Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri il progetto di legge di stabilità. La manovra – illustrata dal premier Matteo Renzi e dal ministro Pier Carlo Padoan – ammonta a 36 miliardi. I risparmi totalizzano 15 miliardi: 6 a carico delle Regioni ed Enti locali e 2 della sanità. Dalla lotta all’evasione previsto un gettito da 3,8 miliardi, mentre una riserva da 3,4 miliardi è stata appostata per il rischio-Ue. Stretta su fondi pensione e fondazioni. Tagli fino a 4 mld alle regioni e un convitato di pietra, la spesa sanitaria, che anche se non citata direttamente potrebbe contribuire per forza di cose almeno per 2 mld alla riduzione dei fondi regionali. E una spuntatina alle unghie ai governatori-commissari nelle regioni per i maxi buchi di asl e ospedali: basta politici, manda a dire Matteo Renzi. Prorogato a tutto il 2015 il blocco del turnover e rinviato di un anno il pagamento dell’indennità di vacanza contrattuale. Ecco il testo degli articoli per la Sanità
Applicando il «Patto salute 2014-2016», è tempo di tecnici, e di livello, il più svincolati possibile dalle logiche di partito nelle regioni canaglia. E stop ai manager spreconi. Anche perché, altra novità, d’ora in poi (meglio, da gennaio) cambiano e si irrobustiscono le regole sui piani di rientro dai maxi disavanzi sanitari.
Regioni e sanità sono chiamate anche da Renzi a dare il loro contributo al risanamento. Col risultato di aprire l’ennesimo confronto-scontro tra palazzo Chigi e i governatori che da Berlusconi-Tremonti in poi, è stato un leit motiv, con l’eccezione della parentesi del Governo di Enrico Letta. Il pressing sul Governo per attenuare, anche sostanziosamente, l’impatto dei tagli sulle regioni, è andato avanti a lungo ieri, ma con risultati nulli. Anche perché poi l’accelerata del premier per irrobustire la manovra sotto la spinta europea, ha lasciato pochi margini ai tentativi dei pontieri salva-tagli. E pure la ministra Beatrice Lorenzin ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco.
La spesa sanitaria, e tanto meno il Fondo 2015 da 112 mld, non è citata in alcun modo nella manovra. Ma sarà giocoforza per i governatori dover incidere in quella che è la parte preponderante dei loro bilanci, fino all’80% del totale. Non a caso Sergio Chiamparino aveva anticipato a Il Sole-24 Ore le sue valutazioni: «Tagli insostenibili: si riduce l’Irap ma ci costringono ad aumentare tasse, tariffe e a ridurre i servizi». Un gioco di specchi, ha ribadito ieri il governatore della Campania, Stefano Caldoro: «Sia il Governo ad aumentare tasse e ticket». Parole respinte al mittente da Renzi, però, che non a caso ha ricordato in serata in conferenza stampa la famosa “siringa” nordista o sudista (a seconda dei prezzi): «Le regioni hanno spazio per non aumentare le tasse. Non credo che quel grande riformista che è Chiamparino le aumenterà». Scommessa tutta da vincere.
Intanto nelle regioni sotto scacco per l’extra spesa si prepara una rivoluzione: basta con i governatori-commissari ad acta per il risanamento dei conti e del sistema-salute locale. E via a un sistema di allerta sui conti delle regioni. (Roberto Turno – Il Sole 24 Ore)
Manovra 2015, ecco le misure per la sanità
L’articolo-clou per la Sanità è senz’altro il 39: quello che di fatto recepisce il Patto salute 2014-2016 varato a luglio. Di cui riprende la parte economica – confermando le cifre del finanziamento 2015 e 2016 rispettivamente con 112 e 155,4 miliardi – e di cui recepisce gli aspetti che lo stesso Patto prevedeva andassero normati con legge. A partire dall’altolà ai governatori-commissari e dalle regole più stringenti per le regioni in piano di rientro. Mentre, tra queste, un articolo a parte viene dedicato al “caso Molise”.
La legge di stabilità 2015 è solo apparentemente “neutra” rispetto alla Sanità: a partire da quel taglio da 4 miliardi a carico delle regioni che inevitabilmente parrebbe comportare un aumento delle tasse. Che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan da ultimo stamattina non ha escluso: «Le regioni aumenteranno il loro prelievo? Può darsi. Ma c’é sempre un appostamento di risorse a fronte di un aumento del prelievo e poi saranno i cittadini a giudicare». Intanto oggi saranno le regioni, nella conferenza stampa convocata per le 13 da Sergio Chiamparino, a replicare a stretto giro. Anche sull’affermazione sempre di Padoan secondo cui ci sono comunque «amplissimi margini di miglioramento dell’efficienza» e i tagli di spesa devono essere visti come «un’occasione» in questo senso. «Il sacrificio – ha infatti precisato il titolare dell’Economia – è stato accolto, nulla è stato imposto».
Non solo Patto: tutta la manovra è disseminata di provvedimenti che riguardano sanità e sociale. Intanto, la proproga del blocco del turnover a tutto il 2015 e il rinvio di un anno del pagamento dell’indennità di vacanza contrattuale. Scatta il regime fiscale agevolato per i lavoratori autonomi (art. 9 della manovra).
Tramonta l’ipotesi di tagli lineari a carico del ministero della Salute. Per il personale di quest’ultimo, dell’Aifa e dell’Iss, si mantiene la corresponsione dei trattamenti accessori «in base agli obiettivi raggiunti presso le rispettive strutture di appartenenza».
Per la ricerca, si prevede un credito d’imposta del 25% per il 2015-2019 con un tetto di 5 milioni per ciascun beneficiario. Arricchite le politiche per il Welfare: al Fondo sociale vanno 300 milioni in più a partire dal 2015 (di cui 100 milioni vanno agli asili nido), mentre il Fondo non autosufficienze incassa 250 milioni in più. Presso il ministero dell’Economia è istituito il Fondo – da 500 milioni a decorrere sempre dal 2015 – per interventi a favore delle famiglie, anche con misure di carattere fiscale. Sono cifre che, a quanto si legge, abbandonano l’alveo degli interventi-spot per diventare stabili.
Ancora, per gli indennizzi agli emotrasfusi si attribuiscono alle Regioni 100 milioni per il 2015, 346 per il 2016 e 289 per 2017. Alla terra dei fuochi andranno 10 milioni per ciascuno degli anni 2015-2017. Infine, la ludopatia: incassa 50 milioni di euro a partire dal prossimo anno per «la cura delle patolologie connesse al gioco d’azzardo». (Il Sole 24 Ore sanità)
Manovra, tagli ai ministeri e stretta sulla Sanità da 2 miliardi
di Andrea Bassi. Deficit, tagli e nuove tasse su rendite e giochi. Per recuperare i 36 miliardi necessari (30,9 quelli netti se si escludono le risorse già stanziate nel vecchio provvedimento del bonus) il governo mette mano a tutto l’armamentario possibile. Che la costruzione sia stata complessa, tuttavia, lo dimostra anche l’errata corrige che in tutta fretta il Tesoro ha dovuto consegnare in Parlamento per eliminare dal Def le stime sugli effetti recessivi che la spending review avrebbe avuto sui conti pubblici. Il motivo è chiaro. Nelle slides presentate da Renzi ieri, alla voce tagli di spesa sono iscritti ben 15 miliardi di euro. Anche in questo caso, però, bisogna scomputare i 2,7 miliardi dei tagli già previsti dal precedente decreto sul bonus e conteggiati dal governo nel totale. Ma restano sempre più di 12 miliardi di tagli. Da dove arriveranno? Sei miliardi circa saranno a carico dello Stato, dei ministeri.
GIRO DI VITE
Una cifra elevata e, quasi sicuramente, non limitata al solo taglio del budget dei dicasteri ma allargata a molte delle proposte messe nero su bianco dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, dallo spegnimento delle luci alla razionalizzazione delle Forze di polizia. Uno sforzo pesante sarà chiesto anche alle Regioni. Nei loro bilanci dovranno essere trovati 4 miliardi di risparmi. Secondo Renzi, in realtà, si tratterebbe solo di 2 miliardi, in quanto già a legislazione vigente i budget dei governatori il prossimo anno sarebbero lievitati di 2 miliardi. Tra le righe dovrebbe significare che potrebbe essere bloccato il programmato aumento del Fondo sanitario. Ma anche i restanti due miliardi di tagli potrebbero avere ripercussioni indirette sulla sanità. La sfida sarà riuscire a risparmiare sugli acquisti di farmaci e dispositivi medici, altrimenti l’unica strada sarà quella di aumentare le tasse regionali, come ha ammesso il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
TUTTE LE NOVITA’
Ai Comuni, invece, sarà richiesto uno sforzo minore: 1,2 miliardi di euro. A fronte di questo i sindaci avranno un maggiore spazio nel patto di stabilità interno per un miliardo e il governo si farà anche carico del pagamento delle spese dei tribunali oggi a carico dei Municipi. Un analogo sforzo, un miliardo di euro, sarà richiesto anche alle Province. In questo caso molto si agirà sul personale, che grazie alla riforma Madia potrà essere spostato ad altri impieghi. Ma se l’elenco dei tagli di spesa è lungo, anche le «nuove entrate» daranno un contributo sostanziale alla legge di stabilità. Dalla lotta all’evasione arriveranno 3,8 miliardi di euro. Novecento milioni arriveranno dal «reverse charge», l’inversione contabile, il meccanismo per cui a versare l’Iva in alcuni casi non sarà più il compratore ma il venditore. Da questa misura il governo si attendeva di più, fino a 2 miliardi. Ma l’Europa ha frenato l’allargamento dell’operazione legando le mani al governo. C’è poi un capitolo ribattezzato «fisco amico». La legge di stabilità rivoluzionerà i meccanismi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate ma, contemporaneamente, introdurrà anche dei nuovi meccanismi per fare la pace (a sconto) con il Fisco. La copertura della manovra non sarà tuttavia, solo spending e lotta all’evasione. C’è anche un capitolo, corposo, di nuove entrate. Tradotto significa nuove tasse. Ad essere colpiti saranno innanzitutto i Fondi pensione, per i quali il prelievo salirà dall’11,5% al 12,5% (Renzi ha derubricato questa operazione ad aumento della tassazione sulle rendite, anche se in realtà si tratta di risparmio previdenziale). Stretta anche per le Fondazioni di origine bancaria la cui tassazione agevolata sarà ritoccata. Giro di vite da un miliardo di euro anche sui giochi. Il pay out, ossia la vincita restituita ai giocatori sulle New slot, sarà ridotta dal 74% al 70%. Contemporaneamente dovrebbe essere anche ritoccato il Preu, il prelievo unico erariale che potrebbe aumentare da 1 a 5 punti percentuali a seconda del gioco. Una parte consistente della legge di stabilità, come ampiamente anticipato nei giorni scorsi, sarà comunque finanziata lasciando salire dal 2,2 al 2,9% il deficit del prossimo anno. Un allentamento che da solo vale 11,5 miliardi. (Il Messaggero)
Spending review da 15 miliardi. Regioni, risparmi per 4 miliardi. Anche per ministeri e Comuni tagli del 3%
Oltre metà della riduzione di spesa da 15 miliardi nel 2015 arriverà da tagli lineari. Ministeri, Regioni ed enti locali dovranno recepire la cosiddetta regola del 3 per cento. Che nel caso della stretta da oltre 4 miliardi a carico dei Governatori renderà di fatto quasi inevitabile un intervento sulla sanità. Un’operazione senza precedenti, almeno negli ultimi anni, che viene garantita da una spending da 12,3 miliardi della ex Finanziaria varata ieri e da quella da 2,7 miliardi già prevista in via strutturale dal decreto Irpef. Ma che avrà l’effetto di contenere la spesa corrente (nel rapporto minori e maggiori uscite) per non più di 3,5-4,5 miliardi. Il Governo infatti dovrà far fronte a uscite di fatto obbligate per almeno 11,4 miliardi: i 6,9 miliardi di spese indifferibili (dal 5 per mille alle missioni internazionali di pace); i 3 miliardi necessari per disinnescare la clausola fiscale ereditata dal Governo Letta; gli 1,5 miliardi destinati ad alimentare i nuovi ammortizzatori sociali collegati al Jobs Act.
In realtà alle maggiori spese occorrerebbe aggiungere circa altri 2,5 miliardi, escludendo gli 1,2 miliardi di cofinanziamento Ue, che derivano da interventi vari: dai 500 milioni per la riforma della “buona scuola” al miliardo di allentamento del Patto di stabilità interno per gli enti locali. Ma in questo caso agirà anche la leva del deficit azionata dal Governo complessivamente per 11 miliardi.
Tornando all’utilizzazione dei tagli lineari o semi-lineari, anche i ministeri, dai quali dovrebbero arrivare 4 miliardi ai quali si aggiungeranno i 2,1 miliardi di stretta agli acquisti di beni e servizi della Pa (in tutto 6,1 miliardi), dovranno adottare il taglio del 3% per la maggior parte delle voci di loro competenza. Al termine di una lunga trattativa tra Palazzo Chigi e singoli ministri la composizione della spending per i dicasteri è leggermente cambiata rispetto alle proposte iniziali. Il contributo maggiore è sempre a carico di Lavoro e Istruzione, ma il ministro Stefania Giannini avrebbe contenuto i tagli in 6-700 milioni.
Più o meno simile la situazione per i Comuni e le Province, che dovranno garantire rispettivamente 1,2 miliardi e 1 miliardo quasi in toto con la regola del 3%. Tutto in chiave spending classica si presenta invece il nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi della Pa, impostato dal dimissionario commissario straordinario Carlo Cottarelli. E sempre in chiave spending è il lavoro di potatura delle circa 10mila partecipate italiane che però non confluirà in legge di stabilità ma in un successivo provvedimento ad hoc. Con la possibilità di rientrare nella “ex Finanziaria” durante il suo cammino parlamentare.
Cottarelli, che il 1? novembre tornerà al Fondo monetario internazionale, ha fatto il punto della situazione nel corso di un’audizione parlamentare affermando di essere soddisfatto del lavoro fin qui svolto. Il commissario straordinario ha anche detto che il suo piano prevedeva incentivi per favorire la fusione dei Comuni («8mila sono troppi») e il ricorso a tappeto al dispositivo dei fabbisogni e costi standard. Un dispositivo, quest’ultimo, che fa parte della “stabilità” varata dal Governo, anche se i risultati maggiori in termini di risparmio saranno realizzati nel 2016. (Il Sole 24 Ore)
16 ottobre 2014