scappavano.
Comunque è andata bene, per fortuna: Palazzo Bonamici — la casa dei suoi ospiti umani — ha retto all’urto ed Ercole è tornato oggi al suo cuscino. Avrà molto da raccontare ai suoi simili: finora — dice Mattia Tucci, il suo giovane padrone — l’esperienza più dura che aveva dovuto affrontare era stata una lavanda gastrica e tre giorni di ricovero in clinica veterinaria per essersi mangiato tutto il veleno del topo.
I cani del terremoto non sono neppure invidiosi tra di loro: e allora, per esempio, sebbene tutti adesso stiano parlando di Leo, il labrador poliziotto salvatore della piccola Giorgia a Pescara del Tronto, eccone altri che fanno il suo stesso mestiere restando nell’ombra, ma con identica devozione. Come Falco, il pastore tedesco dell’unità cinofila dei Vigili del fuoco dell’Emilia Romagna, che s’è tagliato un orecchio passando sotto una trave, ma alla fine è riuscito lo stesso a segnalare al suo conduttore dov’era una persona da salvare. E ancora Mambo, il pastore tedesco della Protezione civile di Malta, che si è ferito tutti i polpastrelli di una zampa durante un’operazione di salvataggio ad Amatrice e ieri lo auscultava con un fonendoscopio il dottor Alessio Ceriani, medico volontario partito da Varese per aiutare la gente terremotata. Alla fine gli ha prescritto lozioni dermatologiche e qualche ora di meritato riposo.
Cani che hanno fatto miracoli come Lilly la barboncina: due giorni prima del terremoto ha cominciato a tremare e a infilarsi sotto il letto di casa, ad Accumoli, l’epicentro del sisma. La signora Fabiola Cianfarani, così, s’è preoccupata e ha deciso di partire per Roma per portarla subito dal veterinario: Lilly perciò l’ha salvata, è evidente che presentisse qualcosa.
Nell’arca salpata dopo il diluvio del terremoto, sono tanti gli animali bisognosi d’aiuto: i pompieri di Bologna ieri hanno portato l’acqua anche a novanta pecore e a due pastori maremmani rimasti isolati su a Pescara del Tronto. Perché anche l’uomo sa essere il miglior amico del cane. Quando vuole .
Leo, che ha sentito Giorgia. Adesso ripensiamo a noi e loro
di Marco Cianca. Il cane Leo. Un eroe, citato da Matteo Renzi. Giorgia, 4 anni, gli deve la vita. È stato lui a indicare il punto nel quale la bambina era sepolta sotto le macerie, a Pescara del Tronto. Ma non è il solo. Tanti i salvifici latrati che hanno accompagnato l’opera dei soccorritori, lanciando onde sonore di speranza e di gioia nel tetro silenzio del terremoto. Cani salvatori, cani addestrati. Ma anche cani che con il loro abbaiare hanno dato l’allarme prima dell’arrivo del sisma, cani morti, cani feriti che sono rimasti accanto alle macerie di quelle che erano le loro case finché non veniva salvata tutta la famiglia, cani sopravvissuti e adottati dagli stessi sfollati, cani dispersi.
In azione veterinari volontari e c’è chi sta organizzando una raccolta di scatolette, crocchette, ciotole. Tanti nomi, tante storie. Pluto, Corto, Rubia, Asso, Leone, Bravo. Lacrime e tenerezza. Come non commuoversi guardando il barboncino accoccolato su un letto d’ospedale accanto ad Antonio, il suo padrone, 97 anni, che allunga la dolente mano per accarezzare il bianco batuffolo?
Il 16 agosto i nomi di altri due cani, Asia e Macchia, due dogo argentini, avevano sollevato orrore e indignazione. Terribile la foto che li ritrae dopo aver sbranato un bimbo di un anno mezzo a Mascalucia, nel Catanese. Uno è accovacciato in un angolo, l’altro ha un ringhio che scopre le mascelle omicide. Gli occhi sono un misto di ferocia e di disperazione. Cani assassini, razze pericolose, da bandire. Subito è riscoppiata la polemica.
Ma dietro quelle bestie c’è sempre una persona. Ecco, il cane e l’uomo. Animali frutto di esasperati incroci e addestrati a combattere e uccidere per la ottusa protervia di vili padroni e per criminali guadagni. Animali vittime di esperimenti e vivisezioni. Animali educati a scovare vite sotto le macerie. Animali randagi. Animali in gabbia che uggiolano la loro preghiera per essere adottati. E tanti, tanti, cani da compagnia. Si può parlare di cani buoni e cani cattivi, allora? Non sarebbe meglio analizzare il comportamento dell’uomo? Konrad Lorenz ci ha raccontato, condendo con un po’ di fantasia il rigore di scienziato, i primi approcci tra i nostri antenati, nel paleolitico e nel neolitico, e gli antenati degli ormai inseparabili compagni di strada che ci camminano alle calcagna con tutti i sensi tesi a non perderci «dal giorno in cui il primo sciacallo dorato cominciò a farlo: una somma incalcolabile di amore e di fedeltà» (E l’uomo incontrò il cane, Adelphi). Una banalità: se i marciapiedi sono imbrattati, la colpa è dei quattro zampe o dei padroni che non raccolgono le feci? E chi arriva a mettere le polpette avvelenate non merita il carcere e il pubblico ludibrio? «Dio ha creato gli esseri umani per fare compagnia ai cani», ha scritto Frederick Seidel. E un altro premio Nobel per la poesia, Philip Schultz, ha riportato questa frase nel suo ultimo libro (Erranti senza ali, Donzelli) quale viatico per versi come «I cani, per natura/non sono dispettosi/Non portano rancore. /Li puniamo, esaltiamo e tormentiamo/ come fossero noi». «Siamo tutti parte di un branco» e «chi porta a spasso i cani sa/come unirsi/ all’ululato di un cane».
Leo, l’eroe di Pescara del Tronto, non ha solo salvato una bambina. Ha abbaiato per svegliarci tutti dal nostro torpore. L’uomo e il cane. Una storia infinita.
IL Corriere della Sera – 27 agosto 2016