Dal 13 dicembre rivoluzione nelle etichette dei prodotti alimentari dell’Unione europea. Nel bene e nel male. La Ue imporrà maggiore trasparenza, per esempio, nella tipologia degli oli contenuti o nella provenienza e nell’origine delle carni, ma ci sarà anche qualche preoccupante arretramento, come quello sull’abolizione dell’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione. Uno smacco per il made in Italy, secondo alcuni produttori e le più importanti catene di distribuzione, che comunque manterranno il sito di produzione sull’etichetta dei prodotti a marchio proprio. Le novità introdotte dal Regolamento Cee 1169/2011, in generale, rendono più dettagliate e trasparenti le etichette dei cibi. Le prime novità si vedranno a partire dal prossimo 13 dicembre, quando diventerà obbligatorio un primo pacchetto di norme riguardanti etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti. Per quelle relative all’etichettatura nutrizionale, invece, occorrerà aspettare un paio di anni, e precisamente il 13 dicembre 2016.
Ecco le principali novità:
Etichette più leggibili
Le indicazioni obbligatorie dovranno essere scritte in caratteri più grandi e più chiari, in modo da renderle più visibili e leggibili.
Allergeni alimentari evidenziati
Le sostanze e i prodotti allergenici (soia, latte, cereali contenenti glutine, uova, noci, arachidi, pesce, crostacei, molluschi, sedano, lupino, sesamo, senape e solfiti) dovranno essere segnalati con maggiore evidenza sull’etichetta, in modo da essere facilmente identificabili. Nel caso di un allergene presente in più ingredienti lo si dovrà sempre evidenziare. La presenza di allergeni alimentari dovrà essere segnalata anche in ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese della ristorazione.
Tipi di grassi utilizzati
Non saranno più tollerate dizioni generiche come “olio vegetale” o “grasso vegetale”, ma si dovrà specificare nella lista degli ingredienti il tipo di grasso, ad esempio “olio di girasole”.
Data di scadenza ripetuta
Dovrà essere riportata su ogni singola monoporzione e non più solo sulla confezione esterna.
Provenienza della carne
Debutta l’indicazione dell’origine delle carni suine, avicole, ovine e caprine, come già succede per per le carni bovine.
Origine delle materie prime
Viene esteso a tutti gli alimenti l’obbligo di indicare il paese di origine e di provenienza delle materie prime utilizzate. Ma, finché non saranno specificati contenuti e modalità, questa norma resta sulla carta. Rimane valido, invece, l’obbligo di indicare l’origine dell’alimento nel caso in cui ometterlo possa indurre in errore il consumatore.
Informazioni più dettagliate
Le indicazioni che riguardano ingredienti e metodi di lavorazione devono essere riportate in modo evidente. Ad esempio, nel caso di un alimento “decongelato” questa dizione deve comparire a fianco della denominazione del prodotto.
Vietato imitare
L’assoluta lealtà delle informazioni è un cardine essenziale della nuova normativa. Per esempio, si intende evitare che il consumatore possa acquistare una bevanda vegetale scambiandola per latte.
Data di congelamento dichiarata
Per le carni, le preparazioni a base di carne e i prodotti non trasformati a base di pesce deve essere indicata la data in cui sono stati congelati.
Stop all’obbligo del sito di produzione
Nota dolente della nuova normativa Ue: eliminerà l’obbligo dalle etichette dell’indicazione dello stabilimento di produzione. Secondo Bruxelles il marchio è il responsabile legale del prodotto. «Un danno enorme per il made in Italy – osserva Mario Gasbarrino, ad di Unes -. In questo modo si lascia mano libera di produrre in qualsiasi parte del mondo mentre l’indicazione di una produzione effettuata nel nostro Paese ha un grande valore aggiunto. Il gruppo Unes comunque manterrà l’indicazione sui prodotti a marchio proprio». Sulla stessa linea i pesi massimi della gdo tricolore: Conad, Coop, Selex, Simply
Dal fronte dei produttori, sono sulla stessa linea Asdomar, Sterilgarda, Caffè Vergnano, Pedon, Amica Chips. Tutte queste aziende hanno firmato una petizione indirizzata al Governo, promossa dalla newsletter “Io leggo l’etichetta” che ha raggiunto 19mila firme, in cui si chiede di comunicare all’Ue, entro il 14 dicembre, l’intenzione di mantenere l’indicazione dello stabilimento di produzione obbligatoria.
Restano ancora molti i nodi da sciogliere. Ritardi sul fronte normativo
La svolta per le etichette dei prodotti alimentari conferma il nuovo orientamento Ue. Pur con i «coni d’ombra» del regolamento che diventa operativo (in parte) dal 13 dicembre, si sta comunque consolidando una linea di maggiore trasparenza nei confronti dei consumatori. Con un’attenzione particolare sull’indicazione degli allergeni. Ma resta da percorrere l’ultimo miglio. Attualmente in Italia – spiega Coldiretti – l’obbligo di indicare la provenienza è in vigore per carne bovina, pollo, passata di pomodoro, latte fresco, ortofrutta fresca, uova, miele, extravergine di oliva. Sono ancora invece senza carta di identità molti prodotti dai succhi di frutta al latte a lunga conservazione. La Coldiretti rileva come il «suo pressing» abbia dato buoni risultati «e ora la strada è tracciata a vantaggio del made i n Italy». «In un momento difficile per l’economia in Europa e in Italia – dichiara il presidente, Roberto Moncalvo – dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza per combattere la concorrenza sleale a danno delle nostre imprese e per garantire libertà di scelta al consumatore».
Il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua spiega che «l’appuntamento del 13 dicembre è stato accompagnato negli ultimi anni dal lavoro assiduo di Federalimentare. L’industria alimentare nazionale, ha già anticipato da tempo molti degli obblighi previsti da tale normativa». Resta comunque l’impegno – aggiunge Ferrua – a dipanare alcuni dei dubbi interpretativi della nuova normativa sulla etichettatura che preoccupano gli operatori. A livello europeo rimangono ancora sospesi numerosi nodi interpretativi, che auspichiamo vengano chiariti nel contesto del gruppo di lavoro della Commissione Ue in tempi stretti. «È importante perciò – aggiunge – che, per quanto attiene il profilo sanzionatorio, vengano previste opportune salvaguardie a favore degli operatori, in attesa della definitiva certezza interpretativa».
Più problematico l’adeguamento nel commercio e nella ristorazione. Un capitolo delicato è quello dei «preincartati», i prodotti confezionati nel punto vendita. Mentre per la ristorazione l’obbligo di «comunicare» la presenza di allergeni è una novità assoluta. Roberto Cerminara, responsabile commercio e legislazione d’impresa della Confcommercio, afferma che a pochi giorni dall’entrata in vigore delle nuove regole, manca ancora il decreto dell’amministrazione italiana. Il percorso è stato avviato con il Mise nel 2012, ma non è arrivato al traguardo anche «per la scarsa durabilità dei governi con 3 ministri in 20 mesi». Il risultato è che lil decreto legislativo 109/1992 non è stata adeguato. «E l’Italia – dice Cerminara – proprio in considerazione della ricchezza e varietà di preparazioni doveva poter contare su un decreto del Mise. Tra l’altro senza un provvedimento nazionale si rischia di rendere inapplicabili le sanzioni». Intanto sul tema delle sanzioni è in programma dopodomani un incontro. La Confcommercio chiede tre correttivi rispetto alla bozza su cui sta lavorando il Mise. Innanzitutto la cancellazione per i distributori automatici dell’indicazione degli allergeni segnalati già nelle etichette del prodotto in vendita. Sui preincartati invece Confcommercio è contraria ad aggiungere la data di confezionamento (non richiesta da Bruxelles). E infine il «cuore» dell’etichetta, gli allergeni. Confcommercio è favorevole a prevedere la doppia opzione, indicazione scritta ed orale. «La sola forma scritta – spiega – rischia infatti di aggravare ulteriormente le imprese italiane. In linea di principio l’indicazione deve poter essere data in forma libera, come avviene in altri paesi, tra questi Francia e Svezia. Nella ristorazione l’orientamento è di prevedere un cartello con l’elenco degli allergeni utilizzati rinviando poi a ulteriori informazioni orali». In questo modo, per Confcommercio, sarebbe facilitata la gestione dei menu che sono molto vari e soprattutto non fissi. E non tutti gli esercizi sono pronti a una rivoluzione delle «carte». Per Tullio Galli, coordinatore nazionale di Fiepet (esercenti pubblici e turistici) di Confesercenti, gli operatori sono pronti anche perchè non è una novità per i ristoratori e pasticceri dare indicazioni sugli ingredienti utilizzati.
Ma il punto cruciale è come comunicare le sostanze al consumatore. In assenza di indicazioni precise è tutto affidato al singolo. «E non si può certo pensare – fa notare Galli– che si possano indicare per ogni piatto gli ingredienti, altrimenti diventiamo dei chimici. Non è possibile poi cambiare ogni giorno menu, così si finisce solo per elevare i costi».
Il Sole 24 Ore – 10 dicembre 2014