di Andrea Bassi. Il modello potrebbe essere quello della riduzione delle tasse, disegnato dal governo su un orizzonte di tre anni: prima l’Imu sulle prime casa, poi il prossimo anno l’Ires sulle aziende e, infine, l’Irpef. Anche per le pensioni tra Palazzo Chigi e Tesoro si starebbe ragionando su un sistema simile. Alcune misure sarebbero inserite subito nella prossima manovra finanziaria. Altre potrebbero essere programmate per quella del prossimo anno. Quelle che di sicuro dovrebbero trovare spazio, sono l’Ape, l’anticipo pensionistico mediante il prestito, e le ricongiunzioni gratuite per chi ha versato contributi in gestioni diverse. A consigliare una soluzione del genere sarebbero le risorse a disposizione del governo. Sia Palazzo Chigi che il tesoro ripetono come un mantra che i conti si faranno solo dopo il 27 settembre, quando il quadro macroeconomico sarà chiaro. E soprattutto dopo che si avrà una ragionevole certezza sulla flessibilità che la Commissione europea sarà disposta a concedere all’Italia il prossimo anno.
Ma il costo complessivo del pacchetto del quale stanno discutendo i sindacati con il governo al tavolo cootrdinato dal sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini appare difficilmente sostenibile, anche considerando la concorrenza di altre misure come il rinnovo del contratto degli statali, che dovranno essere finanziate con la prossima legge di stabilità.
Secondo i calcoli l’intero pacchetto previdenziale potrebbe pesare a regime sui conti pubblici fino a 4 miliardi di euro e subito potrebbe chiedere uno sforzo di almeno 2,6 miliardi…
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21 agosto 2016