“La scelta del ruolo unico ci obbligherà a calibrare la quota di esterni che dovrà essere piccola”. Lo afferma in una intervista al Corriere della Sera il ministro Marianna Madia, a proposito dei dirigenti pubblici esterni assunti quindi senza concorso in vista dell’approdo di martedì alla Camera della riforma della Pa. E a proposito delle regole sui nuovi concorsi, Madia ha detto che “saranno fatti in base ai fabbisogni, superando il criterio della pianta organica. Per i dirigenti mi piacerebbe che all’ipertecnico di diritto amministrativo si preferisse chi sappia gestire risorse umane e economiche”. Il ministro, parlando poi del blocco dei contratti afferma di non temere una sentenza della Corte come quella sull’indicizzazione delle pensioni: “C’è già stata una sentenza – afferma – che ha confermato il blocco purché temporaneo e finalizzato a meccanismi solidaristici nel Paese”.
Madia ha poi annunciato la costituzione di un tavolo dopo la crisi economica: “stiamo sfruttando le attuali condizioni più favorevoli per fare riforme che aiutino la crescita . Poi potrà ripartire la dialettica normale sui contratti”.
L’INTERVISTA AL MINISTRO MADIA DEL CORSERA
Stop alla carica dei dirigenti pubblici assunti senza concorso. Martedì la riforma della Pubblica amministrazione approda alla Camera in seconda lettura, e il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, annuncia l’intenzione di ridurre al minimo la quota di dirigenti esterni.
Ministro, che modifiche apporterà alla riforma?
«Personalmente vorrei introdurre il Freedom of information act, cioè l’apertura di tutti i dati ai cittadini. Per il resto, non metto paletti se l’impianto viene confermato».
I prefetti usciranno dal ruolo unico?
«Non ci sono mai stati. Il testo prevede un’”eventuale confluenza delle carriere speciali nel ruolo unico”. Tutto dipenderà dal tipo di raccordo tra questo e i nuovi uffici territoriali di governo».
Resterà l’assorbimento dei Forestali in un altro corpo?
«Sì. Abbiamo mantenuto l’unitarietà delle funzioni, ci sarà solo una razionalizzazione della catena di comando».
Si attendeva più resistenze dei dirigenti rispetto alla norma che li rende licenziabili?
«Sono state poste pregiudiziali di costituzionalità. Mi hanno sorpreso più certe critiche, come quella del segretario della Cgil, Susanna Camusso, che sostiene che stiamo rinunciando alla terzietà della dirigenza quando invece puntiamo sulla dirigenza di ruolo, quella reclutata per concorso».
Forse si riferisce al fatto che i dirigenti, che non vengono rinnovati negli incarichi, sono licenziabili.
«Non farsi tutta la carriera in un unico ufficio è, per me, un anticorpo contro l’illegalità: l’ha riconosciuto anche Raffaele Cantone. Oggi se non si libera un posto di prima fascia, chi è nella seconda non può salire. E chi sta nella prima, ci resta tutta la vita. Ora, a seconda di come svolgerà l’incarico, potrà averne altri di maggiore o minore responsabilità».
Con che sistema di valutazione?
«Ad esempio, conterà come il dirigente avrà valutato le persone che lavorano con lui. Se avrà messo voti uguali a tutti, sarà penalizzato dalla commissione valutatrice e questo influirà sul successivo incarico».
Dopo quanti anni di inattività sarà licenziabile?
«Dopo un tempo congruo per tutelarlo contro accanimenti politici o personali. Niente automatismi. Uscirà chi rimarrà senza incarico dopo un certo tempo a seguito di cattive valutazioni che gli avranno impedito di vincere interpelli».
Ogni quanto sarà valutato un dirigente?
«La valutazione è continua, si tirano le fila quando rientra nel ruolo unico».
Muteranno le quote dei dirigenti assunti dall’esterno? Nei Comuni è al 30%.
«La scelta del ruolo unico ci obbligherà a calibrare la quota di esterni, che dovrà essere piccola. Siccome ci saranno tre ruoli unici dovremo trovare un’unica quota contenuta per particolari esigenze».
Nella delega la «staffetta generazionale» è affidata alla volontarietà del dipendente che sceglie il part time per far spazio a un giovane e si versa da solo i contributi.
«Per il ricambio generazionale abbiamo abolito il trattenimento in servizio e l’affidamento di incarichi dirigenziali a pensionati. Sulla norma approvata al Senato mi sono rimessa all’Aula: i cittadini non vanno illusi. Senza fiscalizzazione dei contributi del part time e con la volontarietà quella norma sarà pressoché inutile».
Avete fissato già le regole dei nuovi concorsi?
«Saranno fatti in base ai fabbisogni superando il criterio della pianta organica. Per i dirigenti mi piacerebbe che all’ipertecnico di diritto amministrativo si preferisse chi sappia gestire risorse umane e economiche».
Il blocco dei contratti sarà spazzato via da una sentenza come quella sull’indicizzazione delle pensioni?
«C’è già stata una sentenza che ha confermato il blocco, purché temporaneo e finalizzato a meccanismi solidaristici nel Paese. E noi nella legge di Stabilità abbiamo dato 80 euro a chi guadagnava meno e sostenuto gli ammortizzatori sociali. La sentenza inoltre assegna un valore alla maggior stabilità del posto nel pubblico rispetto al privato».
Resta il fatto che il blocco dura dal 2009.
«Stiamo sfruttando le attuali condizioni più favorevoli per fare riforme che aiutino la crescita. Poi potrà ripartire la dialettica normale sui contratti».
Intanto pagherete i dipendenti delle Province?
«Sì, e i sindacati lo sanno. Trovo irresponsabile che abbiano lanciato un allarme infondato».
Perché infondato?
«Il taglio di un miliardo alle Province non ricade sugli stipendi ma sugli sprechi. Le Province sono state aiutate con la proroga dei mutui e un fondo immobiliare che apporta liquidità. Se le Regioni non saranno tempestive a indicare i percorsi di ricollocamento, interverremo usando il portale della Funzione pubblica, già attivo e finanziato, per dare un posto a tutti. Nessuno perderà il lavoro e nemmeno lo stipendio».
Il Corriere della Sera – 11 maggio 2015