Il provvedimento è stato incardinato ieri in XII commissione al Senato. La presidente, Emilia Grazia De Biasi (Pd), ha proposto di svolgere una rapida istruttoria legislativa mediante un ciclo di audizioni informali. Nella sua illustrazione, il relatore Amedeo Bianco (Pd) ha sottolineato alcuni punti del provvedimento che potrebbero necessitare di alcune precisazioni e migliorie. Incardinato nella seduta di ieri della commissione Sanità al Senato il disegno di legge sulla responsabilità professionale. Il relatore, Amedeo Bianco (Pd), dopo aver illustrato il provvedimento approvato lo scorso 18 gennaio dalla Camera, ha proposto la sua adozione come testo base per il prosieguo dell’esame. Proposta accolta dalla XII commissione. La presidente, Emilia Grazia De Biasi (Pd), ha poi proposto di svolgere una rapida istruttoria legislativa mediante un ciclo di audizioni informali. Le richieste di modifica di Bianco.
Come dicevamo, durante la sua relazione, Bianco ha illustrato il provvedimento, ponendo l’accento su alcuni punti sui quali la commissione potrebbe intervenire per meglio specificarne il contenuto.
Ad esempio, all’articolo 4, il comma 2 prevede che, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli aventi diritto, la direzione sanitaria della struttura fornisca la documentazione clinica relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico. A tale riguardo, il relatore ha segnalato che qui occorrerebbe precisare la nozione di “documentazione clinica”, chiarendo se essa comprenda, tra l’altro, anche la documentazione relativa alle forme di assistenza sanitaria domiciliare.
Quanto poi all’articolo 6, laddove si pone una limitazione per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose, circoscrivendo la relativa responsabilità alle ipotesi di colpa grave per l’esercente una professione sanitaria ed escludendo dalla nozione di colpa grave le ipotesi in cui, fatte salve le rilevanti specificità del caso concreto, siano state rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni contemplate dalle linee guida, il relatore ha segnalato l’opportunità di chiarire quale sia la portata normativa dell’articolo rispetto alla disciplina vigente, “la quale esclude, per tutti i reati, la responsabilità dell’esercente una professione sanitaria per i casi di colpa lieve, qualora, nello svolgimento della propria attività, il medesimo si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”. Bianco ha inoltre osservato che “occorrerà valutare se sussista l’esigenza di porre una norma transitoria – che faccia salvo il riferimento alle suddette linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica – per l’eventuale periodo precedente la pubblicazione delle linee guida ai sensi dell’articolo 5”.
Passando alla responsabilità civile, disciplinata dall’articolo 7, il relatore, nel ricordare che il decreto-legge Balduzzi prevede che il giudice, anche ai fini della determinazione del risarcimento del danno, tenga debitamente conto dell’eventuale circostanza che il sanitario si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, segnala che potrebbe essere opportuno chiarire se analogamente, nel nuovo contesto di cui al disegno di legge in esame, il giudice debba tener conto, anche ai fini della determinazione del risarcimento del danno, della sussistenza delle circostanze in cui l’articolo 6 esclude la responsabilità penale. Segnala, inoltre, che il comma 1 dell’articolo 9 “limita la possibilità di azione di rivalsa nei confronti dell’esercente una professione sanitaria ai casi di dolo o colpa grave; di conseguenza, l’ambito di responsabilità nell’azione di rivalsa appare più circoscritto rispetto all’ambito di responsabilità del sanitario nell’eventuale azione diretta (nei suoi confronti) del danneggiato”.
L’articolo 8, prevede poi che, in caso di mancata conciliazione, la domanda giudiziale, con le modalità di cui al comma 3, venga tassativamente presentata ed esaminata nell’àmbito del procedimento sommario di cognizione, ferma restando l’ipotesi che il giudice ravvisi (in base alle difese svolte dalle parti) l’esigenza di un’istruzione non sommaria e che, di conseguenza, fissi, con ordinanza non impugnabile, l’udienza per il procedimento ordinario di cognizione. In questo caso Bianco ha osservato che potrebbe essere opportuno chiarire se la disciplina di cui al citato comma 3 riguardi anche le controversie che, in base al loro valore, siano di competenza del giudice di pace, “considerato anche che la Corte di Cassazione ha ritenuto che il procedimento sommario summenzionato non si applichi alle cause di competenza del giudice di pace”.
Il comma 1 dell’articolo 9 limita la possibilità di azione di rivalsa nei confronti dell’esercente una professione sanitaria ai casi di dolo o colpa grave. I successivi commi dell’articolo 9 recano una disciplina specifica dell’azione di rivalsa. Si introduce, tra l’altro, il principio (commi 5 e 6) che la rivalsa, in caso di danno derivante da colpa grave (anziché da dolo), non possa superare una somma pari al triplo della retribuzione lorda annua. A tale riguardo, il relatore ha rilevato che potrebbe essere opportuno precisare quest’ultima nozione, in particolare con riferimento ai lavoratori diversi da quelli subordinati ed ai casi in cui il rapporto di lavoro non duri tutto l’anno o consista in prestazioni occasionali.
Restando sullo stesso articolo, il terzo periodo del comma 5 dispone che per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di rivalsa, sia vietato che l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, sia preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti ed esclude la possibilità di partecipazione a pubblici concorsi per incarichi superiori. A tale proposito, Bianco ha rilevato che “sarebbe opportuno chiarire se tali divieti riguardino, con riferimento ai sanitari che intendano transitare in una struttura pubblica o quantomeno con riferimento ai sanitari nel frattempo transitati in una struttura pubblica, anche i casi in cui l’accoglimento della domanda di rivalsa sia stato in favore di una struttura privata”.
Illustrando l’obbligo di assicurazione disciplinato dall’articolo 10, Bianco ha rilevato che si dovrebbe chiarire se l’obbligo per gli esercenti attività sanitaria, operanti a qualsiasi titolo in strutture pubbliche o private, di stipulare un’adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile, “al fine di garantire efficacia all’azione di rivalsa”, decorra solo successivamente all’emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 6.
Quanto poi all’obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione di comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo, per il relatore “non appaiono chiari gli effetti del mancato rispetto del suddetto termine”.
Infine, una riformulazione più chiara viene richiesta anche per l’articolo 15 recante disposizioni sui consulenti tecnici e periti di ufficio.
Giovanni Rodriquez – Quotdiano sanità – 17 febbraio 2016