di Andrea Bassi. La si potrebbe ribattezzare la norma «anti fannulloni». Sarà più semplice licenziare gli statali assenteisti seriali, quelli per esempio che si ammalano ogni lunedì mattina, o quelli che un determinato giorno dell’anno disertano in massa con giustificazioni varie, come era accaduto lo scorso 31 dicembre per i vigili di Roma. Ad annunciare la stretta, è stato ieri il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, a margine di un convegno dell’Università di Modena e di Reggio Emilia. In tema «di procedimenti disciplinari nel testo unico sul pubblico impiego», ha spiegato il ministro, «noi abbiamo un focus specifico sulle assenze particolari, le assenze reiterate, le assenze di massa», in modo che, ha sottolineato, «le norme, che già ci sono anche nel nostro ordinamento, siano norme non teoriche ma che si concretizzano se il dipendente sbaglia».
Il riferimento è al fatto che su circa 3 milioni di dipendenti pubblici, solo 220 lo scorso anno sono stati messi alla porta per questioni disciplinari. Ma come ha intenzione di intervenire il governo? Modificando le norme sui licenziamenti per scarso rendimento, già introdotte dalla riforma Brunetta anche nel pubblico impiego.
IL MECCANISMO
Oggi le norme prevedono che il licenziamento per scarso rendimento deve sostanzialmente avere due caratteristiche. Deve innanzitutto essere legato ad una valutazione biennale delle prestazioni del lavoratore pubblico. E poi deve avere una sorta di elemento soggettivo. Il dipendente cioè, deve essersi macchiato di qualche “colpa”. Insomma, oltre a non avere una prestazione soddisfacente, deve aver violato qualche norma di legge o il contratto. Se però si assenta ogni lunedì, o in un giorno prefestivo, e ha un certificato apparentemente valido, oggi è difficile metterlo alla porta. Le assenze anomale, quelle reiterate o di massa, verranno invece esplicitamente indicate come “colpa” da valutare ai fini del licenziamento.
Si tratta solo di un primo passaggio. Il secondo mattoncino della riforma del lavoro pubblico al quale lavora il ministero della Funzione pubblica, è la semplificazione del procedimento. Quando oggi uno statale commette delle violazioni, come nel caso dei dipendenti del Comune di San Remo che si facevano timbrare il cartellino dai colleghi, pur esistendo delle norme precise che prevedono sanzioni e anche il licenziamento, non è ben chiaro come tutta la procedura debba funzionare, ossia chi deve fare cosa e in quali tempi. L’idea che starebbe maturando, sarebbe quella di affidare tutti i poteri disciplinari a degli ispettorati interni alle amministrazioni.
La procedura dovrebbe essere attivata dai dirigenti (chi non lo fa subirebbe delle sanzioni), e tutto l’iter disciplinare dovrebbe concludersi in tempi certi, al massimo cento giorni.
L’ACCELERAZIONE
Le nuove norme sul lavoro pubblico sono per il momento ancora un cantiere. La riforma Madia prevede che per attuare questa parte della delega, il governo abbia a disposizione 18 mesi. Il testo definitivo, dunque, non si avrà prima della prossima primavera.
Su altri spezzoni della riforma della Pubblica amministrazione, invece, Palazzo Chigi ha deciso di accelerare. I decreti pronti per essere approvati sono una decina. Una buona parte, ha annunciato ieri lo stesso ministro Madia, saranno approvati dal consiglio dei ministri prima di Natale. Di che testi si tratta? C’è il decreto sblocca burocrazia, che taglierà del 50% i tempi di autorizzazione per le opere strategiche. La riforma delle partecipate pubbliche, che saranno ridotte da 8 mila a meno di 3 mila. La riforma dei servizi locali, il codice dell’amministrazione digitale con l’arrivo del Pin unico per il cittadino. E poi il taglio delle Camere di commercio, l’accorpamento della Guardia forestale nel corpo dei Carabinieri, il decreto per rendere trasparenti tutti gli atti della pubblica amministrazione, la semplificazione della conferenza dei servizi, il provvedimento sui porti e un testo sulla dirigenza medica.
Il Messaggero – sabato 28 novembre 2015