Si sono intensificati i controlli ufficiali per la ricerca di aflatossine nel latte e nei mangimi. Le recenti condizioni climatiche, che si sono verificate in Italia nel corso dell’estate 2015, caratterizzate da una prolungata siccità, hanno determinato una accresciuta contaminazione da aflatossine nelle produzioni di mais e nelle produzioni di latte che, in alcuni casi, ha superato i limiti fissati dalla normativa comunitaria. L’incremento di aflatossine nel mais può avere ripercussioni di natura sanitaria sia dirette, sul mais ad uso alimentare, che indirette, attraverso l’uso dello stesso nei mangimi e la conseguente presenza di aflatossina M1 nel latte, oltre i livelli consentiti. La Regione Veneto con una nota dell’8 aprile ha trasmesso ai servizi veterinari delle Usl la circolare della Direzione generale per l’Igiene e Sicurezza degli alimenti del Ministero che ha disposto una intensificazione dei controlli.
Controlli che vanno a verificare le conformità dei prodotti alimentari (mais e latte) ai limiti fissati dal Regolamento Ce 1881/2006 e per i mangimi ai limiti fissati dalla Direttiva 2002/32/Ce. La nota dispone le procedure da adottare e richiama i principali obblighi degli operatori del settore alimentare. Tra cui il ritiro dal mercato del prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza, l’obbligo di darne comunicazione alle autorità competenti e agli utenti, nonché l’obbligo di collaborare e consentire la collaborazione con le stesse per prevenire, ridurre o eliminare un rischio.
La nota del Ministero invita gli Assessorati regionali anche a verificare se sul proprio territorio sussistano le condizioni per attivare le procedure operative straordinarie, di cui alla nota del Ministero della salute del 16 gennaio 2013. Nella nota di trasmissione il direttore della Sezione Veterinaria e Sicurezza alimentare della Regione, Giorgio Cester, ricorda che nell’ottobre 2015 il Veneto aveva già disposto un monitoraggio straordinario che non aveva evidenziato particolari criticità sul terriorio regionale (due campioni positivi su 150).
Dopo le positività riscontrate in Lombardia (dove sono stati coinvolti una trentina di caseifici) il 5 aprile scorso Nas e Usl hanno riscontrato, dalle analisi in autocontrollo fatte eseguire nel mese di agosto da una Latteria del Trevigiano, un eccesso di aflatossine e sequestrato in via precauzionale 12 forme di Grana padano in un centro di stagionatura. I controlli in Veneto proseguono e il 7 aprile è scattato il blocco di oltre 5mila forme di formaggio prodotte in un caseificio del Vicentino. Anche in questo caso non sarebbero state rispettate le procedure operative per la prevenzione e gestione del rischio. Ma saranno le analisi dell’IzsVe a verificare l’eventuale presenza di aflatossine. Il Consorzio Grana padano ricorda che in Lombardia e in Veneto nessuna forma è arrivata sul mercato perché la stagionatura dura come minimo 9 mesi e il latte contaminato risale al mese di agosto 2015.
* Le aflatossine sono prodotte dal fungo Aspergillus Flavus che spesso attacca granaglie, mais, cotone e semi oleosi. Le vacche da latte, alimentate con mangimi contaminati, contenenti fungo e l’aflatossina B1, la metabolizzano e la trasformano in aflatossina M1. La prima è classificata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer), la massima autorità scientifica internazionale in materia, come “sicuramente cancerogena” (provocano cancro al fegato). La forma M1 (derivato metabolico dalla B1) si può trovare nel latte ed è classificato come “possibile cancerogeno”. L’Italia è particolarmente soggetta al problema perché questi miceti si sviluppano in condizioni di stress della pianta durante la coltivazione, come l’aridità dei terreni o un clima troppo caldo, e poi proliferano nelle fasi successive di raccolta e di stoccaggio.
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13 aprile 2016