Pubblicato il “Rapporto Semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti” n. 2 del 2014. Come di consueto, il Rapporto offre, nella prima parte, una panoramica degli andamenti salariali nel pubblico impiego aggiornati al 2014 ed alcuni scenari previsionali per il 2015. Nella seconda sezione il Rapporto presenta un’analisi sul welfare aziendale nella pubblica amministrazione. I flussi di spesa sono osservati, in primo luogo, attraverso i dati del conto annuale della Ragioneria Generale dello Stato che riporta gli importi per il benessere del personale, in una nozione ampia e inclusiva di varie tipologie di contributi, sussidi, rimborsi. Sono inoltre osservati i flussi dei contributi dei datori di lavoro pubblici per la previdenza complementare dei propri dipendenti, attraverso i dati forniti dai fondi di previdenza negoziali pubblici.
Infine, la parte dedicata alle retribuzioni contrattuali mensili e annue nella PA e nel settore privato. Il rapporto sull’evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti, è predisposto, a cadenza semestrale, dall’Aran che ne cura altresì l’invio al Governo, ai Comitati di settore dei comparti Regioni e Autonomie locali e Sanità, nonché alle Commissioni parlamentari competenti. Ai fini della sua redazione, l’Agenzia si avvale della collaborazione dell’ISTAT, per l’acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione di modelli statistici di rilevazione, nonché del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che garantisce l’accesso ai dati raccolti in sede di predisposizione del bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo del lavoro pubblico.
Il blocco che dal 2010 ha congelato rinnovi contrattuali e stipendi dei dipendenti pubblici ha praticamente riallineato la dinamica salariale del pubblico impiego con l’inflazione; qualche allentamento comincia a intravedersi, soprattutto per il fatto che nel 2015 non sono state replicate le regole che bloccavano anche i trattamenti economici individuali e il riconoscimento economico delle progressioni.
I numeri
Una mano al governo potrebbe arrivare dall’inflazione, che si è parecchio raffreddata negli ultimi 24 mesi e quindi renderebbe meno costoso il riavvio della macchina contrattuale. I dati diffusi dall’Aran, in ogni caso, mostrano che a consuntivo l’andamento delle retribuzioni pro capite e quello del costo della vita sono tornati a incontrarsi: fra 2000 e 2014, infatti, le buste paga sono cresciute di circa il 35%, con differenze minime fra l’aggregato delle Pubbliche amministrazioni centrali e quello di Regioni ed enti locali, mentre l’inflazione cumulata si è fermata intorno al 32 per cento. Gli ultimi anni, secondo la lettura offerta dal rapporto dell’agenzia negoziale, sono serviti quindi a richiudere una forbice che si era allargata parecchio fra 2000 e 2010, quando i salari del pubblico impiego avevano corso a un ritmo parecchio superiore rispetto all’inflazione. Naturalmente le medie pro-capite nascondono al proprio interno storie individuali molto diverse fra loro, perché chi ha incontrato il congelamento di contratti, stipendi e progressioni in una condizione di debolezza reddituale ha subito la crisi di finanza pubblica molto di più di chi invece era riuscito negli anni precedenti ad accumulare aumenti e progressioni.
L’effetto turn over
Dalle tabelle dell’Aran, poi, emerge un altro dato che merita di essere rimesso al centro del dibattito sulla possibilità o meno di far ripartire i contratti pubblici. In questi anni gli enti della Pa centrale e locale hanno subito una doppia mossa, che al congelamento delle retribuzioni ha accompagnato limiti sempre più stringenti sul turn over. L’effetto combinato di queste due misure ha ridotto drasticamente la massa salariale, che oggi viaggia intorno ai 130 miliardi di euro all’anno, cioè dieci miliardi sotto i livelli raggiunti nel 2010. Le proiezioni targate Aran intravedono per quest’anno qualche movimento al rialzo, determinato dal fatto che in alcuni comparti il decreto 90/2014 ha allargato un po’ le maglie sul turn over, ma per il momento si tratta di spostamenti molto modesti: anche questo potrebbe aiutare il governo a superare una stasi contrattuale che in questi anni ha congelato anche le ingiustizie fra chi nella Pa continua a guadagnare troppo e chi troppo poco.
Fonte Aran e Il Sole 24 Ore – 26-27 maggio 2015