Ogni anno un quarto dei dipendenti pubblici rischierà di avere pesanti tagli in busta paga. Dovrà accontentarsi del salario base, senza neanche un centesimo in più legato alla produttività. Perdendo, in alcuni casi, fino al 40 per cento del proprio stipendio. Un’altra fetta consistente, che conterà uno statale su due, avrà delle decurtazioni un po’ meno dolorose, ma comunque inevitabili. Solo un 25 per cento di lavoratori pubblici, quelli considerati più bravi, potrà ricevere il premio per intero. Con la completa attuazione della riforma della Pa, il governo punta a ridefinire l’intero quadro delle regole della valutazione per il mondo del lavoro pubblico, dirigenti inclusi. Con giudizi più stringenti di quelli attuali ma anche con un chiarimento definitivo su chi si occuperà delle pagelle e quali saranno gli obiettivi da raggiungere. Dal punto di vista della riscrittura delle norme non sarà una rivoluzione: le regole esistono già, ma la riforma Madia le rafforzerà e le renderà applicabili.
IMPIEGATI E DIRIGENTI
Si parte con il decreto approvato venerdì notte dal Consiglio dei ministri, sulla «valutazione delle performance» degli uffici pubblici. Un primo passo per definire il nuovo modello di meritocrazia nelle amministrazioni pubbliche. Gli uffici per essere giudicati produttivi dovranno dimostrare con i fatti di raggiungere gli obiettivi economici e organizzativi stabiliti dal governo. La riforma si completerà con i decreti attuativi della delega Madia. Entro l’estate il governo approverà le regole più generali: ad essere giudicato non sarà solo l’ente pubblico per intero, ma anche i singoli dipendenti e i suoi vertici. Con una sorta di classifica saranno individuati i più efficienti e i meno solerti. E sulla base della graduatoria interna si decideranno stipendi e carriere.
Come detto, il primo tassello per la riforma del merito nelle Pa è rappresentato dal regolamento sulle prestazioni degli enti. Con le nuove norme il dipartimento della Funzione pubblica terrà le redini dell’intero sistema di valutazione degli uffici. Compito che in passato era stato attribuito alla Civit (la Commissione indipendente per la valutazione e l’integrità nella Pa), poi sostituita dall’Authority di Raffaele Cantone, l’Anac. Innanzitutto, il dipartimento di Palazzo Chigi lavorerà con il Tesoro per «allineare le indicazioni metodologiche in tema di performance» con quelle «dei documenti di programmazione e rendicontazione economico finanziaria». Tradotto, i risultati organizzativi saranno legati a doppio filo alla programmazione economica dell’ufficio, che se positiva aumenterà le performance dell’ente. E punti in più andranno a quelle amministrazioni che realizzeranno in pieno i risparmi.
Aumenteranno i controlli interni per giudicare il lavoro degli uffici, inclusa la gestione dei vertici. A Palazzo Vidoni, inoltre, sarà formata una commissione di cinque tecnici che indicherà quali strumenti operativi utilizzare per le future valutazioni. Si occuperanno delle pagelle vere e proprie gli Organismi indipendenti di valutazione (Oiv), già esistenti in ogni singola amministrazione.
IL SALARIO ACCESSORIO
La riforma si completerà con il decreto legislativo Madia sul pubblico impiego, che il ministero sta scrivendo. Si interverrà sulla cosiddetta produttività, ovvero la parte di stipendio che non è fissa e uguale per tutti, bensì è legata ai risultati ottenuti. Si chiama salario accessorio, ed è stato creato per incentivare l’efficienza. Almeno in teoria, perché nella pratica è successo che alcune Pa non hanno usato lo strumento con accortezza. Il più delle volte il metodo utilizzato è stato quello dei premi a pioggia. Per rimediare a questa disfunzione il futuro decreto creerà una specie di classifica del merito: saranno di fatto ripristinate le norme della riforma Brunetta del 2009 rimaste solo su carta. Al termine di un anno di lavoro, il personale sarà giudicato secondo i risultati ottenuti. Il 25% dei dipendenti che si troveranno ai primi posti riceveranno il premio per intero. Il 50% della fascia intermedia avrà il premio dimezzato. Infine il 25% che finisce in fondo alla graduatoria non avrà niente. (Il Messaggero)
PA, NUOVE REGOLE PER LA «MERITOCRAZIA»
Il consiglio dei ministri di venerdì ha dato il via libera definitivo anche al regolamento sulla «valutazione delle performance» nella Pubblica amministrazione. A dispetto del titolo, in realtà, il provvedimento va considerato solo un antipasto del nuovo tentativo di «meritocrazia» negli uffici pubblici, perché le regole generali saranno portate dal secondo gruppo dei decreti attuativi della riforma Madia, in particolare da un decreto ad hoc sulla valutazione e dal nuovo testo unico sul pubblico impiego atteso nelle prossime settimane.
L’origine del regolamento è infatti precedente alla legge delega, e affonda le sue radici nel decreto sul pubblico impiego del 2014 che ha trasferito dall’Anac alla Funzione pubblica i vecchi compiti sul tema prima attribuiti alla Civit, la «commissione indipendente sulla valutazione» antenata dell’Autorità anticorruzione.
In pratica, il decreto fissa gli indirizzi per cominciare ad attuare davvero la valutazione delle performance, sia dell’ufficio sia dei singoli dipendenti, già previste dalla riforma Brunetta del 2009 ma finora rimaste lettera morta. A Palazzo Vidoni opererà una «commissione tecnica per la performance», chiamata a fornire i «metodi» e gli «strumenti operativi» per le valutazioni. Nelle singole amministrazioni i compiti sono affidati agli «organismi indipendenti di valutazione», ma va detto che la realizzazione di tutto il sistema nelle regioni e negli enti locali dovrà passare attraverso intese in conferenza unificata.
Potrebbe invece arrivare al prossimo Consiglio dei ministri il primo via libera definitivo a un decreto attuativo della riforma della Pa, quello sulla trasparenza che deve introdurre anche da noi il «Freedom of Information Act». Ieri la ministra per la Pa e la semplificazione Marianna Madia ha incontrato i rappresentanti del «Foia4Italy», la rete delle associazioni che ha raccolto 82mila firme in calce alla proposta del Foia per l’Italia. Madia ha ribadito che il testo finale accoglierà le «modifiche migliorative» chieste anche dal Consiglio di Stato, a partire dalle correzioni al silenzio-rifiuto (il testo originale permette alla Pa di non rispondere senza motivarne le ragioni) e alle regole sui costi a carico dei richiedenti. La versione finale, insomma, sarà il frutto della «collaborazione fra istituzioni e società civile», che secondo il ministro deve proseguire anche nell’«avventura dell’attuazione» per sensibilizzare amministrazioni e cittadini sulle potenzialità delle nuove regole. (Il Sole 24 Ore)
2 maggio 2016