È la settimana della riforma della pubblica amministrazione. Venerdì prossimo il Consiglio dei ministri – come da cronoprogramma illustrato a fine aprile dal premier Matteo Renzi e dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia – approverà la riorganizzazione della burocrazia. Un intervento che dovrebbe essere effettuato con due strumenti: un decreto legge e un disegno di legge. D’altra parte, i fronti della riforma sono diversi, stando ai 44 punti illustrati da Renzi e Madia il 30 aprile scorso, subito dopo il Consiglio dei ministri che aveva preso in esame la manovra. Un lungo elenco di proposte riassunto in tre linee guida: gli interventi sul personale, i tagli agli sprechi e la riorganizzazione delle amministrazioni, la semplificazione e la digitalizzazione dei servizi. Non c’è dubbio che la parte più sensibile della riforma sia quella che riguarda da vicino gli oltre 3,3 milioni di dipendenti pubblici.
E lo dimostrano anche le mail inviate durante il mese di consultazione pubblica a cui sono stati sottoposti i 44 punti del pacchetto Renzi-Madia. La maggior parte delle oltre 39mila risposte hanno messo ai primi posti i temi del personale: dall’abolizione dell’istituto del trattenimento in servizio (che potrebbe liberare più di 10mila posti per i giovani) alla mobilità volontaria e obbligatoria, dalla riduzione dei permessi sindacali alla possibilità di licenziare il dirigente che resta per un determinato periodo senza incarico, dall’introduzione del ruolo unico della dirigenza agli asili nido negli uffici pubblici.
In linea di massima – come si può evincere dalle elaborazioni effettuate dal ministero della Pubblica amministrazione sulle mail ricevute – il riscontro dei cittadini è positivo. Per esempio sull’abolizione del trattenimento in servizio – una delle proposte più discusse durante la consultazione – si sono registrate prese di posizione favorevoli. E questo perché la cancellazione dell’istituto permetterebbe il ricambio generazionale, consentendo l’ingresso nella Pa di forze giovani.
Anche la volontà di porre mano alla mobilità volontaria e obbligatoria – proposta anche questa ai primi posti del gradimento – ha trovato un generale accordo. Tra i suggerimenti inviati al Governo per favorire la migrazione interna alla Pa dei dipendenti c’è l’eliminazione del nullaosta dell’amministrazione di appartenenza, l’adozione della tabella di equiparazione tra amministrazioni, il collegamento della mobilità allo sviluppo professionale e di carriera.
Ora si tratterà di trasformare le idee del Governo, miscelate con i suggerimenti dei cittadini, in vere e proprie norme. A rendere ancora più chiaro l’obiettivo verso cui punteranno i provvedimenti in arrivo è il documento di indirizzo per rilanciare l’apparato burocratico che il ministro Madia, insieme al “suo” sottosegretario Angelo Rughetti e alla collega Maria Carmela Lanzetta, responsabile degli Affari regionali, hanno sottoscritto giovedì scorso con i rappresentanti di Anci, Conferenza delle Regioni e Upi. A proposito di personale, viene specificato che «il sistema delle regole del pubblico impiego deve essere composto da un livello minimo di norme rivolto a tutti i datori di lavoro e a tutto il personale impiegato e da un livello di regolamentazione più specifico, frutto della negoziazione e della regolamentazione organizzativa specifica di ogni ente». Approccio che – si legge ancora nell’accordo – «faciliterà la realizzazione di politiche di efficientamento e modernizzazione del sistema».
Non resta, dunque, che attendere venerdì.
La parola chiave. Mobilità
Le amministrazioni pubbliche possono scambiarsi dipendenti che abbiano un profilo professionale simile (nel caso della mobilità volontaria si parla di parità di qualifica) o svolgano le stesse mansioni. Di fatto, poi, sono le stesse amministrazioni a decidere su queste due condizioni. Perché lo scambio avvenga ci deve sempre essere il nullaosta dell’amministrazione da cui il dipendente proviene
La riforma. Ecco le tappe
30 aprile
Dalla presentazione delle linee guida al varo della manovra Il Cdm affronta la riforma della Pa. Al termine della seduta, il tema viene illustrato dal premier Renzi e dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, nelle linee portanti. Si tratta di tre linee guida – interventi sul personale; tagli agli sprechi e riorganizzazione delle amministrazioni; semplificazione e digitalizzazione dei servizi e maggiore trasparenza attraverso il ricorso agli open data – che vengono declinate in 44 punti, sottoposti a consultazione pubblica che si apre lo stesso giorno
30 maggio
Si chiude la consultazione pubblica. All’indirizzo rivoluzione@governo.it arrivano 39.343 mail, il 50,7% dal Nord, il 27% dal Centro, il 22,3% da Sud e isole. Tra i temi più gettonati: l’eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle Camere di commercio, l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, capace di liberare 10mila posti di lavoro; la modifica della mobilità volontaria e obbligatoria
5 giugno
Il ministro Madia, il ministro agli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, il sottosegretario alla Pa, Angelo Rughetti, e i rappresentanti di Anci, Conferenza delle Regioni e Upi sottoscrivono un accordo interistituzionale definito «Italia semplice». Cinque i punti: ripensamento dell’organizzazione di tutte le amministrazioni, centrali e locali; valorizzazione del capitale umano della Pa; semplificazione delle procedure; digitalizzazione; trasparenza dell’attività degli uffici pubblici
13 giugno
Al Cdm dovrebbe approdare la riforma della Pa – sintesi delle misure indicate dal Governo e dei suggerimenti ricevuti con la consultazione pubblica – che dovrebbe comporsi di due provvedimenti: un decreto legge in cui affrontare le questioni legate all’impiego pubblico e un Ddl per tutte le altre misure
Il Sole 24 Ore – 9 giugno 2014