A regime, e cioè nel 2017, la spending review dovrà tagliare la spesa sanitaria (che oggi vale poco più di 100 miliardi di euro ) di 7 miliardi l’anno. Ma è nell’immediato che il governo deve far quadrare i conti perché i 300 milioni di riduzione di spesa previsti per il 2014, alla luce del peggioramento del quadro macro-economico e della necessità di contenere il deficit dentro il perimetro del 3%, sono diventati improvvisamente pochi. E così da Palazzo Chigi è partito l’ordine di accelerare arrivando almeno a quota 600 milioni anticipando in parte i risparmi (1,1 miliardi) cifrati dalla commissione guidata da Cottarelli per il 2015. Tuttavia passare dalle ipotesi ai fatti è piuttosto complicato.
E dal ministero della Sanità filtra malumore per un settore già messo a dura prova negli ultimi anni («quando si tratta di fare risparmi, siamo i primi chiamati in causa» la riflessione che si fa ad alta voce) e che nei prossimi 5 anni sarà chiamato a dare un contributo di 10-12 miliardi al contenimento della spesa.
L’OCSE Tra l’altro, si fa notare, secondo l’ultimo rapporto Ocse in Italia la spesa sanitaria continua a diminuire e le stime preliminari parlano di un tasso ridotto ancora del 3% in termini reali nel 2013. Il tutto in un quadro prospettico difficile perché con l’invecchiamento della popolazione le stime parlano di una crescita potenziale del 2% della spesa nel prossimo decennio. Gli uomini vicini a Beatrice Lorenzin ricordano che il ministro è contrario alla logica dei tagli lineari, sventati già a metà aprile dopo un duro confronto con il Tesoro, privilegiando invece una riorganizzazione più attenta della macchina che salvaguardi la qualità del servizio e garantisca al contempo la sostenibilità. In parole povere no ad interventi con l’accetta sulla carne viva della sanità italiana (degenze, ticket, ricoveri e tutto ciò che ha un impatto diretto sulla popolazione) e via libera a razionalizzazioni.
IL FASCICOLO ELETTRONICO Dunque, che fare? Le attenzioni del Tesoro si sono posate in questi giorni sulla riforma che punta a digitalizzare la macchina del Servizio sanitario nazionale. Dalla cosidetta h-healt, la ragioneria dello Stato ha stimato risparmi strutturali da 1 miliardo di euro. Ma si tratta di un rivo luzione che, nonostante mille annunci, stenta a decollare. A cominciare dal Fascicolo elettronico sanitario. Le Regioni infatti avrebbero dovuto predisporre entro il 30 giugno i loro piani per realizzare, attraverso un sito Internet, l’archiviazione e la gestione informatica dei documenti sanitari di 60 milioni di cittadini.
REGIONI LUMACA Ma, per quanto ai ritardatari fossero stati preannunciati pesanti tagli ai trasferimenti) solo Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino, Toscana, Veneto e Sardegna hanno rispettato i tempi. Il che vuoi dire che l’obiettivo di fornire ai medici (entro giugno 2015) una visione globale e unificata sui dati clinici dei singoli cittadini appare ormai compromesso. Un rischio che il governo vuole evitare accelerando il processo. Anche perché il fascicolo sanitario rappresenta un salto culturale di notevole importanza in grado di migliorare la qualità dei servizi oltre che un sistema utile per contenere i costi. Un’altra area dalla quale si cercherà di ridurre le spesa è la rinegoziazione, a prezzi ribassati, di alcune forniture in scadenza. Un’operazione che potrebbe far scendere i prezzi pagati dallo Stato del 10-12%.
Michele Di Branco – Il Messaggero – 18 agosto 2014