Roberto Turno (Il Sole 24 Ore). Niente intesa, niente parere. Rimasti a bocca asciutta in attesa che il Governo rispondesse alle loro proposte o che almeno chiarisse come e se intende modificare i tagli da 4 mld che colpiranno le regioni nel 2015, ieri i governatori hanno sospeso il parere sulla manovra. Con un capitolo che scotta più di tutti: i colpi di forbice alla spesa sanitaria, che oscillano tra 1,5 mld (disponibilità massima ma “condizionata” delle regioni) e 1,8 mld. Fatto sta che sui tagli alla sanità il Governo, anche dopo l’ultima riunione notturna, non avrebbe intenzione di scoprirsi più di tanto. Lasciando che a stabilire quantum e modalità si provveda con un Dpcm a fine gennaio. Come dire che insiste a scaricare sulle regioni le responsabilità dei tagli, in un gioco a scaricabarile che i governatori (chissà se anche quelli filo renziani) volentieri ribaltano su palazzo Chigi. È chiaro che se le regioni non si metteranno d’accordo, a quel punto dovrà decidere il Governo.
Insomma, una vera e propria partita a scacchi. Alla quale ieri i governatori si sono avvicinati in Conferenza Unificata con una proposta “aperta”. Dicendosi disposti a tagli fino a 1,5 mld alla spesa sanitaria, ma a precise condizioni, senza le quali, come poi è stato, non avrebbero espresso alcun parere sulla manovra. Tra le proposte, oltre alla riduzione dell’aumento (2,1 mld) del Fondo sanitario 2015, altri 400 mln per il trasporto pubblico locale a loro carico, un gruzzolo (circa 1 mld) a loro favore col patto di stabilità verticale incentivato, 100 mln dalla ristrutturazione dei mutui (che aprirebbe però ad altri risparmi). Voci su cui il Governo, sanità a parte, sarebbe pronto ad aprire. Ma certo non basterebbe.
Ecco allora il tasto delicato della spesa di asl e ospedali. Sul piatto ci sarebbero soprattutto beni e servizi, dispositivi medici, farmaci (non quelli innovativi), ma in modo non precisato. Più come provocazione verso il Governo – «decida palazzo Chigi» dicono non proprio sotto voce molti governatori – che come scelta già presa a priori in sede locale. E del resto anche palazzo Chigi e via XX Settembre evitano di indicare qualsiasi rotta o quantificazione. Solo il vice ministro all’Economia, Enrico Morando, in attesa degli emendamenti del Governo che dovrebbero arrivare oggi (e chissà se tutti), s’è limitato ad affermare sibillino che «sulle regioni sono possibili aggiustamenti significativi». Mentre Sergio Chiamparino, rappresentante dei governatori e renziano tutto d’un pezzo, glissava: «Col Governo c’è un’interlocuzione carsica che appare e scompare». E che però il governatore della Campania, Stefano Caldoro, chiariva: «Non c’è dubbio che sulla sanità ci saranno tagli, ma il Governo ci dica dove tagliare». Il passaggio del cerino.
«Le manovrw di finanza pubblica che prevedono riduzioni del Fondo sanitario devono contenere anche i meccanismi di copertura o individuare quali Lea ridurre o quali costi e per quanto è possibile effettuare la riduzione», scrivono le regioni in un documento già pronto (si veda www.240resanita.com) ma non ancora consegnato al Governo. Per aggiungere: altrimenti salta la collaborazione istituzionale e il «Patto» e ci saranno solo «disavanzi e non risparmi: i Lea devono essere garantiti».
Senza scordare la partita nella partita dei tagli sui farmaci, sui quali Renzi (e il «Patto» stesso) vuole puntare per il rilancio. Nel mirino ci sarebbero tra l’altro i prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee. Per un valore totale teorico tra 200-500 mln di risparmi. Toccando una spesa che è ai minimi in Europa, come ha detto di recente l’Ocse. «Sarei stupito da un eventuale nuovo intervento, non c’è alcuna necessità. Trattarci ancora come un bancomat farebbe soltanto un danno al Paese», commenta Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. Chissà nella notte cosa deciderà il Governo.
Sanità, tagli per 150 milioni. Zaia: atto folle del Governo. Renzi lede il diritto costituzionale alla salute
di Filippo Tosatto (Il Mattino di Padova). Dei 4 miliardi di tagli alle risorse regionali previsti dalla Legge di stabilità, uno e mezzo riguarda i budget di spesa della sanità: per il Veneto ciò equivale a 150 milioni sottratti alla prevenzione delle patologie e alla cura dei malati. È amara la medicina del premier Renzi e a conclusione della conferenza straordinaria dei presidenti di Regione, la reazione di Luca Zaia (rappresentato a Roma dall’assessore al bilancio Roberto Ciambetti) è durissima: «Nella totale incapacità di punire chi spreca e di applicare i costi standard, il Governo delle tré carte estrae dal cilindro l’ennesimo coniglio ammalato: i tagli saranno più alti per le Regioni con più elevato Pii e con maggior numero di abitanti. Una vera follia solo un Governo costruito su annunci poteva pensare di colpire an cora le economie più forti del Paese e le aree meglio amministrate, com’è il Veneto, per continuare a lasciar fare i soliti noti, che per decenni hanno inquinato i pozzi della finanza pubblica, portandoci sul lastrico. Il Governo non sa affrontare i problemi, parla di crisi ignorando esattamente cosa significhi. Sia ben chiaro: così la sanità subirà un contraccolpo forse letale, perché tutti saranno costretti a tagli di prestazioni e sarà a rischio anche l’obbligo costituzionale di erogare i livelli essenziali di assistenza». Il furore del governatore leghista, in realtà, ha un retropensiero: quello di chi ritiene di aver ottimizzato il rapporto costi/qualità delle prestazioni e, anziché premiato, si scopre penalizzato.
Facce scurissime negli uffici della sanità véneta. «Una scelta irresponsabile», sbotta il direttore generale Domenico Mantoan, mentre l’assessore Luca Coletto argomenta così gli effetti della scure: «Sono deluso e preoccupato, si va verso il default sanitario delle Regioni già in difficoltà e verso un bivio odioso, – riduzione dei servizi o nuove tasse – per le altre. Per il Veneto la stangata annulla l’incremento 2015 già concordato nel Patto nazionale per la salute. È un attacco centralistico sempre più chiaro per spedire tutte le Regioni nell’inferno dei conti in rosso e metterle così nelle condizioni di essere commissariate, riportando a Roma tutta la gestione della sanità. Così si andrà velocemente e incoscientemente verso una prospettiva nella quale per garantirsi le cure diventerà indispensabile stipulare un’assicurazione privata, in violazione dei diritti sanciti dalla Costituzione e dei bisogni della nostra gente».
Un passo indietro. A fronte della decisione del Governo di procedere ai tagli annunciati, la riunione conclusiva dei rappresentanti delle Regioni ha rivelato una frattura tra quanti accettano, con qualche aggiustamento, la riduzione delle risorse dettata da Renzi (leggi regioni rosse capitanate dal blocco toscoemiliano) e i fautori di un’opposizione intransigente, Veneto e Lombardia in primis. Ciambetti, dopo un’accesa discussione, ha anticipato che Palazzo Balbi non sottoscriverà al cun accordo: «Da un mese trattiamo con i ministri e facciamo proposte ma senza ottenere riscontri. Il peso a carico delle Regioni, e quindi dei cittadini destinatari dei servizi che eroghiamo, è insopportabile, il parere favorevole del Veneto non ci sarà».
Stabilità, ecco il parere-ombra delle Regioni
«E’ necessario comprendere quale sia il punto di “rottura” dell’equilibrio in Sanità prima di definire ulteriori manovre». Dopo un’ampia disamina dei tagli al Servizio sanitario nazionale imposti negli ultimi anni – che nel 2015 varranno nel complesso 10 milioni di euro – le Regioni passano al contrattacco. E chiedono al governo di assumersi le proprie responsabilità, a fronte dell’ulteriore scure chiesta dal premier Renzi con i 4 miliardi che inevitabilmente andrebbero a pesare sul Ssn. «Il Patto Salute infatti è fondato sul principio di responsabilità fra le parti “Chi rompe paga”, pertanto governo e regioni sono responsabili degli equilibri finanziari e della copertura dei Lea».
Il testo del parere-ombra delle Regioni
E’ quanto si legge nero su bianco sul Ddl Stabilità che oggi le Regioni avrebbero finalmente dovuto approvare e che di fatto è slittato per mancanza di accordo proprio sui tagli. Nel documento, che siamo qui in grado di anticipare, le Regioni seguono solo in parte la linea morbida Chiamparino e passano al contrattacco. Chiedono al governo di “sporcarsi le mani” indicando chiaramente dove intervenire, per ottenere quei risparmi che, conti alla mano, alla maggior parte dei governatori sembrano impossibili. «Le Regioni ribadiscono la disponibilità a condividere misure per la razionalizzazione della spesa sanitaria con particolare riferimento ai settori dei beni e servizi, dispositivi medici, spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, dei medical device ad eccezione dei farmaci innovativi e salva vita per la cui definizione si rimanda a una Commissione mista Governo-Regioni-Aifa», tendono ancora la mano i presidenti di Regione. Ma «dev’essere chiaro – si legge poco più avanti -che le manovre di finanza pubblica che prevedono riduzioni del Fsn devono contenere anche i meccanismi di copertura ovvero individuare quali Lea devono essere ridotti ovvero quali costi e per quanto è possibile effettuare la riduzione così da poter ridurre il finanziamento in maniera corrispondente. Se salta questo automatismo che fino ad ora c’è stato ed è stato il cardine del “Patto della Salute”, salta la collaborazione istituzionale e quindi il “Patto Salute”. Inoltre, è il caso di sottolinearlo, in caso contrario le manovre creerebbero solo disavanzi sanitari e non risparmi in quanto i Lea devono essere garantiti».
Parole di pietra, che aprono una distanza siderale rispetto alla possibilità di un’intesa, a fronte di un governo più deciso che mai a tenere il punto. Materiale vivo su cui lavorare non manca e le Regioni rilanciano con linee guida in otto punti:
a) Concorso positivo delle Regioni alla manovra di finanza pubblica;
b) Riqualificazione della spesa corrente – ivi compresa la spesa sanitaria e le società partecipate – e maggiori investimenti anche in edilizia sanitaria;
c) Contestuale rilancio degli investimenti pubblici attraverso l’esclusione dal pareggio di bilancio degli impegni in capitale non rilevanti ai fini dell’indebitamento netto;
d) Accelerazione dei pagamenti per i debiti commerciali attivando una sinergia istituzionale tra Stato, Regioni ed EE.LL. mediante il Patto di Stabilità Verticale Incentivato ai fini di immettere liquidità a favore delle imprese per gli investimenti pubblici;
e) Anticipazione dell’applicazione dell’equilibrio di bilancio al 2015;
f) Ottimizzazione flussi finanziari delle risorse regionali stanziate nel bilancio dello Stato;
g) Efficientamento e razionalizzazione del Fondo nazionale trasporti;
h) Proposte per la riqualificazione della spesa corrente attraverso l’estensione dell’applicazione dei costi standard anche alle Amministrazioni centrali tenendo altresì conto del processo di riordino istituzionale.
11 dicembre 2014