di Alberto Pozzi*. Secondo quanto riportato in questi giorni dalla stampa locale, la Procura di Vicenza si starebbe occupando di un concorso per direttore di struttura complessa all’ospedale San Bortolo, in cui si ipotizzerebbero indebite ingerenze del direttore sanitario per favorire un candidato alla direzione del laboratorio analisi. Una vicenda che vedrebbe protagonisti sanitari che operano tra le province di Vicenza e Verona. Le polemiche, le prese di posizione, la conseguente decisione del Dg dell’Ulss di bloccare momentaneamente i concorsi per primari in itinere, sono senz’altro elementi che hanno contribuito a rendere “appetibile” e di sicuro impatto la notizia e i suoi sviluppi. Permettetemi però una piccola “provocazione”. Siamo sicuri che, qualora rigorosamente accertata da chi di dovere, quella del concorso “addomesticato” rappresenti davvero una notizia? Siamo sicuri che quella prospettata dall’esposto all’autorità giudiziaria non ricalchi, purtroppo, la triste quotidianità?
Usciamo un attimo dalla vicenda vicentina, sulla cui sussistenza indagherà la Procura, per una riflessione più generale. Cerchiamo di immedesimarci nei lettori che non conoscono i dettagli di norme e riforme relative alle procedure concorsuali. Nel leggere una notizia di questo genere presentata con grande risalto potrebbero essere indotti a pensare che regolarità e trasparenza rappresentino la normalità nelle selezioni concorsuali in sanità e in altri ambiti pubblici. Convinzione confortante in tempi in cui meritocrazia, trasparenza e diritto non sembrano certo gli strumenti che istruiscono l’azione amministrativa e il governo politico.
Quasi quasi verrebbe da spezzare una lancia a favore degli indagati: se nella peggiore delle ipotesi dovessero essere riconosciuti colpevoli, sarebbero comunque vittime e artefici dello stesso sistema che li ha legittimati. Un tweet sulla vicenda fornisce a mio parere il commento più efficace, disarmante quanto ironico: “che strano, non avevo mai sentito una cosa del genere…”.
Se rottamare in politica, oltre ad essere uno slogan d’effetto, significasse effettivamente rivoluzionare la cultura politica e amministrativa si troverebbe il coraggio di abolire i concorsi a favore di una selezione diretta basata su competenze ed esperienza, valutata su obiettivi e risultati e garantita dalla responsabilizzazione effettiva di chi opera la scelta.
Ritengo che i concorsi pubblici come attualmente concepiti siano ormai obsoleti, un contesto dove spesso aleggia il sospetto che i concorrenti siano solo comparse che accreditano di legalità una procedura il cui vincitore è stato selezionato già prima che essa fosse ufficialmente bandita!
E’ quindi auspicabile uno sforzo congiunto civile, politico e istituzionale per favorire l’avvento della stagione in cui ciascuno possa investire i risultati del suo impegno formativo in un mercato del lavoro orientato all’interesse comune, non condizionato da logiche di clientela e malaffare.
*Alberto Pozzi – Vicesegretario Regionale FVM
23 dicembre 2014