Ha l’effetto di un colpo di grazia al settore della ricerca la decisione emessa due giorni fa dal Consiglio di Stato. I giudici amministrativi, con effetto immediato, hanno accolto l’appello presentato dalla Regione Veneto nei confronti delle Università di Padova, Verona, Ca’ Foscari e Iuav di Venezia: oltre agli atenei veneti, a uscire sconfitto dal contenzioso giudiziario risulta anche l’Associazione Civen (Coordinamento interuniversitario veneto) in liquidazione, mentre l’oggetto del contendere era la revoca dei contributi regionali alla ricerca. Sul piatto «ballavano» qualcosa come dieci milioni di euro e, per comprendere a pieno portata e termini della vicenda, bisogna fare un passo indietro e risalire al 19 novembre 2015, quando i magistrati del Tar di Venezia avevano invece dato ragione a Università e Civen bocciando di fatto i tagli inflitti da Palazzo Baldi ai fondi per la ricerca sulle nanotecnologie.
Ma se i giudici lagunari, appena 4 mesi fa, avevano acceso il semaforo rosso alla scure regionale obbligando Palazzo Balbi ad aprire il «portafogli», con la decisione (si tratta dell’ordinanza cautelare 998 del 2016, emessa in camera di consiglio dalla quinta sezione del Consiglio di Stato) appena ufficializzata a Roma quegli stessi tagli vengono invece promossi in toto.
Accolte dunque le tesi della Regione in quanto «appare del tutto palese – si legge nel provvedimento depositato l’altro ieri dal Consiglio di Stato – il periculum prospettato da parte appellante avuto riguardo al recupero delle somme già corrisposte». Un verdetto, quello pronunciato a Roma, diametralmente opposto a quello emesso dal Tar del Veneto lo scorso novembre: accogliendo i ricorsi delle tre Università e di Civen in liquidazione, i giudici veneziani avevano scritto che «nel bilanciamento degli opposti interessi, deve ritenersi senz’altro prevalente il profilo del periculum derivante dal rilevante pregiudizio economico conseguente alla richiesta di restituzione dei contributi a suo tempo concessi che risultano già spesi per l’attività di ricerca espletata». Non solo, perché in quella sede il Tar impose anche a Palazzo Balbi «il divieto di procedere all’escussione delle polizze fideiussorie rilasciate a garanzie degli impegni derivanti dalla convenzione». Quando assunse la decisione di tagliare i fondi alla ricerca sulle nanotecnologie, la Regione aveva motivato la scure con un vizio formale, ovvero la mancata presentazione da parte di Civen della rendicontazione del progetto entro il termine perentorio di 30 giorni dalla conclusione, l’1 luglio 2013. Un’argomentazione che non aveva però convinto i giudici del Tar, secondo cui invece l’assenza di rendicontazione andava ricondotta proprio alla mancata erogazione dei finanziamenti a Civen, come avevano del resto sostenuto in udienza i legali delle tre Università venete, professori Vittorio Domenichelli e Marcello Maggiolo. Altra argomentazione avvalorata contro Civen da Palazzo Balbi, che l’ha riproposta infatti a Roma, risultava l’aver affidato in gestione la strumentazione a Veneto Nanotech, il centro di ricerca che per il 76% appartiene proprio alla Regione e che sta vivendo una fine ingloriosa (è in concordato preventivo). E ora? Il verdetto del Consiglio di Stato è immediatamente esecutivo: oltre a chiudere i rubinetti a beneficio della ricerca, Palazzo Balbi ha anche acquisito il diritto alla restituzione dei fondi già erogati. E pensare che Civen, quando nel 2005 fu fondato, aveva l’obiettivo di sviluppare il primo distretto delle nanotecnologie. Undici anni dopo, è in liquidazione. E senza più risorse.
Laura Tedesco – Il Corriere del Veneto – 27 marzo 2016