Addio alle mega-graduatorie nei concorsi pubblici, quelle che consideravano idonee folle di candidati che poi – per anni restavano in attesa di occupare un posto stabile nella macchina dello Stato. La pubblica amministrazione non funzionerà più così: i concorsi si continueranno a fare, anzi saranno indetti «a scadenza metodica» ha detto il ministro Marianna Madia, ma sulle graduatorie che produrranno sarà applicato un giro di vite. La Commissione Affari Costituzionali del Senato ieri ha approvato quelle norme della legge delega che definiscono un tetto per il numero dei dichiarati idonei, riducono i termini di validità delle graduatorie e accentrano le selezioni, prevedendo anche delle possibili pre-selezioni. In pratica, come prevede la riforma della pubblica amministrazione, i lunghi elenchi sono destinati a sparire: saranno assegnati i posti effettivamente disponibili.
Obiettivo delle nuove regole, ha detto la Madia, dovrà essere quello di ribadire «la centralità dei concorsi garantendo il precariato storico». «Dobbiamo agire con cautela per evitare di buttare al mare persone che hanno lavorato a lungo come precari senza aver fatto un concorso e, allo stesso tempo, dobbiamo sanare una situazione di cattiva amministrazione che dura da anni».
Approvato anche l’emendamento, presentato dal relatore Giorgio Pagliari, che assegna all’Inps i controlli sulle assenze per malattia dei lavoratori pubblici e quello che prevede tempi certi per le misure disciplinari – licenziamento compreso – nei confronti dei dipendenti. Norme queste che hanno avuto un percorso liscio, cosa che non si può dire per l’emendamento che affida agli stessi dirigenti, in via esclusiva, «la responsabilità amministrativo contabile per l’attività gestionale», attribuendo alle cariche politiche (sindaci, governatori di regione, ministri) quella sulle scelte di indirizzo politicoamministrativo. Una separazione che dirigenti e opposizione non considerano sufficiente per garantire la loro autonomia.
La divisione sulle responsabilità non piace infatti al Movimento 5 Stelle: «E’ un’inaccettabile norma salva politici» ha detto il senatore Vito Crimi. E non piace nemmeno ai dirigenti. «La separazione è giusta, così come ci sta bene il ruolo unico dei dirigenti. Ma questa norma, così come è non ci tutela affatto, ci espone a ricatti» commenta Barbara Casagrande, segretario del sindacato Unadis. «Il rischio è che il dirigente possa essere allontanato perché si rifiuta di firmare un atto e al suo posto il sindaco nomini una persona a lui gradita: non siamo garantiti da precisi criteri per l’attribuzione degli incarichi ». Insomma, secondo i dirigenti, non è vero che potranno dire «no», come il ministro Madia afferma. Ma il relatore Pagliari non accetta tali critiche: «Questo è un punto che caratterizza il settore pubblico in modo del tutto nuovo rispetto al passato – ha detto – lo Stato ne guadagnerà in efficienza e professionalità, i cittadini ne avranno grandi vantaggi». Il via libera definitivo della Commissione alla legge delega dovrebbe arrivare entro la prossima settimana per poi passare all’Aula. «Ma ci sono ancora un paio d’importanti nodi da risolvere – sottolinea Pagliari – come quello delle Camere di Commercio e quello sui segretari comunali».
Repubblica – 26 marzo 2015