Più mobilità tra i dirigenti. Un ripensamento dell’indennità di posizione. Valutazione per premiare i migliori e una razionalizzazione delle scuole di formazione. Sono i capisaldi della riforma della Pa. Che, per ammissione di Matteo Renzi, sarà esaminata a partire da domani. Probabilmente con un primo passaggio in Consiglio dei ministri. Ad annunciarlo è stato lo stesso premier in un tweet dedicato agli «amici gufi»: «Sulle riforme ci siamo, 80 euro ok, l’Irap va giù – ha “cinguettato” il presidente del Consiglio – pronti i soldi sulle scuole. Mercoledì Pa». In realtà l’ok al riordino del pubblico impiego potrebbe arrivare in più tappe. La prima domani con un’iniziativa presentata dal presidente del Consiglio e dal ministro Marianna Madia e incentrata sul metodo e il merito dell’intervento.
«L’idea che abbiamo avuto – ha osservato Renzi con i suoi – è quella di rovesciare l’approccio, di cambiare verso al modo con il quale si è finora affrontato il nodo della Pa».
Riassetto in tre tappe: attuazione delle norme esistenti, decreto e Ddl delega
Nelle prossime settimane spazio invece agli atti concreti. In primo luogo, la ricognizione delle misure di semplificazione già attuate e quelle ancora da attuare a cui sta lavorando il sottosegretario Graziano Delrio. Poi i provvedimenti concreti. Ad esempio un decreto e undisegno di legge delega sul modello già sperimentato per il recente Jobs act.
Sul merito delle misure vige ancora il massimo riserbo. A Palazzo Vidoni, ad esempio, la consegna del silenzio è assoluta. A ogni modo, tra gli interventi su cui anche ieri il governo ha lavorato per tutta la giornata dovrebbe esserci quello sulla dirigenza. Qui, secondo le indiscrezioni, si sta studiando la possibilità che i dirigenti della Pa vengano valutati per i meriti e i risultati conseguiti; e non è escluso che una parte della retribuzione sarà legata alla performance del Paese. Nelle intenzioni dell’esecutivo ci sarebbe anche, da un lato, l’introduzione del ruolo unico della dirigenza e unridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi-concorsi. E, dall’altro, la razionalizzazione dell’attuale sistema delle scuole di formazione. A oggi sono ancora cinque: la Scuola superiore di economia e finanze, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, quella dell’amministrazione locale, quella dell’Interno e l’istituto diplomatico Mario Toscano. Strutture simili che moltiplicano per cinque spese di funzionamento, stipendi per i docenti e per i dirigenti e magari anche affitti per le sedi.
Il fine ultimo è arrivare a una vera mobilità intercompartimentale dei dirigenti, rafforzando i limiti di mandatogià previsti dalla normativa attuale. Possibile anche un ulteriore intervento sulle retribuzioni, magari con un ripensamento dell’indennità di posizione, anche se il tema dovrebbe esser stato chiuso con il tetto massimo a 240mila euro introdotto con il decreto del 18 aprile. Altro fronte di possibili interventi le semplificazioni: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati online (legato all’attuazione dell’Agenda digitale), nuovi interventi in materia di trasparenza e, forse, il famoso “sforbicia-Italia”, pure evocato dal premier e che potrebbe comportare la chiusura di enti inutili.
Sul pubblico impiego l’attesa è altissima. Come dimostrano le critiche giunte ieri da Cgil e Cisl sul “silenzio” del governo. Anche perché tra le misure annunciate dal ministro Madia ci sarebbe anche la cosiddetta “staffetta generazionale”: un possibile superamento dell’attuale blocco del turn over associato anche in questo caso a nuovi modelli di mobilità e, nella fase transitoria, a una nuova gestione degli esuberi che la spending review farà emergere. Il numero di partenza sono gli 85mila dipendenti indicati a suo tempo dal commissario straordinario, Carlo Cottarelli.
Intanto procede l’attuazione delle riforme precedenti. Ieri la Funzione pubblica ha diffuso le istruzioni sui prepensionamenti nelle Pa che registrano eccedenze di personale in base alla spending review del 2012, chiarendo che chi dichiara eccedenze di personale non può assumere né vincitori di concorso né idonei fino al riassorbimento degli eccessi di dipendenti, e che la riduzione strutturale delle spese da realizzare con i piani di razionalizzazione deve essere certificata dai vertici amministrativi e dai dirigenti responsabili delle strutture. (Il Sole 24 Ore – 29 aprile 2014)
Statali, è pronta la riforma Madìa, referendum on line sui provvedimenti
L’annuncio, come ormai d’abitudine, arriva via Twitter. «Mercoledì (domani, ndr) la P.A. con un pensiero affettuoso agli amici gufi», ha cinguettato dal suo account il premier Matteo Renzi, spiazzando tutti. Persino le strutture di Palazzo Chigi che, invece, complice il ponte del primo maggio, si erano tarate per portare la riforma al consiglio dei ministri della prossima settimana. Ma tant’è. Domani sarà il gran giorno per gli statali e per i grand commis. Non è detto, tuttavia, che ci sarà l’approvazione del decreto e del disegno di legge delega che dovrebbero comporre la riforma. Sui testi si sta ancora lavorando. A Palazzo Chigi le bocche sono cucite. Dopo le fughe di notizie dei giorni scorsi, soprattutto sui tetti agli stipendi dei dirigenti, si vogliono evitare altri contraccolpi che possano minare il progetto. Quello che trapela è che Renzi e il ministro della funzione pubblica, Marianna Madia, presenteranno un’iniziativa che riguarderà non solo il merito, ma anche il metodo della riforma.
ADDIO AI VECCHI RITI
«L’idea che abbiamo avuto – ha spiegato il premier ai suoi fedelissimi – è quella di rovesciare l’approccio, di cambiare verso al modo con il quale si è affrontato finora il nodo della Pubblica amministrazione». Cosa significa?Il metodo, per ora, di certo è cambiato. I sindacati sono stati sentiti, ma senza avviare nessun tavolo di trattativa. E ieri sia la Cisl che la Cgil hanno duramente protestato per questa esclusione. La concertazione, insomma, non c’è stata e non ci sarà. Le opinioni dei sindacati, come quelle di tutti gli altri soggetti interessati dalla riforma, potrebbero essere raccolte con una modalità innovativa, una consultazione on line sui contenuti della riforma della pubblica amministrazione.
I CONTENUTI
Contenuti che in parte sono già trapelati nelle scorse settimane. Di certo ci sarà una riforma della dirigenza pubblica. La distinzione in fasce (prima e seconda) sarà eliminata e arriverà un ruolo unico. I dirigenti saranno a termine e dovranno ruotare. Dai ministeri scomparirà la figura del Capo dipartimento. La parte variabile della retribuzione sarà ridotta (a Palazzo Chigi è già stata tagliata del 15 per cento), e i premi di risultato saranno corrisposti non più a pioggia ma dopo un’attenta valutazione delle performance. Una parte sarà anche legata all’andamento dell’economia. Se il Paese va male niente premi ai dirigenti pubblici. Secondo il piano Cottarelli dalla riforma della Pa dovranno arrivare in tutto 3 miliardi di euro di risparmi. Solo dalle nuove norme sulla dirigenza sono previsti 500 milioni di risparmi.
La parte più sensibile politicamente, tuttavia, resta quella degli esuberi. Cottarelli ne ha conteggiati 85 mila. Il ministro Madia ha aperto ad una staffetta generazionale, prepensionare o garantire degli scivoli per il lavoratori più anziani per favorire l’ingresso dei giovani. Ci sarà una centralizzazione delle assunzioni (tutti saranno dipendenti della Repubblica e non di un singolo ministero) e la mobilità obbligatoria. Bisognerebbe sbloccare il turn over, attualmente fissato al 20 per cento: ogni cinque lavoratori che escono ne può essere assunto solo uno.
C’è il problema del rischio disparità con i privati, soprattutto gli esodati, che senza scivoli verso il ritiro sono rimasti senza pensione e senza stipendio. L’altro meccanismo è già previsto dalle norme vigenti anche se poco utilizzato: l’esonero dal servizio. Il dipendente pubblico viene lasciato a casa a circa metà stipendio quando manca poco alla pensione. Questo sistema, che potrebbe essere applicato soprattutto per i dirigenti, potrebbe essere migliorato prevedendo un impegno «part time» in alcuni settori dello Stato particolarmente carenti. Infine ci sarà la parte di semplificazione amministrativa, con l’arrivo di un «Pin» unico per accedere a tutti i servizi della Pa. (Il Messaggero – 29 aprile 2014)
29 aprile 2014