La Camera ha concluso l’altra notte l’esame degli articoli e degli emendamenti del disegno di legge costituzionale “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. Il testo già approvato in prima lettura dal Senato e una volta ratificato dalla Camera (il voto finale è atteso ai primi di marzo), dovrà comunque tornare al Senato in “prima lettura”, perché il testo è stato modificato, e poi, nel caso Palazzo Madama non lo modifichi ulteriormente, tornare al voto delle due Camere per il secondo passaggio, come previsto per le riforme costituzionali. In caso di approvazione finale con meno dei due terzi dei voti, e quindi a maggioranza semplice, la riforma dovrà comunqe essere sottoposta a referendum confermativo prima della sua effettiva entrtata in vigore.
Oltre all’abolizione del Senato elettivo e legislativo, cambia anche il titolo V con una netta separazione delle competenze in materia sanitaria tra lo Stato e le Regioni. Per il PD, con il nuovo art. 117 si pone fine alla disomogeneità dei sistemi sanitari”. Il ddl sopprime la competenza legislativa concorrente, con una redistribuzione delle materie tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. Viene introdotta una “clausola di supremazia”, che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale.
Per la sanità cambiano i rapporti di “forza” tra Stato e Regioni. Con il nuovo articolo 117 del titolo V, infatti, si ampliano le competenze statali prevedendo l’esclusività della potestà legislativa dello Stato non solo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni ma anche nelle “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali”.
Questo la nuova lettera m) dell’art. 117 modificato dalla Camera:
(…) Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
(…) m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute; per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare (…).
Alle Regioni, invece, resta “la potestà legislativa in materia di (…) di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.
C’è infine anche una cosiddetta clausola di “supremazia”, che lo Stato può esercitare “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. E’ quanto previsto infatti da un altro comma del ddl di riforma costituzionale sempre riferito all’art. 117, che recita: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
“Durante queste difficili ore la riforma costituzionale va avanti e segna progressi positivi come l’inserimento della previsione all’art 117 tra i compiti statali quelli inerenti ‘disposizioni generali in materia di salute, di sicurezza alimentare e di politiche sociali’. Una modifica fortemente voluta dal Partito democratico”. Lo dichiarano i deputati Pd Elena Carnevali, Federico Gelli, Donata Lenzi e Margherita Miotto componenti della commissione Affari sociali.
“E’ da anni – proseguono – che pazienti e professionisti sanitari denunciano le conseguenza negative del fatto che i sistemi sanitari regionali sono molto diversi tra di loro: non in tutte le Regioni sono garantite le stesse prestazioni sanitarie, gli stessi farmaci, gli stessi servizi. Insomma in alcune aree del Paese la sanità era un diritto parzialmente negato. Disuguaglianze incomprensibili, confermate dal recente rapporto Ocse del gennaio scorso in cui, insieme al giudizio complessivamente positivo della nostra sanità, viene denunciato che ‘le riforme costituzionali del 2001 hanno contribuito a creare 21 sistemi sanitari regionali con differenze notevoli sia per quanto riguarda l’assistenza che gli esiti. E’ elevato il numero di pazienti che si spostano da regione a regione per ricevere assistenza sanitaria”.
I deputati dem sottolineano quindi che a tutto questo si vuole ora ovviare “aumentando le competenze di governo delle politiche sanitarie e non solo di attenzione ai costi, mentre alle Regioni rimane piena autonomia di programmazione e organizzazione dei servizi. E’ rilevante anche – concludono – la scelta di ridare centralità e dignità alle politiche sociali nelle quali fanno parte la non autosufficienza, la disabilità, i servizi per le famiglie e la lotta alla povertà. Riconoscendo anche qui una responsabilità statale di coordinamento attraverso norme generali e comuni, oltre che a ribadire la necessità di attuare i livelli essenziali di assistenza. Finalmente così le politiche sociali non saranno più la Cenerentola del nostro sistema di welfare”.
Quotidiano sanità – 14 febbraio 2015