di Raffaele Marmo, QN. Fine delle illusioni sulle pensioni flessibili. Solo qualche spiraglio in più, invece, per una nuova salvaguardia per gli esodati. I due messaggi sono del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Li lancia in pieno Parlamento, poco curandosi delle proteste di Lega, 5 Stelle, sinistre varie (anche dem) e centro-destra plurale. E ancora meno degli appelli e delle mobilitazioni del sindacato. Niet. La flessibilità, comunque congegnata, scassa i conti, secondo il responsabile del Tesoro, e non potrà far parte della prossima legge di Stabilità. Peccato, però, che ad alimentare, sostenere e far girare proprio quelle illusioni tra i pensionandi, nei mesi scorsi, non sono stati altri che Matteo Renzi e il suo responsabile dei cordoni della borsa, con molteplici e ripetuti annunci che, senza mezzi termini, aprivano la strada a forme di pensionamento anticipato, sia pure con penalizzazione, da inserire nella legge di Stabilità.
E invece ora, a poche settimane dal varo di quel provvedimento, interventi in quella direzione – avverte il ministro – “comporterebbero oneri strutturali rilevanti per la finanza pubblica” e andrebbero “contro i principi di sostenibilità del sistema pensionistico che è valutato in ambito europeo come uno dei più solidi e sostenibili dell’Unione”. Tanto più che il meccanismo “di incentivi e disincentivi” non modifica le scelte dei lavoratori. Non basta: in realtà – incalza – nella legge Fornero la flessibilità c’è già. Perché introdurne altra? Al massimo, aggiunge, si potrà fare qualcosa per gli esodati. Dal 2012 a oggi – sottolinea – si sono tutelati circa 116 mila persone rimaste senza lavoro e senza pensione, il numero delle domande accolte dall’Inps a fronte di quasi 83.500 prestazioni liquidate. E ora il governo “riconosce l’esistenza di situazioni di disagio e intende trovare soluzione con dovuta urgenza”. Ma, attenzione, occorrerà comunque trovare nuove coperture finanziarie, perché i risparmi del fondo creato ad hoc devono essere accertati e anche “ove accertati” richiedono una norma specifica.
Tutti argomenti – quelli sulla flessibilità – che possono essere anche fondati, intendiamoci. Ma perché non valevano nei mesi scorsi? Che cosa è cambiato rispetto a quando lo stesso Padoan faceva sapere che nella legge di Stabilità sarebbero state inserite misure di flessibilità sia pure “con un piccolo costo da pagare per garantire la sostenibilità del sistema, perché in economia c’è un problema di ricerca di equilibrio, ma troveremo un equilibrio anche in questo”? E, d’altra parte, il là lo aveva dato proprio il premier con l’apologo delle nonne: “Se una donna a 61, 62 o 63 anni vuole andare in pensione due o tre anni prima, rinunciando a 20-30-40 euro, per godersi il nipote anziché dover pagare 600 euro la baby sitter, bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa nonna di andarsi a godere il nipotino. Le normative del passato sono intervenute in modo troppo rigido”.
EBBENE, solo tre mesi dopo è bastato che Renzi modificasse le sue priorità politiche e la destinazione delle risorse disponibili (dalle pensioni e dai pensionandi alle case e ai proprietari di immobili) e, come d’incanto, la nonna può rimanere a lavoro e il nipotino affidato alla baby sitter. E fin qui è la politica. Ma perché un dietrofront così plateale deve essere accompagnato dalle argomentazioni “tecniche” del ministro dell’Economia? Meglio Giuliano Poletti, il titolare del welfare, che almeno mantiene uno sdegnoso silenzio dopo essersi speso anche lui per settimane per la flessibilità previdenziale.
QN – 17 settembre 2015